LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8543/2016 proposto da:
IDRO-TIGULLO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 7, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO SIBOLDI;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S. (S.C.C.I.) S.p.A., *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 280/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 30/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.
RILEVATO
che:
con sentenza depositata il 30 settembre 2015, la Corte d’appello di Genova ha rigettato l’appello proposto da Idro-Tigullio s.p.a. contro la sentenza del tribunale che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società contro un avviso di addebito avente ad oggetto crediti dell’Inps per contributi dovuti a titolo di CIGS, CIGO e mobilità, nonchè contro il mancato riconoscimento di sgravi contributivi; la Corte, a fondamento del decisum, e per quanto qui ancora di interesse, ha argomentato sulla base della natura della società, che in quanto a capitale misto non può usufruire delle esenzioni contributive previste per le imprese industriali degli enti pubblici;
inoltre, ha escluso l’applicabilità dello sgravio previsto dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 67, per l’incentivazione alla contrattazione collettiva di secondo livello, in mancanza della regolarità contributiva relativa al periodo a cui si riferiva l’addebito;
al riguardo, ha ritenuto che il presupposto indispensabile per il riconoscimento dello sgravio è la regolarità contributiva e che raccoglimento dell’istanza da parte dell’Inps non è sufficiente per il riconoscimento degli sgravi, avendo la sola finalità di verificare la sussistenza dei requisiti previsti per ottenere quella specifica agevolazione, fermo restando l’accertamento della regolarità contributiva da verificarsi, allorchè tramite i D.M. 10 il soggetto beneficiario proceda al recupero dello sgravio già accettato dall’Inps; ha precisato che la mancata attivazione del sistema di segnalazione previsto al punto 10.4 circolare Inps 18 aprile 2008, n. 51, non può avere come conseguenza quella di escludere l’eventuale irregolarità contributiva;
contro la sentenza, la società propone ricorso per cassazione, sostenuto da tre motivi, cui resiste con controricorso l’Inps, anche per conto della società di cartolarizzazione dei crediti;
la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo la ricorrente, denunciando la violazione di un complesso di norme (D.Lgs.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869, art. 3, come successivamente modificato; L. 5 novembre 1968, n. 1115, art. 2; L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 1; L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 16; art. 2093 c.c., L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 22, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), censura la sentenza per avere ritenuto dovuti i contributi per CIGS e CIGO: rileva che, in base al disposto della L. n. 448 del 2001, art. 35, gli enti locali, per la gestione di servizi, reti, impianti e beni, sono tenuti ad avvalersi di soggetti costituiti nella forma di società di capitali con la partecipazione maggioritaria degli enti locali, anche associati; sostiene che la partecipazione di soggetti pubblici al capitale sociale comporta che le società medesime debbano essere annoverate nell’ambito delle “imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate”, esonerate, in base al disposto del D.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3, dall’applicazione delle norme sull’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria.
1.1. – Deduce altresì parte ricorrente che tale interpretazione è confortata dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, il quale dispone che la disciplina delle integrazioni salariali ordinarie e dei relativi contributi si applica anche alle “imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica” (art. 10, comma 1, lett. l); inoltre, il D.Lgs. cit., art. 46, contempla tra le abrogazioni espresse il D.Lgs.C.P.C. 12 agosto 1947, n. 869 (comma 1, lett. b) e dispone altresì l’abrogazione di ogni altra disposizione contraria o incompatibile con il decreto. Conclude la ricorrente che, in base ad una interpretazione complessiva delle norme, l’art. 10 ha disposto solo per l’avvenire, a far tempo dalla stia entrata in vigore (24 settembre 2015).
2. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 14, la ricorrente censura la decisione per avere affermato la sussistenza dell’obbligo al pagamento del contributo di mobilità e si richiamano le stesse considerazioni già svolte nel primo motivo, considerata la natura della contribuzione, al cui pagamento sono tenute soltanto le aziende obbligate al versamento della contribuzione CIGO-CIGS.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1,comma 1175, nonchè del D.M. 24 ottobre 2007, art. 8, osservando che la sua domanda di sgravio per l’incentivazione della contrattazione di secondo livello per l’anno 2009 era stata accettata dall’Inps che, però, non aveva poi proceduto allo sgravio; rileva al riguardo che aveva diritto all’agevolazione contributiva per l’assunzione di un lavoratore dalle liste di mobilità e che l’Inps non aveva attivato il sistema di segnalazione cui al punto 10.4 circolare Inps n. 51 del 2008, a conferma della sua posizione di regolarità contributiva; in ogni caso sussistevano le condizioni per il rilascio del DURC, trattandosi di crediti non ancora iscritti a ruoli e per i quali era pendente il contenzioso giudiziario.
4. I primi due motivi sono manifestamente infondati.
E’ pacifico che la società ricorrente sia una società partecipata per una quota da soggetti pubblici. Si tratta pertanto di società a capitale misto. Trova applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza ormai costante di questa Corte secondo cui, in tema di contribuzione previdenziale, le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico (cfr., ex aliis, Cass. 20 aprile 2016, n. 7981; Cass. 15 gennaio 2016, n. 600; Cass. 2 ottobre 2015, n. 19761; Cass. 29 agosto 2014, n. 18455; Cass. 30 ottobre 2013, n. 24524; Cass. 11 settembre 2013, n. 20818; Cass. 10 marzo 2010, n. 5816; da ultimo, Cass. 4 aprile 2017, n. 8704, e Cass. 25 settembre 2018, n. 22730).
Le argomentazioni della ricorrente ripropongono questioni già esaminate e disattese dai precedenti giurisprudenziali richiamati ai quali, pertanto, va data continuità.
4.1. L’orientamento non può dirsi contraddetto dal D.Lgs. 14 settembre 2013, n. 148, e dalle successive disposizioni intervenute in materia di ammortizzatori sociali.
Al riguardo si richiamano i precedenti di questa Corte, alle cui motivazioni si rinvia in quanto integralmente condivise e non scalfite dai motivi in esame (v. Cass. ord. 12 maggio 2016, n. 9816; Cass. 31 dicembre 2015, n. 26202; Cass., 29 dicembre 2015, n. 26016, e numerose altre, tra cui Cass. 15088/2017 e Cass. n. 8704/2017).
5. Il terzo motivo è manifestamente infondato, oltre a evidenziare profili di inammissibilità, dal momento che la parte non trascrive neppure per stralcio la domanda di sgravio e i documenti che indica a sostegno del motivo di ricorso, così violando il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che impone la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti sui quali il ricorso si fonda, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione.
5.1. Il motivo è altresì infondato perchè la situazione di irregolarità contributiva è stata ormai accertata dalla Corto d’appello, che statuendo sulla sussistenza dell’obbligazione contributiva a carico della società, ha attestato in modo definitivo che la stessa versava nella situazione di irregolarità ostativa, ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1175, al riconoscimento del diritto allo sgravio preteso, in ragione del carattere premiale della normativa sugli sgravi contributivi, non rilevando in proposito il riconoscimento in sede amministrativa del Documento Unico di Regolarità Contributiva, attese le peculiari funzioni e finalità cui lo stesso si riconnette (Cass. 23 giugno 2017, n. 15818; in tal senso Cass.12 maggio 2016, n. 9816).
La corte territoriale ha escluso il diritto allo sgravio pur in presenza di autorizzazione dell’INPS, la quale di per sè non esaurisce la verifica della situazione di regolarità contributiva, come richiesta dalla L. n. 296 del 2007, art. 1, comma 1175; altrettanto correttamente ha ritenuto non sostenibile l’assunto della società secondo la quale non era ostativo al rilascio del documento di regolarità contributiva l’emissione dell’avviso di addebito, in quanto tale avviso, in base al criterio interpretativo di cui al D.L. n. 78 del 2010, art. 30, comma 14, costituisce esso stesso titolo esecutivo sicchè i corrispondenti crediti non erano destinati ad essere iscritti a ruolo (Cass. 18/5/2017, n. 12588; da ultimo, cfr. Cass. 25/9/2018, n. 22730).
6. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento in favore dell’Inps, anche nella qualità di procuratore speciale della SCCI delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo in ragione del valore della controversia.
Poichè il ricorso è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3.700,00 per compensi professionali e Euro 200 per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario delle spese generali e altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018