Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26572 del 22/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18558/2016 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO NASO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7921/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.

RILEVATO

che:

la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il Ministero della Istruzione, della Università e della Ricerca a risarcire il danno subito da P.C., assunta insieme ad altri lavoratori con reiterati contratti di lavoro a tempo determinato, in conseguenza dell’illegittima reiterazione dei contratti ed ha liquidato il danno in cinque mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (oltre ad un’ulteriore mezza mensilità a titolo di accessori) ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32; ha rigettato l’analoga domanda proposta da C.E., R.F., Po.Cecilia,.Bruschini Silvia,.Tarani Adriano,.Scialba Laura e. C.E., sul presupposto che non vi fosse nei loro confronti prova della reiterazione di contratti a tempo determinato per supplenza annuale su organico di diritto; ha inoltre condannato il MIUR al pagamento nei confronti di tutti i lavoratori delle differenze retributive, maggiorate degli interessi legali, a titolo di progressione stipendiale per l’anzianità maturata, in misura pari a quanto spettante ai lavoratori a tempo indeterminato;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il MIUR, affidandolo ad un unico motivo cui resiste con controricorso solo la P.;

è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo il MIUR denuncia la violazione dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEE del 18/3/1999, recepito con Direttiva 1999-70-CE, clausola n. 5; della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4; del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4 bis, anche in combinato disposto con il D.M. Pubblica Istruzione 13 giugno 2007, art. 1, e assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto illegittima la reiterazione dei contratti a termine senza tener distinti i contratti a seconda che le supplenze fossero dirette alla copertura di posti su organico di diritto o su organico di fatto;

preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente, in quanto l’esposizione sommaria dei fatti di causa contenuta nel ricorso riassume i termini della vicenda e il contenuto degli scritti difensivi delle parti, le questioni controverse e le ragioni della decisione della corte territoriale, nonchè delle relative doglianze fornendo così alla fonte tutti gli elementi necessari per la decisione della questione controversa;

il ricorso è altresì ammissibile, essendo veicolato attraverso uno dei vizi elencati nell’art. 360 c.p.c., ovvero la violazione di legge, ed è altresì specifico, oltre che sorretto dalla necessaria autosufficienza;

nel merito esso e fondato nei termini di cui in motivazione;

la Corte territoriale ha riconosciuto il diritto della P. al risarcimento del danno derivante dalle illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato sul presupposto di fatto che vi era stata una sola reiterazione di un incarico di supplenza annuale su organico di diritto (punto 12 della sentenza);

l’affermazione non tiene conto dei principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte (Cass. 07/11/2016, n. 22556; Cass. 07/11/2016, n. 22557; Cass. 05/12/2016, n. 24813, alle cui motivazioni ci si riporta integralmente ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in quanto del tutto condivise), secondo cui “La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità. Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, e in applicazione della Direttiva 999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4 commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi”; inoltre, nelle medesime pronunce, è stato condivisibilmente ritenuto che “Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti” a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non e in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima”;

al riguardo non appaiono decisivi al fine di indurre un diverso orientamento di questa Corte i rilievi contenuti nel controricorso, che ripropongono argomenti e tesi difensive già esaminate da questa Corte nei precedenti citati (cui adde da ultimo, Cass. ord. 3882/2018);

la sentenza deve dunque essere cassata sul punto e, non essendoci ulteriori attività istruttorie, la causa può essere decisa con il rigetto della domanda della P. al risarcimento del danno per illegittima apposizione del termine;

in considerazione dei contrasti interpretativi sulla questione di diritto qui affrontata e dell’accoglimento solo parziale (limitato alle differenze stipendiali) della domanda proposta dalla P., si ravvisano i presupposti per compensare interamente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

In considerazione della qualità del soggetto ricorrente, amministrazione dello Stato e della natura della decisione non sussistono i presupposti per il versamento della somma pari al contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa in parte qua la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di risarcimento del danno per la reiterazione dei contratti a termine proposta da P.C.. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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