Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.26602 del 22/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16740/2013 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO CAROLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati EMANUELA DAL MASO, TERESA VALERIO;

– ricorrente –

contro

MA.VA.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1013/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 29/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CAROLI Letizia con delega depositata in udienza dell’avvocato DAL MASO Emanuela, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

M.S. ricorre in cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia 29 aprile 2013, n. 1013, che ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., l’atto d’appello da egli proposto avverso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 2834/2011. Il Tribunale aveva accolto l’opposizione instaurata da MA.VA. contro il decreto che le aveva ingiunto di pagare in favore del ricorrente la somma di Euro 7.379,41, a titolo di compenso per le prestazioni professionali da questi rese nella sua qualità di dottore commercialista.

L’intimata MA.VA. non ha svolto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.: la Corte di Venezia, dichiarando inammissibile l’appello per mancata rispondenza alle prescrizioni di cui all’art. 342, ha violato la disposizione.

Il motivo è fondato. Il giudice di secondo grado, dopo aver precisato che la formulazione della disposizione ratione temporis applicabile è quella introdotta dal legislatore con la L. n. 134 del 2012, ha affermato che l’atto d’appello proposto da M. non contiene le indicazioni prescritte dalla disposizione “dal momento che non vi è nemmeno accennata la critica alla sentenza, limitandosi l’appellante a ricordare le norme fondanti le proprie ragioni e pretese, senza confrontarsi minimamente con le motivazioni di cui al provvedimento impugnato, preciso e completo con il riferimento alle testimonianze e in genere al panorama probatorio a disposizione”. Dall’esame dell’atto di appello e della sentenza di primo grado (sulla necessaria correlazione tra analiticità della motivazione del provvedimento impugnato e specificità dell’atto d’appello, nel senso che “quanto più approfondite e dettagliate risultino le argomentazioni della prima, tanto più puntuali devono profilarsi quelle utilizzate nel secondo per confutare l’impianto motivazionale del giudice di prime cure, cfr. ex multis Cass. 4695/2017) risulta invece che l’appellante, chiedendo l’integrale riforma della pronuncia, non si è limitato a ricordare le norme fondanti la propria pretesa, ma si è confrontato con la puntuale analisi compiuta dal giudice di primo grado degli elementi probatori (si vedano pp. 9-16 dell’atto di appello). L’atto di appello va pertanto considerato rispondente alle prescrizioni imposte dall’art. 342 c.p.c..

b) L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, che contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 281-sexies c.p.c., art. 111 Cost., in quanto sarebbe stata, ad avviso del ricorrente, completamente omessa l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, risultando generici gli argomenti addotti per dichiarare l’inammissibilità dell’appello.

2. In conseguenza dell’accoglimento del primo motivo va disposta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa al giudice d’appello.

Non essendosi l’intimata difesa, nulla si dispone in punto spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso; cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa a diversa sezione della Corte d’appello di Venezia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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