Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26577 del 22/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23954/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.L., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Società ALTA IRPINIA DI C.L. E C. SNC, C.C.M., M.I., P.L., in proprio e nella qualità di soci della Società ALTA IRPINIA DI C.L. E C. S.N.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 80, presso lo studio dell’avvocato SEVERINO GRASSI, rappresentati e difesi dall’avvocato ROSARIO MAGLIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2520/4/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il 16/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 2520/472016, depositata il 16 marzo 2016, la CTR della Campania – sezione staccata di Salerno – accolse l’appello proposto dai contribuenti indicati in epigrafe nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Avellino, che aveva solo in parte accolto i ricorsi riuniti di società e soci avverso avviso di accertamento per IRPEF, addizionali regionale e comunale ed IRAP per l’anno 2008.

La CTR ritenne, infatti, fondata l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento in difetto di prova di valida delega al funzionario sottoscrittore da parte del dirigente dell’Ufficio, oggetto di motivo di ricorso reiterato con il ricorso in appello dai contribuenti.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

I contribuenti resistono con controricorso.

1. Con il primo motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento, sebbene sottoscritto dal delegato in virtù di ordine di servizio richiamato nel medesimo avviso di accertamento impugnato, laddove il tenore letterale del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commina la nullità dell’atto solo se l’avviso di accertamento è privo di sottoscrizione.

1.1. Il motivo deve ritenersi inammissibile, atteso che non risulta oggetto di censura la ratio decidendi inerente alla rilevata omessa produzione in giudizio da parte dell’Amministrazione della delega del capo dell’Ufficio al funzionario sottoscrittore, giusta onere probatorio incombente, in caso di contestazione, all’Amministrazione medesima (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 9 ottobre 2015, n. 22803; Cass. sez. 5, 5 settembre 2014, n. 18758; Cass. sez. 5, 14 giugno 2013, n. 14942; Cass. sez. 6-5, ord. 11 ottobre 2012, n. 17400), circostanza, del resto, indirettamente confermata dallo stesso ricorso dell’Amministrazione laddove essa si limita a richiamare gli estremi della delega indicati sull’avviso di accertamento impugnato.

1.2. Sul punto quindi si è formato il giudicato interno sulla nullità dell’atto impugnato dai contribuenti, ciò comportando l’assorbimento del secondo motivo di ricorso.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

3. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1- quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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