LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17121/2017 proposto da:
C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 108, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GULLO, rappresentata e difesa dagli avvocati GIUSEPPE MAGARAGGIA, UMBERTO MAGARAGGIA;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MANUELA GLASSA, NICOLA VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO;
– controricorrente –
contro
COMUNE DI CELLINO SAN NLNRCO, C.C.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2952/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 03/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza del 3 gennaio 2017, la Corte di appello di Lecce, in parziale accoglimento del gravame proposto da C.M., quale erede di C.O., riconosceva il diritto di quest’ultimo alla indennità di accompagnamento a decorrere dall’agosto 2013 e fino al decesso con condanna dell’istituto al pagamento della relativa prestazione, oltre accessori come per legge, dalla maturazione dei singoli ratei al soddisfo;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso C.M. affidato a due motivi cui resiste con controricorso l’INPS mentre il comune di Cellino San Marco e C.C. sono rimasti intimati;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che: con il primo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per non avere il consulente tecnico d’ufficio prima e, poi, la Corte territoriale considerato il fatto oggettivo risultante dalla documentazione medica prodotta agli atti che C.O. alla data del 21 ottobre 2010 (Referto di visita oculistica ASL Poliambulatorio di *****) aveva un visus in entrambi gli occhi ridotto ad 1/10 non migliorabile con lenti, visus ulteriormente peggiorato tanto che al 4 luglio 2002 era limitato al “motu manu” non migliorabile (Referto di visita oculistica del dott. D.P. S. Specialista in Oftalmologia ed aiuto presso la divisione Oculistica dell’Ospedale di *****), situazione questa che si aggiungeva al già precario stato di salute generale (“BPCP in cuore polmonare cronico, diabete mellito, poliartrosi con osteoporosi, ipoacusia bilaterale di grado grave, miocadiosclerosi…”) che aveva portato la Commissione medica di prima istanza a ritenerlo invalido nella misura del 100% anche se non abbisognevole di assistenza continua; con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione della L. 21 novembre 1988, n. 508, art. 1,L. 10 febbraio 1962, n. 66, art. 8,L. 28 marzo 1968, n. 406, art. 1, e L. 27 maggio 1970, n. 382, art. 4, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto, come affermato da questa Corte, il cieco parziale ha diritto all’indennità di accompagnamento purchè inabile totale;
che entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati. Dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge che effettivamente la malattia che aveva ridotto il visus di C.O. nella misura risultante dalle certificazioni mediche acquisite agli atti e sopra richiamate non è stata considerata nella sua oggettiva gravità dal consulente tecnico nominato in appello le cui conclusioni sono state recepite nella impugnata sentenza. Peraltro, la decisività di tale fatto discende dai principi affermati da questa Corte secondo cui la cecità parziale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 22 giugno 1989 n. 346, che ha dichiarato, in parte qua, l’illegittimità della L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1, può costituire un fattore concorrente per integrare, assieme ad altre minorazioni, lo stato di totale inabilità che, in presenza degli altri requisiti richiesti da quest’ultima legge (impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, ovvero incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con conseguente necessità di un’assistenza continua), attribuisce il diritto all’indennità di accompagnamento dalla stessa prevista (Cass. n. 10599 del 28 aprile 2017; Cass. n. 14339 del 16/11/2001; Cass. 8198 del 27/07/1995);
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, affinchè provveda a nuovo esame della controversia alla luce dei criteri sopra indicati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 19 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018