Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26635 del 22/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20945-2017 proposto da:

M.P., nella qualità di legale rappresentante pro tempore della Società C.A.M. SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELE GRASSO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI – CAPITANERIA DI PORTO LA MADDALENA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 115/2017 del TRIBUNALE di TEMPIO PAUSANIA, depositata il 20/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato in data 15.10.2012 G.G., in qualità di rappresentante legale della Cam s.r.l. si è rivolto al Giudice di Pace di La Maddalena, proponendo ricorso in opposizione all’ordinanza ingiunzione n. 215/2012 emessa dalla Capitaneria di Porto de La Maddalena, con la quale gli veniva contestata la violazione del decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari Forestali del 10 novembre 2011 del Direttore Generale delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 28.12.2011, per aver trasportato prodotto ittico in assenza di titolo giustificativo al trasporto o commercialmente rilevante, relativo ai prodotti della pesca di cui al documento di trasporto n.3214/A in data 22.02.2012 della Cam s.r.l. con vettore Manera Logistica s.r.l. Ha chiesto di dichiarare illegittima, nulla o di annullare l’ordinanza ingiunzione impugnata. A fondamento della domanda ha dedotto: l’inapplicabilità del D.M. delle Politiche Agricole del 10 novembre 2011 e del Decreto direttoriale del 28 dicembre 2011, in quanto le disposizioni contenute in tali decreti riguardano gli adempimenti connessi agli obblighi di tracciabilità posti, esclusivamente, a carico degli operatori addetti alla prima vendita di prodotti ittici l’erroneità della sanzione amministrativa comminata sulla base della mancanza di titolo giustificativo al trasporto o commercialmente rilevante relativo ai prodotti della pesca, in quanto, al caso di specie, sono inapplicabili i decreti ministeriali del 10.11.2011 e del 28.12.2011 mentre sarebbe applicabile la circolare del Ministero delle Finanze del 11.10.1996.

La Capitaneria di Porto di La Maddalena, in persona del Comandante in carica e rappresentata in giudizio dal funzionario delegato, ha chiesto il rigetto della opposizione.

Il Giudice di Pace con la sentenza n. 88 dell’11/11/2013 ha rigettato il ricorso, perchè infondato, in quanto ha ritenuto che: l’ordinanza-ingiunzione è stata emessa correttamente in quanto la società ricorrente rientra nel novero dei soggetti obbligati a rispettare le disposizioni del d.m. 10.11.2011; non è fondata la doglianza relativa alla sufficienza dell’indicazione del primo incaricato del trasporto, nell’ipotesi in cui lo stesso richieda la presenza di più vettori nell’ambito dell’intera tratta, in quanto, la circolare indicata dal ricorrente, non trova applicazione nel caso concreto, al quale è applicabile invece l’articolo 8 del d.m. 10.11.2011 che prevede il possesso del documento di trasporto redatto secondo le modalità ivi indicate.

Avverso tale sentenza ha proposto appello G.G. con atto di citazione, notificato in data 31/12/2013, chiedendo di annullare l’ordinanza ingiunzione con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio.

Si è costituita la Capitaneria di Porto, la quale ha dedotto l’inammissibilità, nonchè l’infondatezza nel merito dell’appello proposto.

Il Tribunale di Tempio Pausania con sentenza n. 115 del 2017 ha rigettato l’appello ed ha confermato la sentenza del GdP riconfermando le ragioni già indicate dalla sentenza impugnata. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Paolino M. quale rappresentate pro tempore della società CAM srl Conservificio Allevatori Molluschi con ricorso affidato ad un motivo. Il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Capitaneria di Porto La Maddalena ha resistito con controricorso.

1.= Con l’unico motivo di ricorso la società CAM srl Conservificio Allevatori Molluschi, lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Violazione del D.M delle politiche agricole alimentari e forestali del 10 novembre 2011, art. 8. Secondo la ricorrente, il Tribunale non avrebbe tenuto conto che la società Cam S.r.l. non era tenuta al rispetto di quanto previsto dai decreti: Ministeriale del 10 novembre 2011 e Direttoriale del 28 novembre 2011, posto che gli stessi sarebbero inequivocabilmente volti a regolamentare fasi della commercializzazione del prodotto ittico diverse da quelle in cui la società predetta si inserirebbe nella filiera ittica. I decreti di cui si è detto disciplinerebbero, sempre secondo la ricorrente, gli obblighi posti a carico degli operatori addetti alla prima vendita e tale ruolo non sarebbe quello rivestito dalla società ricorrente. Piuttosto, la società Cam srl, seppure tenuta al rispetto degli obblighi volti a garantire la tracciabilità del prodotto ittico, non doveva essere sanzionata per l’inosservanza del D.M. 10 novembre 2011, art. 8 dal momento che, alla luce della nota esplicativa redatta proprio dallo stesso Ministero che ha emanato i Decreti che si assumono violati, tale documento deve accompagnare i prodotti della pesca dal caricamento fino al momento in cui ha luogo la prima vendita: nel caso che ci occupa, la società ricorrente si inseriva nella filiera ittica in un momento successivo.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il motivo formulato con il ricorso poteva essere dichiarato infondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il Presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.

Rileva il collegio che il ricorso è infondato, in tal senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore, ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c..

1.1.= La ricorrente, in verità, ripropone, e negli stessi termini, la stessa questione proposta in sede appello e, cioè: se la società

Cam S.r.l. fosse tenuta al rispetto degli obblighi relativi alla tracciabilità dei prodotti ittici posti dal D.M. 10 novembre 2011 e dal Decreto Direttoriale del 28 novembre 2011. Questione, questa, che è stata risolta dal Tribunale di Tempio Pausania, il quale ha correttamente interpretato la normativa di cui ai Decreti: ministeriale del 10 novembre 2011 e direttoriale del 28 dicembre 2011.

Va qui ribadito che la normativa comunitaria di cui al Reg.(CE) 1224/2009, al Reg.(UE) 404/2011, che ha trovato attuazione in Italia con il D.M. del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, del 10 novembre 2011, disciplina la tracciabilità del prodotto ittico attraverso la produzione ed il trasferimento di dati tra i diversi attori della filiera, al fine di definire un valido sistema di rintracciabilità che consenta al flusso delle informazioni di seguire il prodotto fino alla vendita al dettaglio. Il sistema di tracciabilità si basa su: a) registrazione degli operatori; b) dichiarazione di assunzione in carico; c) note di vendita; d) documento di trasporto. In particolare, il D.M. 10 novembre 2011, art. 3 prevede che “gli operatori responsabili dell’acquisto della vendita del magazzinaggio o del trasporto di partite di prodotto della pesca e dell’acquacoltura devono poter comprovare che i prodotti sono conformi alle norme minime di commercializzazione in tutte le fasi fino alla vendita al dettaglio. Sicchè, secondo la normativa qui richiamata, i soggetti tenuti all’osservanza degli obblighi previsti dal Regolamento Europeo, nonchè dai Dm attuativi sono tutti i soggetti che a vario titolo intervengono nella filiera ittica, intendendo per filiera ittica:

l’insieme delle organizzazioni che concorrono alla pesca, alla conservazione, al trasporto e alla commercializzazione del prodotto ittico, fino alla vendita al dettaglio.

Ciò, rimane confermato da quanto prevede la normativa di cui agli artt. 2 e 3 del Dm 10 novembre 2011 che nell’elencare i soggetti obbligati a rispettare le disposizioni del decreto specifica che “(….) pur non costituendo un elenco tassativo, i soggetti tenuti a rispettare le prescrizioni del decreto sono a) gli imprenditori ittici; b) i primi acquirenti; c) le organizzazioni di produttori riconosciute; d) i titolari dei centri di raccolta; e) i titolari dei centri di vendita all’asta; f) i trasportatori (…)”.

1.2.= Correttamente, pertanto, il Tribunale di Tempio Pausania ha ritenuto che anche la CAM srl, facente parte della filiera ittica, nella sua qualità di trasportatore, avrebbe dovuto osservare le prescrizioni del decreto ministeriale richiamato e, dunque, avrebbe dovuto tenere con sè il titolo giustificativo del trasporto, secondo il modello indicato dall’allegato D al Decreto direttoriale n. 155 del 28 dicembre 2011.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ., condannato a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; e condanna il ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.100, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso e accessori come per legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile Seconda di questa Corte di Cassazione, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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