Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.26659 del 22/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19696/2013 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

*****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B. VICO 1, presso lo studio dell’avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI, rappresentato e difeso dall’avvocato PIERO GUALTIEROTTI giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 574/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 28/05/2013 R.G.N. 522/2010.

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Bologna (sentenza del 28.5.2013) ha accolto l’impugnazione di V.C. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Parma, che gli aveva rigettato l’opposizione a cartelle esattoriali emesse per il pagamento di contributi di competenza del fondo commercio pretesi dall’Inps a seguito di accertamento ispettivo, e di conseguenza ha dichiarato l’illegittimità della pretesa contributiva di cui alle predette cartelle, dopo aver spiegato che nella fattispecie era risultato un facere sostanzialmente gestorio e non già un’attività commerciale atta a giustificare la riscossione del credito azionato dall’Inps;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Inps, anche in rappresentanza della società di cartolarizzazione dei crediti Inps (S.C.C.I.), con un solo motivo, cui ha resistito V.C. con controricorso, illustrato da memoria, mentre è rimasta solo intimata la società Equitalia Nord s.p.a..

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo del ricorso, proposto per violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208 (art. 360 c.p.c., n. 3), così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, convertito nella L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), l’Inps contesta quanto ritenuto dai giudici d’appello circa il fatto che l’attività espletata dal V. non rientrasse nel requisito di cui alla L. n. 662 del 1996, comma 203, lett. c), (partecipazione personale al lavoro con carattere di abitualità e prevalenza), ma rientrasse fra i compiti propri dell’amministratore della società, sostenendo che in tal modo si finirebbe per avere una inaccettabile commistione tra le funzioni di amministratore di una società a responsabilità limitata e l’attività dello stesso socio lavoratore all’interno della medesima società; quindi, secondo l’assunto difensivo di parte ricorrente, l’attività posta in essere dall’odierno intimato doveva considerarsi di natura operativa e connotata dai caratteri dell’abitualità e della prevalenza, con conseguente legittimità dell’iscrizione del medesimo alla gestione commercianti;

il ricorso è infondato, in quanto la difesa dell’Inps pretende di desumere l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi di carattere meramente presuntivo, che non rilevano sul piano previdenziale e che non scalfiscono la validità della “ratio decidendi” che è correttamente incentrata sulla rilevata insussistenza dello svolgimento di un’attività commerciale da parte del V., essendo stato evidenziato, con giudizio di fatto insindacabile in cassazione allorchè motivato ed immune da vizi logici e giuridici, che dagli atti era emerso che l’attività oggetto di causa era sostanzialmente consistita in un facere gestorio, nel cui novero dovevano essere fatti rientrare il coordinamento dei dipendenti e collaboratori, i colloqui preassuntivi, la politica commerciale e la predisposizione delle tipologie contrattuali, mentre ai fini della pretesa iscrizione alla gestione commercianti sarebbe stata necessaria la prova dello svolgimento di un’attività commerciale continuativa;

il ragionamento seguito dalla Corte di merito è senz’altro condivisibile, in quanto il presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti è lo svolgimento da parte dell’interessato di attività commerciale, che nella specie non risulta;

quanto alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario, la disciplina previgente è stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, che così sostituisce la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29,comma 1: “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613 e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita; b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonchè per i soci di società a responsabilità limitata; c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli”;

quindi il presupposto imprescindibile è che per l’iscrizione alla gestione commercianti vi sia un esercizio commerciale, la gestione dello stesso come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di s.r.l. che abbia come oggetto un esercizio commerciale. (v. in tal senso Cass. sez. 6-Lav., Ordinanza n. 3145 del 2013); il che non ricorre nella specie come descritta in fatto dalla sentenza impugnata, contraddistinta dallo svolgimento di un’attività di tipo gestorio;

va, quindi, esclusa la ricorrenza della attività a cui la legge ricollega l’obbligo di iscrizione e il versamento di contribuzione alla gestione commercianti, a prescindere da ogni considerazione sulla attività prevalente;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo; ricorrono i presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore di M.I. delle spese nella misura di Euro 3700,00, di cui Euro 3200,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472