LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23212-2016 proposto da:
R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.
CARDUCCI 10, presso lo STUDIO LEGALE C.D.A., rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI CAIAZZO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1986/45/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 03/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 1986/45/2016, depositata il 3 marzo 2016, non notificata, la CTR della Campania accolse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del dott. R.F., avverso la sentenza di primo grado della CTP di Caserta, che aveva invece accolto il ricorso del contribuente avverso cartella di pagamento per Irap non versata per l’anno 2009.
Avverso la pronuncia della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per errata interpretazione della disciplina concernente il requisito dell’autonoma organizzazione, quale presupposto impositivo dell’IRAP.
Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia fatto corretta applicazione del principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente: “a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive”.
Il ricorrente assume che la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio nella fattispecie in esame con riferimento a ciascuno dei tre succitati profili. Ciò in quanto ha desunto l’esistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, pur in assenza di personale dipendente e di beni strumentali rilevanti, dal valore elevato dei redditi dichiarati dal contribuente per l’anno di riferimento e dall’importo di Euro 147.767,00 dei costi, indicati come “rilevantissimi”, rappresentati dalle “spese generali”.
1.1. Il motivo è manifestamente fondato.
La sentenza impugnata incorre in tre errori di diritto, alla luce della giurisprudenza di questa Corte in materia. Il primo nella parte in cui omette di dar conto della possibilità o meno di scorporare l’attività relativa ai compensi percepiti dal contribuente, svolgente l’attività professionale di dottore commercialista, come Commissario straordinario e Commissario liquidatore in procedure concorsuali o di componente di collegi sindacali o Consigli di Amministrazione di Aziende; il secondo laddove assume come in sè indice della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione il valore assoluto dei costi, prescindendo del tutto dall’esame della tipologia di dette spese (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 1 marzo 2018, n. 4851; Cass. ord. n. 28642/17), potendo anche le spese consistenti derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale, rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo (cfr. anche Cass. sez. 6-5, ord. 18 novembre 2016, n. 23576); il terzo, infine, laddove ricava l’esistenza dell’autonoma organizzazione dall’entità del valore della produzione, mentre l’entità, anche elevata, dei compensi percepiti dal professionista, non può assurgere ad indice della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, potendo dipendere anche dalle capacità del singolo (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 13 dicembre 2017, n. 29863, la già citata Cass. n. 28642/17 e Cass. sez. 6-5, ord. 8 novembre 2016, n. 22705).
2. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, che, nell’uniformarsi ai principi di diritto dinanzi enunciati, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018