LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Primo Presidente f.f. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –
Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21826-2017 proposto da:
L.M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAZZARO SPALLANZANI 22/A, presso lo studio dell’avvocato L.M.E., che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TERENZIO FULVIO PONTE;
– ricorrente –
contro
AZIENDA OSPEDALIERA DI COSENZA, in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO SAVONAROLA 39, presso Io studio dell’avvocato CARMINE PELLEGRINO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPINA MALETTA;
– controricorrente –
e contro
C.C.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1520/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 03/04/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2018 dal Consigliere Dr. LUCIA TRIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale LUCIO CAPASSO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Patrizia Usai per delega orale dell’avvocato Ermanno L.M., Giuseppina Maletta.
ESPOSIZIONE DEL FATTO 1. Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, sede di Catanzaro, il dottor Norberto L.M. – nella qualità di dirigente medico specializzato in Ginecologia e Ostetricia, dipendente a tempo indeterminato presso l’AUSL ***** con sede a *****, ma ininterrottamente in servizio presso l’AUSL di Cosenza dal *****, in forza di una pluralità di contratti a tempo determinato prorogati senza soluzione di continuità – domandava l’annullamento della Determina 8 settembre 2016, n. 989 dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, avente ad oggetto “Presa atto di assunzione a tempo indeterminato della dott.ssa C.C., dirigente medico di Ostetricia e Ginecologia, mediante utilizzo della graduatoria generale di merito del concorso pubblico”.
Il ricorrente – dopo aver precisato di avere avanzato sia all’Azienda Ospedaliera che all’Azienda Sanitaria cosentina numerose istanze di mobilità volontaria rimaste senza esito – deduceva, a fondamento del ricorso, che, con Decreto del Commissario ad acta (d’ora in poi: DCA) 12 giugno 2016, n. 54 per il piano di rientro della Regione Calabria, l’Azienda Ospedaliera di Cosenza era stata autorizzata all’assunzione di due ulteriori unità di Dirigenti medici di Ostetricia e Ginecologia. Pertanto – trattandosi di nuovo personale la copertura dei posti, e in particolare di quello in oggetto, avrebbe dovuto avvenire previo esperimento delle procedure di mobilità “preventiva” e non già tramite scorrimento della graduatoria del concorso pubblico a n. 4 posti, in cui la controinteressata si era classificata al 5^ posto.
Del resto, anche nel successivo DCA 11 agosto 2016, n. 92, l’autorizzazione per le Aziende sanitarie calabresi al reclutamento di nuovo personale era stata subordinata all’avvenuta ottimizzazione delle risorse in atto disponibili e all’impossibilita di soddisfare il fabbisogno di personale attraverso procedure di riorganizzazione interne o con misure volte al ricollocamento aziendale ed interaziendale dei dipendenti.
L’Azienda Ospedaliera di Cosenza, avendo con l’atto impugnato coperto il posto de quo con lo “scorrimento della graduatoria” prima di dare l’avvio alla procedura di “mobilità” volontaria, non aveva rispettato la normativa vigente e le suddette direttive del Commissario ad acta.
2. Con sentenza n. 2445/2016 il TAR adito ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, ritenendo che l’oggetto della presente controversia non sia la denuncia di illegittimità di una procedura concorsuale – che implicherebbe un’attività organizzativa della P.A. connotata dall’esercizio di un potere autoritativo – ma la contestazione di un’assunzione effettuata dalla P.A. con i poteri del privato datore di lavoro, rispetto alla quale viene in rilievo una posizione di diritto soggettivo alla mobilità esterna tra enti del medesimo Comparto o tra enti di Comparti diversi della P.A. che, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, che comporta anche il potere di questo giudice di disapplicare i provvedimenti amministrativi presupposti se ritenuti illegittimi.
3. La terza Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 3 aprile 2017, n. 1520, ha confermato la sentenza di primo grado, affermando che il L.M. aspirerebbe al conseguimento del posto conferito alla controinteressata, facendo valere – nella qualità di dipendente a tempo determinato presso l’Azienda Ospedaliera di Cosenza – il diritto ad essere assunto dall’Azienda nel suddetto posto tramite l’istituto della mobilità esterna, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30.
Di conseguenza, il petitum sostanziale sarebbe rappresentato dalla rivendicazione della lesione di una posizione di diritto soggettivo (alla mobilità), ancorchè la domanda sia formalmente prospettata come inerente all’esercizio – considerato illegittimo dal ricorrente del potere di organizzazione pubblicistica della P.A. nella scelta della procedura utilizzata per il reclutamento del personale. Non vi sarebbe quindi alcun atto di macro-organizzazione a monte di tale domanda, ma con essa verrebbe semplicemente contestato il comportamento dell’Amministrazione consistente nel negare l’aspettativa dell’interessato alla mobilità volontaria.
4. Il ricorso di L.M.N. domanda la cassazione di quest’ultima sentenza per due motivi.
Resiste, con controricorso, l’Azienda Ospedaliera di Cosenza, che chiede il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 – Sintesi delle censure 1. Il ricorso è articolato in due motivi.
1.1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 362 c.p.c. per travisamento ed errata applicazione dei presupposti di fatto e di diritto della sussistenza della giurisdizione amministrativa, con violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 del nonchè della L. n. 104 del 2010, art. 7.
Si sostiene che, diversamente da quanto affermato dai Giudici amministrativi in primo grado e in appello, nella presente controversia il petitum sostanziale è rappresentato dalla contestazione della legittimità della determinazione dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza di utilizzare, per la copertura del posto vacante di Ginecologia de quo, lo “scorrimento di graduatoria” senza avere precedentemente avviato la procedura della mobilità volontaria.
Si discute quindi di un atto di macro-organizzazione che riguarda le dotazioni organiche del personale e che è l’esito di una scelta discrezionale della P.A..
1.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 1 e artt. 362 e 112 c.p.c. per omessa pronuncia ed errata interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, con riferimento alle procedure di c.d. “stabilizzazione” e a quelle di mobilità preventiva.
Si precisa che il presente ricorso va collegato ad un analogo ricorso proposto dall’odierno ricorrente al TAR Calabria, sede di Catanzaro, che il giudice adito ha esaminato nel merito, sia pure nel senso del rigetto (TAR Calabria, Catanzaro, sentenza 3 maggio 2016, n. 942).
Tale decisione è stata appellata dal L.M. e si sottolinea che nel relativo giudizio – come accade nell’attuale controversia – il ricorrente ha fatto valere il principio del previo esperimento delle procedure di mobilità ai fini del reclutamento di nuovo personale (ex D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30) sottolineandone l’avvenuta violazione da parte dell’Azienda ospedaliera di Cosenza.
Si denunciano, quindi, vizi della sentenza de qua derivanti, ad avviso del ricorrente, dalla avvenuto esercizio della propria giurisdizione da parte del Consiglio di Stato con violazione di norme processuali e sostanziali, incentrata sulla mancata applicazione del principio del previo esperimento delle procedure di mobilità al fine del reclutamento di nuovo personale, specificamente posto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 e non rispettato nella specie dall’Azienda ospedaliera di Cosenza.
2 – Esame delle censure.
2. Il primo motivo di ricorso è fondato sicchè va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.
3. In primo luogo deve essere sottolineato che, in linea teorica, è esatto che:
a) per consolidato indirizzo di queste Sezioni Unite è stato stabilito che, in generale, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63,comma 1, devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, “tutte” le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni indicate nel D.Lgs. cit., art. 1, comma 2, per ogni fase dei rapporti stessi, “incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali”, perchè la residuale giurisdizione del giudice amministrativo concerne soltanto le controversie relative a procedure concorsuali strumentali all’assunzione od alla progressione in un’area o fascia qualitativamente superiore a quella di appartenenza e va dall’inizio delle operazioni concorsuali, con l’adozione del bando – con il quale l’Amministrazione manifesta all’esterno la decisione di reclutare un certo numero di dipendenti – fino all’approvazione della graduatoria definitiva, senza estendersi al successivo atto di nomina (Cass. SU 21 luglio 2011, n. 15982; (Cass. SU 7 luglio 2005, n. 14252; Cass. SU 8 maggio 2006, n. 10419; Cass. SU 27 ottobre 2006, n. 23075; Cass. SU 9 maggio 2016, n. 9281);
b) la giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo deve essere in concreto identificata non già in base al criterio della soggettiva prospettazione della domanda, ma alla stregua del c.d. “petitum” sostanziale, ossia considerando l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva addotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultima dal diritto positivo (Cass. SU 27 novembre 2007, n. 24625; Cass. SU 25 giugno 2010, n. 15323; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21677);
c) se in base al suddetto criterio del “petitum” sostanziale – da determinare all’esito dell’indagine sull’effettiva natura della controversia in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio – si accerta che la controversia stessa attiene alla lesione di un diritto soggettivo derivante da un atto o comportamento posto in essere dalla P.A. con i poteri del privato datore di lavoro, la giurisdizione compete al giudice ordinario senza che rilevi che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento di un atto amministrativo (Cass. SU 28 giugno 2006, n. 14846; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21677), in quanto al giudice ordinario è attribuito il potere di disapplicare gli eventuali atti amministrativi presupposti illegittimi incidenti direttamente o indirettamente sulle situazioni giuridiche soggettive di cui si tratta (Cass. SU 20 giugno 2017, n. 15276) e del dipendente pubblico in genere (fra le tante: Cass. SU 16 febbraio 2009, n. 3677; Cass. SU 20 giugno 2017, n. 15276).
4. Però sono altrettanto fermi gli indirizzi secondo cui:
a) comunque spettano alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie nelle quali, pur chiedendosi la rimozione del provvedimento di conferimento di un incarico dirigenziale previa disapplicazione degli atti presupposti, la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti di macro-organizzazione attraverso cui le Amministrazioni Pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi;
b) nella suddetta ipotesi, infatti, non può operare il potere di disapplicazione del giudice ordinario, in quanto esso presuppone la deduzione di un diritto soggettivo su cui incide il provvedimento amministrativo e non una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo solo all’esito della rimozione del provvedimento di macro-organizzazione (Cass. SU 27 febbraio 2017, n. 4881 citata dal Consiglio di Stato nella sentenza qui impugnata anche se con il numero “4481”; Cass. SU 31 maggio 2016, n. 11387).
5. Ebbene, dalla lettura del presente ricorso per cassazione e degli atti processuali – esaminabili in questa sede perchè in ordine alle questioni di giurisdizione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono anche giudice del fatto (Cass. SU 21 aprile 2015, n. 8074; Cass. SU 2 aprile 2007, n. 8095) – risulta che il “petitum” sostanziale dedotto nel presente giudizio – analogamente a quanto avvenuto per il giudizio su cui si è pronunciato il TAR Calabria, sede di Catanzaro con la citata sentenza 3 maggio 2016, n. 942 il cui appello è pendente presso il Consiglio di Stato – riguarda direttamente la legittimità degli atti impugnati in quanto adottati asseritamente in contrasto con il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 (che disciplina la mobilità) nonchè con la disciplina (nazionale e regionale) in materia di ricollocazione del personale in esubero.
In particolare, nell’attuale giudizio, la questione controversa è quella relativa al rapporto tra la suindicata mobilità e lo scorrimento della graduatoria, mentre nel citato giudizio pendente presso il Consiglio di Stato si discute del rapporto tra la mobilità e la stabilizzazione (questione, peraltro, affrontata dalla sentenza n. 3513 del 17 luglio 2015 del Consiglio di Stato, sez. 3, in una fattispecie analoga a quella esaminata).
6. Ma in entrambi i casi, nei ricorsi introduttivi, è stato contestato direttamente l’esercizio del potere amministrativo e, in particolare, la scelta operata dall’Amministrazione in merito alle modalità da adottare per la copertura del posto di dirigente sanitario, preso rispettivamente in considerazione, assumendosene l’illegittimità.
Tale scelta, com’è noto, è il frutto di una valutazione discrezionale della P.A. di fronte alla quale non può parlarsi di diritti soggettivi, ma di semplici interessi legittimi (Cass. SU 9 febbraio 2011, n. 3170; Cass. SU 13 giugno 2011, n. 12895).
7. Nè rileva in contrario che, a decorrere dall’entrata in vigore della L. n. 246 del 2005, le Pubbliche Amministrazioni siano obbligate ad adottare come criterio prioritario per il reclutamento del personale quello della mobilità (Cass. 18 maggio 2017, n. 12559) visto che quel che conta, ai fini del riparto di giurisdizione, è che nella specie, la pretesa azionata è da configurare come consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di scorrimento della graduatoria del concorso cui ha partecipato la controinteressata e quindi la contestazione investe il merito dell’esercizio del potere dell’Amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al Giudice amministrativo ai sensi dell’art. 103 Cost. e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, mentre la situazione di diritto – cui ha fatto riferimento il Consiglio di Stato nella sentenza impugnata – potrebbe sorgere solo a seguito della rimozione del provvedimento impugnato (Cass. SU 18 giugno 2008, n. 16527; Cass. SU 27 febbraio 2017, n. 4881 cit.).
8. Neppure potrebbe ipotizzarsi che venga in considerazione la lesione del diritto all’assunzione, che può configurarsi in favore di un candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, ritualmente approvata, di un concorso – o di una equipollente selezione – per l’assunzione di personale anche dirigenziale (nella specie presso una Azienda ospedaliera vedi Cass. SU 9 febbraio 2011, n. 3170), in quanto si è in presenza di una fattispecie del tutto diversa caratterizzata da una contestazione che investe direttamente l’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione di scegliere lo strumento giuridico da adottare per l’assunzione di nuovo personale e non l’impropria gestione di una graduatoria concorsuale in danno del ricorrente come soggetto utilmente inserito nella graduatoria stessa.
Infatti, il L.M. non era inserito nella graduatoria il cui scorrimento ha determinato l’assunzione della controricorrente, ma ha contestato “ab externo” che si sia utilizzato lo strumento dello scorrimento di tale graduatoria, senza avere prima fatto ricorso alla mobilità.
9. Ne risulta confermato che la situazione giuridica fatta valere dal ricorrente non può che essere configurata come interesse legittimo, tutelabile innanzi al giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 (Cass. SU 27 febbraio 2017, n. 4881 cit.; Cass. SU 31 maggio 2016, n. 11387; Cass. SU 6 maggio 2013, n. 10404; Cass. SU 16 novembre 2009, n. 24185; Cass. SU 18 giugno 2008, n. 16527).
E deve anche essere ribadito che, nel suddetto ambito – che esula dalla semplice adozione di atti di gestione del rapporto da parte della P.A. con i poteri del privato datore di lavoro e impinge in scelte organizzative della stessa P.A. – non è sicuramente ipotizzabile l’esercizio del potere di disapplicazione del Giudice ordinario, per quanto si è detto sopra.
10. Di qui l’accoglimento del primo motivo di ricorso che comporta la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo e l’assorbimento del secondo motivo.
3 – Conclusioni.
10. In sintesi, in accoglimento del primo motivo di ricorso, si deve affermare la giurisdizione del Giudice amministrativo. Il secondo motivo va dichiarato assorbito.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al TAR Calabria, sede di Catanzaro, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al TAR Calabria, Catanzaro, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018