Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26697 del 22/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA PER CORREZIONE DI ERRORE MATERIALE sul ricorso 21738/2016 proposto da:

COMUNE DI TRIESTE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITZA FILIPUZZI, MARIA SERENA GIRALDI;

– ricorrente –

contro

SOS CAR SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 13211/2016 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 27/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

PREMESSO

– Con sentenza 27.6.2016 n. 13211 questa Corte statuendo sul ricorso per cassazione proposto da SOS Car s.r.l. avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 412/2012 e nei confronti del Comune di Trieste, controricorrente, rigettava il ricorso, condannando il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, e dichiarando, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, “la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della contro ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il controricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis” – che il Comune di Trieste ha proposto ricorso per correzione di errore materiale, ritualmente notificato in data 20.9.2016 a SOS Car s.r.l. presso il procuratore domiciliatario, avv. Matteo Del Vescovo, rilevando che in considerazione della piena soccombenza di SOS Car s.r.l., condannata alle spese del giudizio di cassazione, errata doveva ritenersi la statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza di legittimità laddove accertava la sussistenza dell’obbligo di pagamento del doppio dell’importo del contributo unificato a carico della parte controricorrente anzichè della parte ricorrente.

RITENUTO

– che il ricorso è fondato. La procedura di correzione dell’errore materiale, prevista dall’art. 391-bis c.p.c., anche per le sentenze pronunciate dalla Corte di cassazione, va tenuta distinta dalla revocazione per errore di fatto, in quanto la prima suppone l’esattezza della decisione giudiziale, nonostante l’erroneità dei dati indicati, mentre la seconda presuppone l’erroneità del “decisum” derivante da una errata percezione delle risultanze di fatto da parte del giudice (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 5165 del 12/03/2004; id. Sez. 3, Ordinanza n. 14799 del 02/08/2004; id. Sez. 1, Ordinanza n. 12962 del 24/07/2012).

Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto:

Se l’errore è intrinseco al contenuto della sentenza e risolvibile all’interno del testo del documento, ossia: 1 – emerge obiettivamente dal confronto tra le parti della sentenza; 2 – non evidenzia un “fatto contraddittorio” risolvibile solo attraverso una verifica “ab externo” sugli altri atti processuali o documenti acquisiti al giudizio, ma è invece emendabile nel senso che non sussiste alcuna incertezza o dubbio su quale sia la soluzione corretta, allora si è in presenza di una mera svista od errore materiale oggetto di correzione.

Se, invece, la discrasia oggettivamente rilevata tra le statuizioni non è risolvibile in base al semplice controllo testuale del contenuto della sentenza ma richiede il necessario accesso ad atti o documenti esterni, si avrà allora non una mera difformità materiale nella redazione del testo materiale, ma un errore di percezione su di un fatto che deve essere fatto valere attraverso il mezzo di impugnazione della revocazione.

Orbene nella specie, non vi è errore ricadente sulla attività di giudizio, non venendo in questione la interpretazione di norme, e neppure vi è errore su accertamento in fatto rilevante ai fini della sussunzione della fattispecie concreta nella norma di diritto di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non emergendo dalla sentenza alcun dubbio in ordine alla individuazione della parte soccombente, sicchè non può che essere imputata ad errore materiale correggibile la palese discrasia, evidenziata direttamente dal testo della sentenza, nell’invertire la parte ricorrente, soccombente – e quindi tenuta ex lege al pagamento del doppio dell’importo del contributo unificato – con la parte controricorrente (analogamente all’errore materiale incorso nell’invertire la indicazione della parte condannata alle spese di lite: Corte cass. Sez. U, Ordinanza n. 9438 del 27/06/2002; Sez. 3, Ordinanza n. 10203 del 04/05/2009), in tal senso dovendo provvedersi alla correzione del dispositivo della sentenza;

– non deve farsi luogo a liquidazione di spese di lite, stante la natura di procedimento di giurisdizione volontaria non contenziosa (cfr. Corte Sez. U, Ordinanza n. 9438 del 27/06/2002; id. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 14 del 04/01/2016).

P.Q.M.

– accoglie il ricorso e dispone la correzione della sentenza della Corte cassazione sezione terza civile in data 27.6.2016 n. 13211, dovendo intendersi sostituite, nel dispositivo, alle parole “da parte della contro ricorrente” le seguente parole: “da parte della ricorrente”, ed alla parola “controricorso”, la parola “ricorso”.

Dispone l’annotazione della presente ordinanza sull’originale del provvedimento ai sensi dell’art. 288 c.p.c., comma 1.

Così deciso in Roma, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2018

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