Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26573 del 22/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 219/2017 proposto da:

S.L., domiciliata in Roma, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Raffaele Leanza;

– ricorrente –

contro

D.P., elettivamente domiciliato in Roma, via Postumia, n. 3, presso lo studio dell’avvocato Giulio Micioni, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Massimo Micioni;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, depositata il 05/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2018 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

RITENUTO

S.L. propose ricorso, ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., nei confronti di D.P. al fine di accertarne la responsabilità professionale sanitaria.

Espletata una consulenza tecnica d’ufficio, che escludeva l’asserita responsabilità del D., non essendosi le parti conciliate, il Tribunale di Roma rigettò il ricorso e condannò la ricorrente alle spese di lite in favore del resistente.

Contro tale pronuncia la S. ha proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, deducendo la violazione degli artt. 91,112 e 696 bis c.p.c.. Il D. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

La questione sottoposta all’attenzione della Corte è se, all’esito di un procedimento di istruzione preventiva ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., il Tribunale possa liquidare le spese giudiziali sostenute dal resistente, ponendole a carico del ricorrente secondo il principio generale della soccombenza.

A tale questione, espressamente prospettata dalla ricorrente, è strettamente connessa quella, rilevabile d’ufficio, dell’ammissibilità del rimedio impugnatorio del ricorso straordinario di cui all’art. 111 c.p.c., comma 7, che – com’è noto – presuppone l’esistenza di un provvedimento di carattere decisorio non altrimenti impugnabile.

Com’è noto, l’art. 669 quaterdecies c.p.c., all’atto dell’intervento della disciplina del c.d. procedimento cautelare uniforme, estese l’ambito di applicazione dell’art. 669 septies c.p.c., anche ai provvedimenti di istruzione preventiva, di modo che, qualora il giudice adito ai sensi dell’art. 692 c.p.c. e segg., si fosse ritenuti incompetente oppure non avesse ritenuto sussistenti i presupposti per procedere all’accertamento tecnico preventivo, risultò legittimato a provvedere sulle spese giudiziali.

Qualora, invece, il giudice, dando corso alla domanda di istruzione preventiva, avesse disposto l’espletamento del mezzo istruttorio indicato dalla parte ricorrente, la liquidazione delle spese processuali non risultava è consentita, nè in favore del ricorrente, nè a favore della controparte e ciò indipendentemente dal fatto che le risultanze dell’accertamento avessero avallato le rispettive prospettazioni sul modo di essere e sull’utilità dell’oggetto dell’accertamento.

La suddetta disciplina è rimasta immutata e, allorquando il legislatore ha introdotto l’art. 696 bis, nella sezione richiamata dall’art. 669 quaterdecies c.p.c., essa è risultata applicabile anche all’istituto di cui alla nuova norma, ancorchè essa non prevedeva, com’è pacifico, una misura cautelare.

Ne è derivato che, con riferimento al procedimento ai sensi dell’art. 696-bis il giudice può statuire sulle spese di procedimento solo se si ritiene privo di competenza oppure se ritiene di rigettare l’istanza per mancata ricorrenza dei presupposti giustificativi indicati dalla norma, mentre, se all’accertamento dia corso, quale che sia l’esito di esso, la statuizione sulle spese è preclusa.

Costituisce corollario delle superiori considerazioni la conclusione che, qualora, difformemente da quanto previsto dalla legge, il giudice provveda alla liquidazione delle spese in ragione non dell’inammissibilità o della infondatezza ex ante dell’istanza di istruzione preventiva, ma sulla base di ciò che risulta dopo l’espletamento del mezzo istruttorio richiesto, il relativo provvedimento è abnorme, perchè emesso al di fuori della previsione di legge astratta. Esso, dunque, in particolare, non è qualificabile, pur rivestendone le forme, come titolo esecutivo, in quanto non rientra nella previsione dell’art. 474 c.p.c., comma 1, n. 1, che attribuisce valore di titolo esecutivo alle sentenze e ai soli provvedimenti cui la legge riconosce valore esecutivo.

Consegue che il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, è inammissibile, in quanto rivolto contro un provvedimento cui la legge non riconosce alcuna rilevanza decisoria agli effetti di cui a detta norma.

Il rimedio consentito alla parte nei cui confronti sia stato reso un provvedimento giudiziario abnorme contenente una condanna al pagamento di una somma di denaro (nella specie, la liquidazione delle spese di lite) è rappresentato dall’actio nullitatis da far valere mediante opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., qualora il provvedimento venga azionato come titolo esecutivo. In tal caso, infatti, il provvedimento, risultando emesso sulla base di una cognizione sommaria e al di fuori della previsione di legge, risulta censurabile come se fosse un titolo esecutivo stragiudiziale, secondo la soluzione ad altri effetti indicata da Cass. n. 11370 del 2011. Resta altresì possibile discutere il provvedimento sulle spese, ove non lo si faccia valere come titolo esecutivo, anche nell’ambito del giudizio di merito che eventualmente si inizi sulla pretesa sostanziale in relazione alla quale il procedimento ai sensi dell’art. 696-bis era stato introdotto.

In base alle considerazioni svolte si deve affermare che:

“Per effetto del combinato disposto dell’art. 669 septies c.p.c., comma 2, e art. 669 quaterdecies c.p.c., nei procedimenti di consulenza preventiva ex art. 696 bis c.p.c., il giudice può procedere alla liquidazione delle spese processuali (a carico della parte ricorrente) solamente nei casi in cui dichiari la propria incompetenza o l’inammissibilità del ricorso oppure lo rigetti senza procedere all’espletamento del mezzo istruttorio richiesto. Qualora, viceversa, dia corso alla consulenza preventiva, il giudice non ha il potere di statuire sulle spese. L’eventuale provvedimento in tal senso risulta abnorme, ma non è impugnabile ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, giacchè privo dei caratteri della definitività e della decisorietà. Data la sua natura sommaria, ove venga azionato come titolo esecutivo, può essere opposto ai sensi dell’art. 615 c.p.c., come se fosse un titolo esecutivo stragiudiziale, assumendo l’opposizione il valore di querela nullitatis. Il provvedimento è altresì discutibile anche nel caso in cui venga iniziato il giudizio di merito sulla pretesa in relazione alla quale era stata richiesta la consulenza preventiva”.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Considerata la particolare novità della questione discussa va disposta l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ricorrono, invece, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 3 Civile, il 16 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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