Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26569 del 22/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9878/2016 proposto da:

IRETI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 7, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO SIBOLDI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del legale rappresentante, pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S. (S.C.C.I.) SPA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 289/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 12/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.

RILEVATO

che:

1. con sentenza pubblicata il 12 ottobre 2015, la Corte d’appello di Genova ha rigettato l’appello proposto da Ireti s.p.a. contro la sentenza del tribunale che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società contro un avviso di addebito avente ad oggetto crediti dell’Inps per contribuzione dovuta a titolo di CIGS, CIGO e mobilità, nonchè contro il mancato riconoscimento di sgravi contributivi;

1.2. la Corte, a fondamento del decisum, ha argomentato sulla base della natura della società che, in quanto a capitale misto, non può usufruire delle esenzioni contributive previste per le imprese industriali degli enti pubblici;

1.3. inoltre, ha ritenuto che le somme aggiuntive non potessero essere elise in ragione di un preteso contrasto interpretativo sul debito contributivo, rappresentando esse conseguenza automatica del mancato versamento dei contributi, sicchè non sussistevano presupposti per l’applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 13, così come non poteva applicarsi il medesimo art., comma 15, non essendo stata soddisfatta la condizione prevista nella norma citata, ovvero l’esistenza di contrasti interpretativi giurisprudenziali;

1.4. infine ha escluso l’applicabilità dello sgravio previsto dalla L. n. 247 del2007, art. 1, comma 67, per l’incentivazione alla contrattazione collettiva di secondo livello, in mancanza della regolarità contributiva relativa al periodo a cui si riferiva l’addebito.

1.5. Contro la sentenza la società propone ricorso per cassazione, sostenuto da quattro motivi, cui resiste con controricorso l’Inps, anche per conto della società di cartolarizzazione dei crediti.

1.6. La proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo, la ricorrente, denunciando la violazione di un complesso di norme (D.Lgs.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869, art. 3, come successivamente modificato; L. n. 1115 del 1968, art. 2; L. n. 164 del 1975, art. 1; L. n. 223 del 1991, art. 16; art. 2093 c.c., L. n. 142 del 1990, art. 22, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), censura la sentenza per avere ritenuto dovuti i contributi per CIGS e CIGO: rileva che, in base al disposto della L. n. 448 del 2001, art. 35, gli enti locali, per la gestione di servizi, reti, impianti e beni, sono tenuti ad avvalersi di soggetti costituiti nella forma di società di capitali con la partecipazione maggioritaria degli enti locali, anche associati; sostiene che la partecipazione di soggetti pubblici al capitale sociale comporta che le società medesime debbano essere annoverate nell’ambito delle “imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate”, esonerate, in base al disposto del D.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3,dall’applicazione delle norme sull’integrazione dei guadagni degli operai.

1.1. – Deduce altresì parte ricorrente che tale interpretazione è confortata dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, il quale dispone che la disciplina delle integrazioni salariali ordinarie e dei relativi contributi si applica anche alle “imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica” (art. 10, comma 1, lett. l); inoltre, il D.Lgs. cit., art. 46, contempla tra le abrogazioni espresse il D.Lgs.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869, (comma 1, lett. b) e dispone altresì l’abrogazione di ogni altra disposizione contraria o incompatibile con il decreto.

Assume parte ricorrente che, in base ad una interpretazione complessiva delle norme, l’art. 10 avrebbe disposto solo per l’avvenire, a far tempo dalla sua entrata in vigore (24 settembre 2015).

2. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 14, si censura la decisione per avere affermato la sussistenza dell’obbligo al contributo di mobilità e si richiamano le stesse considerazioni già svolte nel primo motivo, considerata la natura della contribuzione, al cui pagamento sono tenute soltanto le aziende obbligate al versamento della contribuzione CIGO-CIGS.

3. Con il terzo motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, commi 10, 13 e 15, lett. a), nonchè gli artt. 1175, 1227 e 1375 c.c. e L. n. 241 del 1990, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e si rileva che sussistevano i presupposti per una riduzione delle sanzioni o delle somme aggiuntive, versandosi in una situazione di oggettiva incertezza connessa a contrastanti e sopravvenuti orientamenti giurisprudenziali e disposizioni normative, sicchè anche sotto il profilo della correttezza e buona fede sussisteva il suo diritto alla non applicazione delle sanzioni civili e degli interessi.

4. Con il quarto motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1175, nonchè dal D.M. 24 ottobre 2007, art. 8, dolendosi la parte che le sue domanda di sgravio per l’incentivazione della contrattazione di secondo livello per gli anni 2010 e 2011 non erano state prese in considerazione dalla Corte d’appello, nonostante le stesse fossero state accettate dall’Inps che, però, non aveva poi proceduto allo sgravio.

5. I primi due motivi sono manifestamente infondati.

E’ pacifico che la società ricorrente sia una società partecipata per una quota da soggetti pubblici. Si tratta pertanto di società a capitale misto. Trova applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza ormai costante di questa Corte secondo cui, in tema di contribuzione previdenziale, le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico (cfr., ex aliis, Cass. 20 aprile 2016, n. 7981; Cass. 2 ottobre 2015, n. 19761; Cass. 29 agosto 2014, n. 18455; Cass. 30 ottobre 2013, n. 24524; Cass. 10 dicembre 2013, n. 27513; Cass. 11 settembre 2013, n. 20818; Cass. 10 marzo 2010, n. 5816; da ultimo, Cass. 4 aprile 2017, n. 8704 e Cass. 25 settembre 2018, n. 22730).

Le argomentazioni della ricorrente ripropongono questioni già esaminate e disattese dai precedenti giurisprudenziali richiamati ai quali, pertanto, va data continuità.

5.1. L’orientamento non può dirsi contraddetto dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali che aveva abrogato il D.L.C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869, art. 3, alla luce dei numerosi precedenti di questa Corte (v. Cass. ord. 12 maggio 2016, n. 9816; Cass. 31 dicembre 2015, n. 26202; Cass., 29 dicembre 2015, n. 26016, e numerose altre, da ultimo, Cass. n. 22730/2018, cit.), alle cui motivazioni si rinvia, in quanto integralmente condivise.

6. Il terzo motivo è manifestamente infondato. La Corte di merito ha escluso la riduzione delle somme aggiuntive in assenza del presupposto rappresentato da contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo.

6.1. La decisione in tema di sanzioni è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., anche Cass. 5088 del 1995, e Cass. n. 16093 del 2014; da ultimo, Cass. n. 15088/2017, cit.).

La riduzione delle sanzioni non può farsi discendere dall’ art. 116, comma 10, in mancanza dei “contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo”, stante la consolidata giurisprudenza di segno contrario rispetto alle posizioni della società, e neppure dal medesimo art. 116, comma 15, richiedendosi a tal fine l’integrale pagamento delle contribuzioni dovutè, nel termine fissato dagli enti impositori, condizione che non risulta essersi verificata (Cass. 26/6/2017, n. 15897; Cass. 27/2/2018, n. 4560).

7. Anche il quarto motivo è infondato, oltre a evidenziare profili di inammissibilità, dal momento che la parte non trascrive neppure per stralcio la domanda di sgravio e i documenti che indica sostegno del motivo di ricorso (provvedimento ammissivo dell’Inps), così violando il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che impone la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti sui quali il ricorso si fonda, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione;

il motivo è altresì infondato perchè la situazione di irregolarità contributiva è stata ormai accertata dalla Corte d’appello, che statuendo sulla sussistenza dell’obbligazione contributiva a carico della società, ha attestato in modo definitivo che la stessa versava nella situazione di irregolarità contributiva ostativa, ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1175, al riconoscimento del diritto allo sgravio preteso, in ragione del carattere premiale della relativa normativa, non rilevando in proposito il riconoscimento in sede amministrativa del Documento Unico di Regolarità Contributiva, attese le peculiari funzioni e finalità cui lo stesso si riconnette (Cass. 23 giugno 2017, n. 15818; in tal senso Cass. 12 maggio 2016, n. 9816: Cass. n. 22730/2018 cit.).

8. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento in favore dell’Inps controricorrente, anche nella qualità di procuratore speciale della SCCI, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo in ragione del valore della controversia.

Poichè il ricorso è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali e Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario delle spese generali e altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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