LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
C.A., Z.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PALESTRO 78, presso lo studio dell’avvocato RANIERI ANDREA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COSENTINO FRANCESCA;
– ricorrenti –
contro
GENERALI ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato BERNARDINI SVEVA, rappresentata e difesa dall’avvocato ATTINA’ SALVATORE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 329/2016 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 19/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/07/2018 dal Consigliere Dott.ssa RUBINO LINA.
RILEVATO
che:
1. C.A. e Z.G. hanno proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi ed illustrato da memoria contro Ass.ni Generali s.p.a., avverso la sentenza n.329/2016 della Corte di Appello di Reggio Calabria.
2. L’intimata resiste con controricorso.
3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità dello stesso. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati notificati agli avvocati delle parti.
CONSIDERATO
che:
1. Il Collegio, esaminata anche la memoria del ricorrente, condivide le valutazioni contenute nella proposta del relatore nel senso della inammissibilità del ricorso.
2. I ricorrenti convenivano in giudizio la compagnia di assicurazioni con la quale erano assicurati contro i danni anche conseguenti ad eventi atmosferici, per ottenere l’indennizzo per i danni riportati dall’immobile, destinato ad esercizio commerciale, ed alla merce ivi ricoverata, conseguenti all’alluvione verificatisi nella notte del 30 settembre 2000. La domanda veniva rigettata con pronuncia confermata in appello, in quanto la corte considerava non raggiunta la prova che l’ingresso dell’acqua fosse avvenute attraverso la rottura delle porte, causata dalle raffiche di vento e dall’intensità dell’evento, piuttosto che dalla mancata chiusura dei serramenti di protezione.
I ricorrenti deducono il difetto di motivazione, la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 132, con riguardo al dovere di trascrivere le conclusioni tra le parti e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.
Contestano attraverso la deduzione di vizi formali della decisione, semplicemente la ricostruzione in fatto operata dalla corte d’appello che ha portato al rigetto della domanda.
La corte d’appello ha affermato chiaramente che la ricostruzione in fatto dei proprietari, secondo la quale l’acqua si sarebbe infiltrata all’interno attraverso la porta di sicurezza laterale, che si sarebbe spalancata per l’intensità della pioggia, sarebbe rimasta del tutto priva di prova, e che l’unica emergenza probatoria era dovuta al fatto che quella stessa notte si era rotta la serratura dell’altra porta, ma senza una individuazione causale di essa. Quindi, ha rigettato la domanda perchè non vi era la prova che la penetrazione dell’acqua all’interno dei locali fosse dovuta alla rottura di un serramento per la violenza degli agenti atmosferici, fatto ricadente nell’ambito della tutela offerta dalla polizza.
I motivi sono complessivamente inammissibili perchè tentano di indurre, inammissibilmente, la Corte a rivisitare le risultanze istruttorie e a rinnovarne la valutazione.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Liquida le spese legali in Euro 4.500,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 10 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018