Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26681 del 22/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12798/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

ESSEGI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, S.G., nonchè quest’ultimo di persona, e S.E. e S.M., rappresentati e difesi dall’avv. Domenico D’ALESSANDRO ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Lorenzo Bonincontro, n. 43, presso lo studio legale dell’avv. Roberta SURACI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 133/13/2017 della Commissione tributaria regionale della PUGLIA, depositata il 18/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/06/2018 dal Consigliere Dr. Lucio LUCIOTTI.

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. A seguito delle risultanze di indagini finanziarie condotte nei confronti della Essegi s.r.l., da cui emergeva l’omessa contabilizzazione di ricavi conseguiti dalla predetta società nello svolgimento dell’attività di somministrazione di pasti, l’Agenzia delle entrate con riferimento all’anno di imposta 2009 emise nei confronti della predetta società un avviso di accertamento di maggiori ricavi ai fini IVA, IRAP ed IRES e nei confronti dei soci S.G., S.E. e S.M., separati avvisi di accertamento ai fini IRPEF per i maggiori redditi conseguiti in proporzione delle rispettive quote societarie dalla distribuzione di utili extracontabili.

2. I ricorsi avverso i predetti atti impositivi, separatamente proposti dalla società e dai soci, vennero riuniti dalla Commissione tributaria provinciale di Bari che li rigettò con sentenza n. 454 del 3/02/2016.

3. Avverso tale statuizione la società, da un lato, ed i soci, dall’altro, proposero due distinti appelli che la CFR della Puglia riunì e decise con la sopra indicata sentenza con cui annullò gli atti impositivi ritenendo violato il contraddittorio endoprocedimentale con la società, che nella specie era obbligatorio trattandosi di accertamento in materia di tributo armonizzato (IVA) con conseguente annullamento “a cascata” degli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci.

4. L’Agenzia delle entrate impugna per cassazione la predetta statuizione deducendo tre motivi, cui replicano i contribuenti con controricorso.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale i controricorrenti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

1. Con i primi due motivi di ricorso la difesa erariale deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nonchè della sentenza della Corte di giustizia del 3/07/2014, in causa C-129/13, Kamino (in entrambi i motivi), nonchè la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 54(nel primo motivo) e art. 39, comma 1, lett. d), (secondo motivo), sostenendo che la CTR aveva erroneamente affermato l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società contribuente a causa del mancato rispetto del termine dilatorio previsto nella disposizione statutaria evocata, omettendo di rilevare, da un lato, che l’atto impositivo era stato notificato oltre tale termine e, dall’altro, senza valutare la natura “meramente formale” della violazione, ovvero per l’IVA la pretestuosità dell’opposizione del contribuente, con conseguente esito positivo della c.d. prova di resistenza, non tenendo peraltro conto dell’insussistenza dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale per le imposte dirette ed anche in relazione ad esse del mancato esame della “prova di resistenza”, che andava comunque effettuata.

2. Con il terzo motivo ha dedotto l’omesso esame da parte della CTR del fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla prova dell’avvenuta notificazione alla società contribuente dell’avviso di accertamento in epoca successiva al termine dilatorio di cui alla sopra citata disposizione statutaria.

3. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso nonchè della memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p., per inesistenza della procura speciale ad litem, che non risulta nè indicata nei predetti atti, nè allegata ai medesimi e comunque non risultante depositata agli atti del giudizio, in violazione del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. I motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente involgendo la medesima questione, sono fondati e vanno accolti.

5. Invero, nel caso di specie la CTR, pur dichiarando di condividere il principio affermato in materia di contraddittorio endoprcedimentale dal Supremo consesso di questa Corte (Cass., Sez. U., n. 24823 del 2015), non ne ha fatto corretta applicazione al caso di specie, avendo omesso di considerare che per i tributi “non armonizzati” (nel caso in esame, l’IRPEF ripresa a tassazione nei confronti dei soci della società contribuente) non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un generalizzato obbligo di contraddittorio nella fase amministrativa, sussistente solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito, mentre per i tributi “armonizzati” (nella specie, l’IVA oggetto dell’avviso di accertamento emesso a carico della società) grava sul contribuente, in ipotesi di violazione del contraddittorio, l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere nella fase amministrativa. In tali termini si è espressa anche la Corte di Giustizia UE, sez. 5, nella sentenza del 3 luglio 2014, in causa C-129/13 e C-130/13, Kamino, affermando che “Il giudice nazionale, avendo l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”.

6. Orbene, nel caso di specie non risulta la sussistenza di tale circostanza, come non risulta dedotto alcunchè al riguardo dai contribuenti (società e soci), del tutto inadempienti all’onere “di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato” (in tal senso Cass. Sez. U. citate; sulla questione della c.d. prova di resistenza e del suo esito negativo, cfr., ex multis, Cass. n. 1969, n. 3408 del 2017, n.3142 del 2014, n.13588 del 2014 la quale, peraltro, richiama sul punto il tenore testuale della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18184 del 2013).

7. Nel caso qui vagliato neppure è ravvisabile la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, che prevede espressamente la nullità dell’avviso di accertamento emesso ante tenous, ovvero prima del decorso del termine di sessanta giorni previsto dalla citata disposizione, applicabile “esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente”, com’è pacificamente avvenuto nel caso in esame, ed “indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (cfr.: Cass. 15010/14, 9424/14, 5374/14, 2593/14, 20770/13, 10381/11)” (Cass. cit., 5, 4, p. 1). Infatti, dalla documentazione allegata al ricorso risulta che l’avviso di accertamento a carico della società e quelli a carico dei soci vennero emessi rispettivamente in data 6 e 15/12/2014, e quindi ben oltre il termine dilatorio di sessanta giorni decorrente dal 08/07/2014, data di notifica del p.v.c. redatto dalla G.d.F. a conclusione delle verifica fiscale condotta nei confronti della società controricorrente.

8. Alla stregua delle complessive considerazioni svolte, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

dichiara inammissibili il controricorso e la memoria depositata dai controricorrenti; accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472