Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26520 del 19/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3268/2015 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VINCENZO PICARDI n. 4/D, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO TURNO, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO LAGHI;

– ricorrente –

contro

AL.PI., M.E., AL.TO., AL.FR.

(*****) e al.fr. (*****);

– intimati –

avverso la sentenza n. 121/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 24/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/07/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 3.5.2000 A.G. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Castrovillari Al.Pi., Al.Sa., Al.Fr. e M.E., esponendo che:

– con atto del notaio P. in data 24.5.1879 Z.A. aveva donato alla figlia T., in vista del matrimonio di costei con Pe.An., un fondo rustico sito nel territorio del Comune di *****, precisando che esso doveva essere depurato di due canoni enfiteutici, l’uno in favore degli eredi di V.F. e l’altro in favore degli eredi di T.V.;

– con atto del notaio S. in data 11.5.1930 Pe.An., marito di Z.T., nel frattempo deceduta, e i figli avevano venduto il fondo, sempre gravato dai due canoni enfiteutici, ai coniugi Al.Pa. e p.f.;

– a costoro erano poi succeduti, mortis causa ed in forza di divisioni e cessioni intervenute tra i coeredi, i figli P., F., S. e la moglie di quest’ultimo M.E.;

– l’attore era avente causa degli eredi di T.V., per essere a costoro succeduti prima Mo.Le., poi il nipote Mo.Fr., quindi la figlia di questo Mo.Ca., poi la sorella Mo.Vi. ed infine l’attore stesso, figlio di quest’ultima;

– nonostante i solleciti, i convenuti non avevano provveduto al pagamento del canone enfiteutico nè al miglioramento del terreno gravato dal diritto reale, tanto che lo stesso era stato devastato da un incendio.

Su tali premesse, l’attore invocava l’accertamento dell’esistenza dell’enfiteusi e dell’inadempimento dei convenuti, nonchè la devoluzione del fondo.

Si costituivano in giudizio Al.Pi., Al.Sa. e M.E., contestando l’esistenza del diritto di enfiteusi e chiedendo pertanto in via riconvenzionale l’accertamento della loro proprietà esclusiva sul terreno de quo ovvero, in subordine, l’affrancazione del diritto reale.

Dichiarata la contumacia di Al.Fr., la causa veniva istruita e decisa con sentenza n. 130/06, con la quale il Tribunale respingeva la domanda poichè l’attore non aveva fornito la prova dell’esistenza del diritto reale di enfiteusi gravante sul terreno.

Interponeva appello A.G.. All’udienza del 10.10.2006 la difesa dell’appellante deduceva di aver svolto indagini, dopo aver rilevato che la notificazione dell’atto di appello diretta ad Al.Fr. non era andata a buon fine e che, all’esito, aveva appreso che la persona convenuta in giudizio in prime cure era un omonimo di quella cui avrebbe dovuto essere rivolta la notificazione dell’atto di citazione introduttivo; invocava quindi la nullità del procedimento e la remissione degli atti al primo giudice. La Corte catanzarese, senza pronunciarsi su tale eccezione, disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Al.Fr..

Dopo l’interruzione del processo a seguito della morte di Al.Sa. e la sua riassunzione ad opera dell’appellante, il giudizio perveniva alla decisione e la Corte territoriale, con la sentenza oggi impugnata n. 121/2014, rigettava il gravame confermando la sentenza appellata, in quanto l’appellante non aveva prodotto in atti del giudizio il titolo dal quale il diritto di enfiteusi traeva origine, tale non essendo nè l’atto del notaio P. in data 24.5.1879, nè quello del notaio S. in data 11.5.1930, che del diritto di cui sopra facevano semplicemente menzione.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione A.S. affidandosi ad un unico motivo. Al.Pi., M.E., Al.To., Al.Fr. (*****) e al.fr. (*****) non hanno svolto attività difensiva in questo grado e sono rimasti intimati. Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102 e 354 c.p.c., nonchè l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello avrebbe erroneamente omesso di rilevare la nullità della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio nei confronti del litisconsorte necessario Al.Fr. (classe *****) e di dichiarare, di conseguenza, la nullità della sentenza di primo grado. Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe dovuto limitarsi a concedere un termine per rinnovare la notificazione dell’atto di appello ad Al.Fr., ma prendere atto che il giudizio di prime cure si era svolto nei confronti di un soggetto diverso, omonimo di quello che avrebbe dovuto essere formalmente convenuto in iure, e quindi dichiarare la nullità dell’intero procedimento restituendo gli atti al primo giudice, trattandosi di ipotesi di litisconsorzio necessario.

Il motivo è infondato.

Ed invero, fermo restando il principio secondo cui in ipotesi di litisconsorzio necessario la mancata evocazione in giudizio di un soggetto che avrebbe avuto titolo di parteciparvi costituisce motivo di nullità della sentenza ed impone al giudice di appello di restituire gli atti al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 354 c.p.c., occorre rilevare che nel caso di specie non sussiste alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario. Infatti “La devoluzione del fondo enfiteutico può essere separatamente richiesta nei confronti di ciascuno dei coenfiteuti, con la conseguenza che la pronuncia di devoluzione non si estende all’enfiteuta che non fu parte nel giudizio e non pregiudica i suoi diritti sull’intero fondo. Tanto nei giudizi di devoluzione che in quelli di affrancazione non ricorre alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario per il motivo che la sentenza emessa nei confronti di alcuni tra i concessionari o nei confronti di alcuni tra i concedenti è utilmente data nei limiti delle rispettive quote. Soltanto per il caso che si voglia l’affrancazione dell’intero fondo appartenente a più concedenti sarà necessario convenire in giudizio tutti questi ultimi per il motivo che deriva dal contenuto della pretesa, diversa dalla affrancazione pro quota di cui dell’art. 971 c.c., comma 5” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 323 del 02/02/1973, Rv. 362241). La Corte di Appello, quindi, non avrebbe neppure dovuto concedere il termine per rinnovare la notificazione dell’atto di appello ad Al.Fr., stante la non indispensabilità della sua partecipazione al giudizio.

Da quanto precede discende il rigetto del ricorso. Nulla per le spese, in difetto di costituzione degli intimati.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto dopo il 30 gennaio 2013 ed è rigettato, si ravvisano le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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