LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20001/2013 proposto da:
U.G., C.F. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato VALERIA COSENTINO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCA MARIA VALLE, GIORGIO TREGLIA giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
*****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE BECCARIA 29 presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA NORD S.P.A., già EQUITALIA ESATRI S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 274/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/05/2013 R.G.N. 1634/2010.
RILEVATO
che:
la Corte d’appello di Milano (sentenza del 28.5.2013) – per quel che qui interessa – pronunziando sull’impugnazione di U.G. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, ha rigettato le opposizioni che la medesima aveva proposto avverso le cartelle esattoriali notificatele per la riscossione dei contributi relativi alla gestione commercianti dell’Inps per l’attività svolta quale socia della s.n.c. Immobiliare Fleming di R. A. e C.;
ha spiegato la Corte che la partecipazione della U. alla gestione ed alla esecuzione del lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza poteva ritenersi dimostrata dalle dichiarazioni della medesima opponente all’Inps nel marzo del 2008, dalla mancanza di personale dipendente e dalla circostanza che l’altro socio A., marito dell’appellante, non si occupava della gestione societaria;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso U.G. con quattro motivi, cui ha resistito l’Inps con controricorso, anche in rappresentanza della società di cartolarizzazione dei crediti contributivi, mentre è rimasta solo intimata Equitalia Nord s.p.a..
CONSIDERATO
che:
1. col primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 2697 c.c. – segnalando l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nell’attribuire valenza probatoria alle sue dichiarazioni contenute nel questionario inviatole dall’ente all’epoca della sua iscrizione, dichiarazioni che secondo la stessa Corte comportavano l’inversione dell’onere della prova in ordine alla circostanza dell’esercizio di un’attività lavorativa continua all’interno della società; al contrario, secondo la ricorrente, le suddette dichiarazioni non avevano alcun valore confessorio nè, tantomeno, comportavano l’inversione dell’onere probatorio, posto che il documento che le conteneva altro non era che un atto burocratico che era tenuta a compilare;
2. col secondo motivo, formulato per omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio – art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 2697 c.c., ci si duole del fatto che la Corte di merito abbia omesso di considerare che prima ancora dell’instaurazione dei giudizi di primo grado era stato proposto ricorso amministrativo al Comitato amministratore della gestione commercianti avverso le pretese dell’Inps, denunziate come illegittime per l’insussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti per l’iscrizione alla stessa gestione;
3. col terzo motivo, formulato per omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio – art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 2697 c.c. – ci si lamenta del fatto che i giudici d’appello non hanno tenuto conto della portata della sentenza n. 1799/2010 del Tribunale del lavoro di Milano (passata in giudicato) resa tra il marito della ricorrente, sig. A., socio della Immobiliare Fleming di R. A. e C. s.n.c., al quale erano state notificare cartelle esattoriali per gli stessi importi e le stesse causali, sentenza, questa, che aveva accertato che A. non era tenuto ad alcuna contribuzione;
4. col quarto motivo, formulato per violazione e falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1, comma 203 – la ricorrente contesta l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza secondo cui era priva di rilievo la circostanza del suo godimento di un reddito da pensione e da collaborazione coordinata e continuativa per altra società; assume, invece, la ricorrente che ciò che aveva realmente rilievo era il fatto che essa non svolgeva alcuna attività commerciale coi caratteri dell’abitualità e della prevalenza;
5. osserva la Corte che il primo ed il terzo motivo del ricorso denotano un evidente vizio di inammissibilità in quanto la ricorrente non ha provveduto a depositare i documenti sui quali basa le rispettive censure, vale a dire il modulo dell’iscrizione contenente le contestate dichiarazioni, ritenute, invece, rilevanti dalla Corte di merito, e la sentenza relativa al giudicato esterno, riferibile all’analoga posizione del coniuge, così come asserito dalla difesa della U.; nè la ricorrente si è premurata di riportare l’esatto contenuto dei predetti documenti, sui quali incentra le proprie difese, nè ha specificato in quale parte del proprio fascicolo gli stessi erano contenuti, il tutto in spregio al principio di autosufficienza che governa il giudizio di legittimità, non consentendo a questa Corte di valutare la reale portata delle dichiarazioni contenute nel predetto modulo e le statuizioni del citato giudicato esterno rispetto al presente oggetto del contendere;
6. si è, infatti statuito (Cass. Sez. 1, n. 5478 del 7.3.2018) che “In applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonchè alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso. (Nella fattispecie, relativa a un giudizio di impugnativa di delibere societarie di approvazione dei bilanci, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso perchè privo di un’adeguata descrizione del contenuto dei bilanci stessi e degli atti intervenuti tra le parti, nonchè dell’indicazione del fascicolo dove tali documenti sarebbero stati rinvenibili) (conforme a Cass. Sez. 3, n. 12288 del 15.6.2016; v. anche Cass. Sez. Lav. n. 195 dell’11.1.2016, conforme a S.U. n. 22726 del 3.11.2011);
il carattere dirimente di tali vizi del ricorso determina l’assorbimento dell’esame del secondo e del quarto motivo;
7. in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo; ricorrono i presupposti per la condanna della ricorrente al pagamento del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 2700,00, di cui Euro 2500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018