LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16136-2017 proposto da:
M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AVEZZANA 3, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE DI MATTIA, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELANGELO MUCCIACCIO;
– ricorrente –
contro
AZIENDA OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA DI BOLOGNA *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 67, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO IMPRODA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1058/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 10/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
RILEVATO IN FATTO
Che:
1. Nel 2007, M.S. conveniva in giudizio l’Ospedale ***** per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti a causa del ritardo nel quale erano incorsi i Sanitari nel praticargli un trapianto cutaneo, che consentisse la guarigione di una lesione cutanea riportata al piede destro. Parte attrice assumeva che, feritosi accidentalmente, si rivolgeva alla struttura ospedaliera convenuta, che gli prestava vanamente cure ambulatoriali per circa un anno, per poi indirizzarlo al reparto di chirurgia plastica, al fine di effettuare un innesto cutaneo, che tuttavia si rilevava inutile a causa dell’eccessivo ritardo nella terapia.
Dunque, il M. si rivolgeva al policlinico di *****, al fine di esperire nuove e differenti cure, senza esito, essendo la sede della lesione necrotica e non più vascolarizzata a causa delle terapie effettuate presso l’Ospedale di *****. Parte convenuta si costituiva contestando la fondatezza nel merito delle domande, ed assumendo che la mancata guarigione del M. fosse da attribuirsi alle particolari condizioni di salute del paziente, tra cui l’obesità, nonchè alla sua mancata collaborazione.
Il Tribunale di Bologna, con sentenza parziale non definitiva 711/2012, affermava la responsabilità dell’Azienda Ospedaliera convenuta, ritenendo sussistente il nesso causale tra il ritardo nella prestazione delle cure adeguate ed il danno lamentato dal M.. Il Giudice si discostava dai risultati della CTU, con la quale si escludeva la rilevanza eziologica del comportamento dei sanitari sui postumi invalidanti lamentati dall’attore, essendo fatto notorio che nella cura delle lesioni assume una rilevanza determinante la tempestività della terapia. In seguito a nuova CTU, che stimava l’entità del danno biologico nella misura del 12%, veniva emessa sentenza definitiva 21296/2013, che quantificava il danno in Euro 67.464,29.
2. L’Ospedale ***** proponeva appello, lamentando l’errore del Tribunale nel disattendere le risultanze della CTU che escludevano il rapporto causale tra la mancata tempestività dell’intervento ed i danni riportati dall’appellato. Quest’ultimo si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell’impugnazione e formulando appello incidentale, con cui lamentava l’errore del Tribunale nel rigettare la domanda di risarcimento del danno patrimoniale per perdita di qualsiasi opportunità di lavoro.
Con sentenza 1058, del 10/05/2017, la Corte d’Appello di Bologna accoglieva l’impugnazione, condividendo le risultanze delle CTU esperite in primo grado, che escludevano il nesso causale tra il ritardo delle cure prestate dall’Ospedale ***** e i postumi invalidanti del M., essendo dimostrata l’assenza di elementi che consentissero di affermare che un’anticipazione del passaggio dall’area dermatologica all’area chirurgica avrebbe condotto ad una pari anticipazione dell’innesto cutaneo.
3. M.S. propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo.
3.1. L’azienda ospedaliera ***** resiste con controricorso.
4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Che:
5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.
6. Con l’unico motivo di ricorso formulato, parte ricorrente lamenta l’errore della Corte nell’aver accolto le risultanze delle CTU esperite in primo grado, malgrado le critiche mosse dalla CTP dell’appellato, sottraendosi, così, al dovere di indicare i dati obiettivi sui quali ha ritenuto fondare il proprio convincimento. In tal senso, la sentenza di seconde cure si ritiene altresì nulla in quanto contrastante con il principio del giusto processo.
Il motivo è inammissibile.
Il giudice del merito con un accertamento di fatto ha escluso la responsabilità della struttura Ospedaliera. Inoltre la sentenza della C.A. a pag. 8 si confronta con le osservazioni fatte al Ctu (non vi sono riferimenti ed evidenze scientifiche (…)). Tra l’altro il ricorrente in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 nemmeno riporta le osservazioni fatte dal Ctp al Cm.
Il motivo, comunque, è altresì inammissibile là dove si consideri che la deduzione avente ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie è un profilo attinente alla sufficienza della motivazione, che può essere contestata nei limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come novellato con D.L. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012. Per effetto della novella, il sindacato di legittimità sulla motivazione deve intendersi circoscritto al “minimo costituzionale”, da individuarsi nelle ipotesi di motivazione mancante, apparente, perplessa o incomprensibile, restando così riservata al giudice di merito la valutazione dei fatti e delle risultanze probatorie. La motivazione posta a sostegno del decisum non è carente sotto il profilo argomentativo, e tantomeno può dirsi manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, avendo la Corte territoriale rigorosamente valutato le risultanze probatorie acquisite nel giudizio di prime cure alla luce dei principi giurisprudenziali in materia di responsabilità civile.
Infondata è, poi, la censura con la quale il ricorrente lamenta l’errore della Corte nell’aver deciso esclusivamente sulla scorta della CTU, senza tener conto delle memorie difensive delle parti. Invero, come supra precisato, la valutazione delle prove è attività discrezionale del giudice di merito, che può porre a fondamento della propria decisione una certa risultanza, ritenuta decisiva ai fini della soluzione della controversia, senza essere tenuto necessariamente a confutare tutti gli argomenti difensivi, laddove gli stessi debbano intendersi implicitamente disattesi alla luce del decisum e della motivazione che lo sostiene 7. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018