LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6714/2016 proposto da:
T.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE TRISCHITTA;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNNOLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 265/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 04/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.
RILEVATO
che:
con sentenza depositata il 4/3/2015, la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’appello proposto da T.S. contro la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la domanda proposta dalla ricorrente avente ad oggetto le prestazioni assistenziali conseguenti ad una condizione di invalidità, per superamento del limite reddituale;
la Corte, dopo aver disposto il rinnovo della consulenza tecnica di ufficio da cui era emerso che la ricorrente era invalida al 74%, dal gennaio del 2009 e totalmente inabile dal gennaio 2013, aveva ritenuto insussistenti i requisiti socio-economici per il riconoscimento dell’assegno di assistenza, in quanto per l’anno 2009 il reddito superava quello stabilito dalla legge, mentre per l’anno 2010 non sussisteva il requisito dello stato di disoccupazione, risultando che la ricorrente aveva intrattenuto un rapporto di lavoro dal 16/1/2010 a 15/1/2011; contro la sentenza la festa ricorre per cassazione sulla base di due motivi, cui resiste l’Inps con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo di censura la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12 e successive modifiche, del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, e lamenta l’omessa pronuncia da parte della corte territoriale sulla domanda di pensione di inabilità;
1.2. con il secondo motivo la parte denuncia la violazione e erronea applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13; violazione o falsa applicazione di norme di diritto; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione: la parte censura la sentenza nella parte in cui non è stato riconosciuto il diritto all’assegno di invalidità per l’anno 2012, sussistendo sia il requisito socio economico che quello reddituale, come da certificazione dell’agenzia delle entrate del 19/5/2014, in atti, sino al giugno 2013.
2. Il primo motivo è manifestamente fondato, perchè come risulta dal ricorso in appello, debitamente trascritto nel rispetto del principio di autosufficienza, uno dei motivi di gravame sottoposti alla cognizione della Corte d’appello messinese ha riguardato proprio il rigetto della domanda di pensione di inabilità, come può evincersi anche dalle conclusioni rassegnate in quel grado (e ritualmente trascritte nel presente ricorso), in cui la T. ha chiesto che in riforma dell’impugnata sentenza le fosse riconosciuta la pensione di inabilità o, in subordine, l’assegno di invalidità sin dall’epoca della domanda amministrativa; nel ricorso per cassazione, si dà altresì atto che la domanda è stata formulata in questi termini fin dal ricorso introduttivo del giudizio depositato il giorno 11/3/2008.
Il giudice d’appello non si è pronunciato su tale motivo di impugnazione, pur avendo demandato al consulente l’accertamento dello stato di assoluta inabilità della ricorrente e riconosciuto in sentenza la sussistenza del requisito sanitario a far tempo dal gennaio 2013 (pag. 2 della sentenza).
I motivi di rigetto sono, invero, tutti incentrati sull’accertamento dei redditi e dello stato di inoccupazione richiesti dalla legge per il riconoscimento dell’assegno, senza che un qualsivoglia giudizio sia stato espresso in ordine alla domanda di pensione.
Sussiste pertanto il vizio di omessa pronuncia su di un capo autonomo della domanda che comporta la cassazione della sentenza con rinvio al giudice a quo per un esame della stessa (Cass. 27/11/2017, n. 28308).
3. Anche il secondo motivo è manifestamente fondato, avendo la Corte del tutto omesso di motivare le ragioni per le quali non è stato riconosciuto l’assegno mensile di assistenza per il 2012, avendo limitato il suo giudizio negativo agli anni 2009-2010 per la mancanza del requisito reddituale (2009) e di quello della non occupazione (2010), e, sia pure implicitamente, all’anno 2011 (in cui il reddito conseguito, secondo quanto ammesso dalla stessa ricorrente, era superiore al limite di legge), nonostante la produzione di certificazioni reddituali (depositate nella cancelleria del giudice d’appello il 31 maggio 2014 e trascritte nel ricorso per cassazione), e documentazione attestante lo stato di non occupazione, dovendosi in proposito rammentare che in favore degli inabili parziari, beneficiari dell’assegno mensile di invalidità civile di cui alla citata L. n. 118 del 1971, art. 13, del D.L. 30 dicembre 1979,n. 633, art. 14 septies, comma 5, convertito con modificazioni nella L. 29 febbraio 1980, n. 33, prevede, ai fini della sussistenza del requisito reddituale, l’esclusione del cumulo del reddito del beneficiario non solo con riferimento al coniuge, ma anche a tutti gli altri componenti del nucleo familiare (Cass. 11/09/2003, n. 13363; Cass. 26/6/2012, n. 10658).
La sentenza deve dunque essere cassata in relazione ad entrambi i motivi addotti e rimessa ad altro giudice d’appello perchè riesamini la controversia e provveda anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018