LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. CURCIO Laura – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19291/2013 proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., (già FERROVIE DELLO STATO S.P.A.
SOCIETA’ DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE VIGNE DI MORENA, 12, presso lo studio dell’avvocato CHIARA GOTTARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato FERDINANDO TOMASSI, giusta procura in atti;
– resistente con procura –
avverso la sentenza n. 7933/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/02/2013 r.g.n. 7693/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/06/2018 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine rigetto;
udito l’Avvocato GIANLUCA ROSSI per delega Avvocato GERARDO VESCI;
udito l’Avvocato FERDINANDO TOMASSI.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7933 depositata il 15.2.13, in accoglimento dell’appello proposto dal sig. A. e in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. al pagamento in favore del predetto della somma di Euro 50.846,46, oltre accessori.
2. La Corte territoriale ha richiamato il D.L. n. 324 del 1998, art. 1, che prevedeva l’erogazione di una somma a titolo compensativo nei confronti del personale cessato dal servizio che, pur in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia, non aveva raggiunto il limite di anzianità contributiva necessario per conseguire la percentuale massima di pensionabilità.
3. Ha precisato come con circolare del 28.10.98 Ferrovie dello Stato s.p.a. avesse subordinato l’erogazione di cui sopra alla sottoscrizione, davanti al competente Ufficio del lavoro e della massima occupazione, di un verbale di conciliazione a titolo di transazione generale novativa.
4. Ha ritenuto, in ragione della natura risarcitoria della somma richiesta dal sig. A., che il relativo credito fosse sottoposto al termine di prescrizione decennale (anzichè quinquennale, come ritenuto dal Tribunale), nel caso di specie non trascorso.
5. Ha considerato irrilevante la mancata conciliazione per fatto imputabile alla società.
6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria.
7. Il sig. A. è rimasto intimato. In data 30.9.2013, il difensore del sig. A., avv. Ferdinando Tomassi, ha depositato nota con cui ha comunicato i propri indirizzi ai fini delle comunicazioni di cui agli artt. 370 – 379 c.p.c., con procura a margine. Ha successivamente depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., nonchè nota di deposito di documenti.
8. Occorre considerare che al procedimento in oggetto, instaurato con ricorso introduttivo di primo grado nel 2008, si applica la disciplina dettata dall’art. 83 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009; al riguardo questa Corte ha più volte statuito come: “Nel giudizio di Cassazione la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce di atti diversi dal ricorso o dal controricorso, stante il tassativo disposto dell’art. 83 c.p.c., comma 3, che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilità di atti diversi da quelli suindicati. Pertanto, se la procura non è rilasciata contestualmente a tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma dello stesso articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata”, (Cass. n. 14749 del 2007; Cass. n. 12265 del 2004).
9. La mancanza, nel caso di specie, dei requisiti richiesti dall’art. 83 c.p.c., nella versione ratione temporis applicabile, rende inammissibili la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. e la nota di deposito dei documenti ed impedisce la partecipazione del difensore alla discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo di ricorso Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 77 Cost., in quanto basata sull’applicazione di un decreto legge mai convertito in legge. Ha aggiunto come peraltro la domanda non fosse stata proposta nel periodo di vigenza del decreto stesso (10.9.98 – 9.11.98) bensì nel 2006.
2. Col secondo motivo la società ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2946,2948,1321 c.c., per avere la Corte affermato la natura risarcitoria, anzichè retributiva, del credito in oggetto.
3. Ha spiegato come la natura retributiva del credito dovesse desumersi anche dalla circolare applicativa secondo cui la somma suddetta sarebbe stata erogata in base agli importi dei ratei di pensione che sarebbero spettati agli interessati a titolo di assegno straordinario di mantenimento, dunque quali crediti di lavoro subordinato aventi origine nel rapporto di lavoro, anche ove concordati in sede di transazione novativa. Sulla natura retributiva ha richiamato precedenti di legittimità (Cass. n. 10556 del 2013; Cass. n. 7987 del 2012; Cass. n. 10615 del 2002).
4. Ha rilevato come, peraltro, la natura risarcitoria del credito fosse stata affermata sulla base di una transazione mai sottoscritta da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., in violazione dell’art. 1321 c.c..
3. Col terzo motivo la ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 429 c.p.c., per avere la Corte di merito affermato la natura risarcitoria del credito sulla base di una transazione generale novativa, allegata in giudizio dalla controparte solo in secondo grado e quindi tardivamente.
4. Il primo motivo di ricorso è infondato atteso che, se è vero che il D.L. n. 324 del 1998, non è stato convertito in legge, tuttavia con la L. n. 448 del 1998, art. 43, comma 9, il legislatore ha previsto: “Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 10 settembre 1998, n. 324, art. 1”.
5. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che si esaminano congiuntamente perchè logicamente connessi, sono infondati.
6. La società ricorrente ha censurato come erronea l’interpretazione della Corte d’appello sulla natura risarcitoria, anzichè retributiva, di diritto azionato dal sig. A. invocando la circolare applicativa del 28.10.98 dalle cui statuizioni sarebbe desumibile la natura di credito di lavoro della somma pretesa dal lavoratore.
7. Questa Corte ha più volte affermato come la violazione di circolari, anche ministeriali, non possa costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo della violazione di legge, non contenendo esse norme di diritto, ma essendo piuttosto qualificabili come atti unilaterali (negoziali o amministrativi), in riferimento ai quali possono essere denunciati per cassazione soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, nella misura in cui essi sono applicabili anche agli atti unilaterali, ovvero i vizi di motivazione, (cfr. Cass., 16612 del 2008; Cass. n. 4942 del 2004; Cass. n. 1793 del 1999).
8. Nel caso di specie, non è specificamente denunciata la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (peraltro la circolare del 28.10.98 non è stata allegata al ricorso in esame nè trascritta) e le censure mosse dalla società ricorrente investono l’approccio argomentativo adottato dalla Corte di merito che non avrebbe adeguatamente valutato il tenore della circolare, intesa quale elemento di prova, ed avrebbe erroneamente riconosciuto validità alla transazione novativa prevista dalla circolare medesima ma non sottoscritta dalla società, oltre che tardivamente dedotta.
9. Tali censure, in quanto si traducono in vizi motivazionali nel caso di specie non formulati secondo lo schema legale del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis alla controversia in esame (sentenza d’appello depositata il 15.2.13), non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità.
10. Il ricorso deve pertanto essere respinto.
11. Non luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità posto che il sig. A. non ha svolto regolare attività difensiva.
12. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018
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