LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10822/2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
N.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE GALATI 98, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ROMANO, rappresentato e difeso dagli avvocati GERARDO MARIANO ROCCO DI TORREPADULA, PIETRO ROCCO DI TORREPADULA, ENRICO ROMANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9452/3/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 26/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/09/2018 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE.
RITENUTO
che:
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Campania, indicata in epigrafe, che in controversia su impugnazione del diniego di rimborso dell’Irpef per l’anno 2009, proposta da N.L., a seguito di cessazione del rapporto di lavoro (in data 30 luglio 2009), ha rigettato l’appello dell’Ufficio. L’istanza di rimborso delle maggiori somme pagate a titolo di incentivo all’esodo anticipato a titolo di Irpef (D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 19,comma 4 bis), era stata prodotta in data 28 giugno 2010, risultando il contribuente esodato successivamente alla data di entrata in vigore della L. n. 248 del 2006, che ha abrogato la indicata disposizione.
Il contribuente resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia deduce violazione di legge sul riparto dell’onere della prova in tema di incentivo all’esodo, in relazione alla necessità della verifica della data dell’istanza di adesione al piano di esodo anteriormente al luglio 2006, D.L. n. 223 del 2016, ex art. 36, comma 23.
La censura è fondata nei seguenti termini.
La L. 4 agosto 2006, n. 248, nel convertire il D.L. n. 223 del 2006, mantenne l’applicazione dell’abrogato art. 19 TUIR, comma 4 bis, “alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima della data di entrata in vigore del presente decreto nonchè con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati in attuazione di atti o di accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Dallo stesso tenore letterale della norma è agevole rilevare che la disciplina previgente più favorevole continua a trovare applicazione, in due distinti casi: a) con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati entro il tre luglio 2006 (ovvero prima dell’entrata in vigore del decreto legge); b) con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati, logicamente dopo la suddetta data di entrata in vigore, in attuazione di atti o di accordi, aventi data certa, anteriori alla data del quattro luglio (Cass. n. 25953 del 23/12/2015; 19626/14).
Nel caso in esame, dunque, l’agevolazione ha come requisito la verifica che l’accordo o l’atto siano stati posti in essere entro il termine di entrata in vigore del D.L. (4 luglio 2006): la CTR ha invece erroneamente ritenuto idoneo il “comunicato al personale del 22.12.2005” – che rimanda a un piano di esodo per il periodo 2006/2011, riportato in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – rispetto al quale i lavoratori dovevano esprimere la propria adesione entro il termine ivi indicato. Tali elementi non sono stati valutati dalla CTR, che ha ritenuto valido il comunicato aziendale senza verificare la tempestività dell’adesione del contribuente, sul quale grava l’onere della prova, trattandosi di domanda di rimborso.
La sentenza va conseguentemente cassata con rinvio alla CTR della Campania che dovrà attenersi al superiore principio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018