Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.26714 del 23/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13344/2016 proposto da:

C.A., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO ONETO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CA.IV.; UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore ad negotia e legale rappresentante Dott.ssa G.G., PO.MI., PO.GA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SALARIA 292, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANO GIORGI giuste procure in calce al controricorso;

PROVINCIA GROSSETO, in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V. CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato SVEVA BERNARDINI, rappresentata e difesa dall’avvocato CRISTINA FORMICONI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

P.M., P.P., CARIGE ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 18/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/05/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

RILEVATO

che:

con ricorso ai sensi della L. n. 102 del 2006, art. 3, P.P. e P.M. evocavano in giudizio, davanti al Tribunale di Grosseto, C.A. e Carige Ass.ni S.p.A. per sentirli condannare, in solido, al risarcimento del danno non patrimoniale, sia iure proprio che iure hereditatis, subito a seguito di incidente stradale verificatosi il ***** che costò la vita a B.I.. Si costituivano i convenuti contestando la domanda e C. proponeva domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno morale iure proprio subito a seguito della morte del fratello C.K., deceduto in occasione del sinistro. In particolare, sosteneva che l’incidente si era verificato per responsabilità concorrente dei conducenti di tutti i veicoli coinvolti, aggiungendo che la responsabilità prevalente doveva essere addebitata al conducente del furgone Peugeot, V.C. e che ricorreva anche la responsabilità della Provincia di Grosseto, proprietaria della strada, in considerazione della pericolosità della segnaletica esistente. Chiedeva, pertanto, la condanna in solido della società F.lli B., della Milano Ass.ni, di Carige Ass.ni e di UGF, oltre che di Po.Fe. e della Provincia di Grosseto, al risarcimento del danno subito per la morte del fratello ed, in via subordinata, la condanna di tutte le parti convenute al risarcimento del danno liquidato;

si costituivano in giudizio UGF, successivamente Unipol Sai Ass.ni S.p.A, PO.Mi. e PO.GA. e CA.IV., nella qualità di eredi di Po.Fe., la società F.lli B.A. e B.D. snc (già F.lli Ba.An., I. & C SNC), la società Milano Ass.ni e la Provincia di Grosseto, contestando le domande proposte. Gli assicuratori e gli eredi di Po. eccepivano, altresì, l’improcedibilità delle domande formulate da C. mancando la preventiva richiesta di risarcimento ai sensi dell’art. 145 Codice delle Ass.ni;

il Tribunale di Grosseto, all’udienza del 1 giugno 2010 decideva ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. e definitivamente pronunziando, dichiarava improcedibili le domande proposte da C. nei confronti dei P., dei Po. e della Ca., nonchè nei confronti degli assicuratori UGF e Milano, oltre che della S.n.c. F.lli B., mentre il giudizio proseguiva tra P., C., Carige Ass.ni e Provincia di Grosseto, come da separata ordinanza emessa alla medesima udienza;

il Tribunale di Grosseto, all’udienza del 18 novembre 2014 pronunziava sentenza ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., con la quale, non definitivamente pronunziando, condannava C., in solido con la Carige Ass.ni a corrispondere in favore di P.P. e P.M., l’importo di Euro 20.922,25 ciascuno, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis e del danno patrimoniale, rinviando all’ulteriore prosecuzione del giudizio la decisione in ordine al risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio. Definitivamente pronunziando, respingeva la domanda di risarcimento proposta da C. nei confronti della Provincia di Grosseto, con condanna al pagamento delle spese di lite;

con atto di appello C. impugnava la decisione del 18 novembre 2014, sia nei confronti degli appellati P., della società Carige Ass.ni e della Provincia di Grosseto, sia nei confronti di Unipol Ass.ni S.p.A. (già UGF Ass.ni S.p.A.), e degli eredi Po. e Ca., nonchè della S.n.c. fratelli B. e della società Milano Ass.ni, chiedendo, tra l’altro, di dichiarare la concorrente responsabilità di B.I., della s.n.t. fratelli B. e della Milano Ass.ni S.p.A., oltre alla corresponsabilità della Provincia di Grosseto in concorso con Po.Fe.. Si costituivano in giudizio UnipolSai Ass.ni S.p.A, gli appellati Po. e Ca. i quali eccepivano l’inammissibilità del gravame, posto che le parti del giudizio erano esclusivamente gli originari ricorrenti, P., il convenuto C. e la compagnia Carige Ass.ni S.p.A, oltre al terzo chiamato, Provincia di Grosseto. Carige Ass.ni proponeva appello incidentale;

con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., del 18 novembre 2015 la Corte d’Appello di Firenze dichiarava inammissibile, sia l’appello principale, che quello incidentale proposti rispettivamente da C.A. e Carige Ass.ni S.p.A.;

dall’esame della sentenza di primo grado (e non dal ricorso) si apprende che il sinistro per cui è causa era avvenuto per colpa anche di Ce.Kl., il quale non aveva rispettato la distanza di sicurezza dal mezzo che lo precedeva, condotto da V. e per questo motivo, non riuscendo ad arrestare in tempo la marcia, quando il veicolo che lo precedeva era in fase di frenata, aveva invaso la corsia opposta sulla quale sopraggiungeva il congiunto degli attori, B.I.. Il concorso di colpa anche di V. non rilevava, secondo il Tribunale, perchè tale soggetto non era più parte del giudizio in quanto la domanda proposta nei suoi confronti da C. era stata dichiarata improcedibile con sentenza non impugnata. Il giudice di appello, con ordinanza ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. , osservava che l’impugnazione proposta nei confronti dei soggetti estromessi con la sentenza n. 408 del 2010 passata in giudicato cioè Unipol Ass.ni S.p.A. (già Milano Ass.ni S.p.A.), Unipol Sai Ass.ni S.p.A. (già UGF S.p.A.) Po.Mi. e PO.GA., CA.IV., quali eredi di Po.Fe. e la S.n.c. fratelli B. è inammissibile. Mentre l’impugnazione proposta nei confronti della Provincia di Grosseto non ha alcuna probabilità di essere accolta in mancanza del nesso causale tra la condizione della segnaletica e l’incidente, oltre che per la genericità delle censure relative alla misura del risarcimento e per l’infondatezza delle doglianze relative alla quantificazione del danno;

avverso, sia la sentenza del Tribunale di Grosseto del 18 novembre 2014, che dell’ordinanza della Corte d’Appello di Firenze del 18 novembre 2015, propone ricorso per cassazione C.A. affidandosi a due motivi. Resistono con separati controricorsi da un lato Po.Mi. e PO.GA., CA.IV. (nella qualità in atti) e UnipolSai Ass.ni S.p.A. e dall’altro la Provincia di Grosseto.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo deduce la violazione, ai sensi dell’artt. 360 c.p.c., n. 3 e art. 324 c.p.c., riguardo alla sussistenza del giudicato sulle eccezioni difensive svolte per contrastare la difesa di controparte per effetto della sentenza parziale n. 408 del 2010, che rigettava la domanda riconvenzionale, nonchè errore di diritto sul fatto che per effetto della citata sentenza la posizione dei chiamati in causa era stata stralciata dal processo. In particolare, rileva il ricorrente che la sentenza di improcedibilità di una domanda riconvenzionale produce effetti soltanto riguardo a tale ultima pretesa e non determina alcuna forma di giudicato. Conseguentemente, la decisione della Corte d’Appello, come pure quella del Tribunale di Grosseto sono errate nella parte in cui si riferiscono ad un preteso giudicato che determinerebbe l’inammissibilità dell’appello proposto da C.. In particolare, l’errore risiederebbe nella qualificazione della pretesa, erroneamente ritenuta domanda riconvenzionale e non eccezione riconvenzionale con la quale il convenuto, odierno ricorrente, si era limitato a svolgere delle difese tese a paralizzare la domanda dell’attore. Dalle sentenze parziali non emergerebbe alcuna preclusione che impedisca al ricorrente di svolgere una richiesta con carattere difensivo. In sostanza la circostanza che il sinistro sia stato determinato anche dalla responsabilità di terzi chiamati in causa, non costituisce domanda riconvenzionale. Sotto altro profilo l’ordinanza della Corte territoriale sarebbe errata perchè si riferisce a una sorta di estromissione di alcune parti del giudizio, mentre la sentenza del Tribunale è censurabile perchè non afferma la corresponsabilità dei terzi chiamati per i motivi contenuti nell’atto di appello;

con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa valutazione della consulenza redatta successivamente a quella presa in esame nella sentenza impugnata e che accoglie una diversa ricostruzione della dinamica del sinistro. In particolare, riguardo alla posizione della Provincia di ***** la seconda consulenza affermerebbe che il sinistro si era verificato per la responsabilità di V. che avrebbe eseguito una manovra errata a causa della segnaletica ingannevole;

il ricorso è inammissibile per una pluralità di ragioni. In primo luogo il gravame, che è sostanzialmente indirizzato solo contro l’ordinanza della Corte territoriale, è tardivo. L’ordinanza, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., del 18 novembre 2015, è stata pronunziata in udienza come emerge dal verbale nel quale si dà atto che il collegio “da lettura” dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. e che le parti si sono allontanate. Tale ultima circostanza, ai fini che qui interessano, non rileva. Infatti, l’ordinanza, intendendosi comunicata hic et hinde avrebbe dovuto essere impugnata nel termine di 60 giorni di cui all’art. 348 ter c.p.c. (v. Cass. n. 12780 del 2017 e n. 25119 del 2015, secondo cui, in caso di declaratoria di inammissibilità dell’appello allorchè la relativa ordinanza sia stata pronunziata in udienza, il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, decorre dall’udienza stessa per le parti presenti o che avrebbero dovuto esserlo, secondo la previsione dell’art. 176 c.p.c. e tale termine va identificato in quello “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2). La tardività riguarda anche l’impugnazione della sentenza, atteso che, quando il ricorso investe sia l’ordinanza che la sentenza il termine decorre dalla comunicazione dell’ordinanza, nei casi in cui ciò sia avvenuto (Cass. n. 18827 del 2015). Sotto altro profilo va rilevato che nell’impugnare l’ordinanza, parte ricorrente svolge motivi che esulano da quelli assai limitati individuati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 1914 del 2016) e ciò oltre alla circostanza che, nella esposizione del fatto, difetta l’individuazione dei motivi di appello, necessaria a pena di inammissibilità (Cass. n. 8942 del 2014);

il ricorso è, altresì, inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, poichè dall’esame dell’atto di impugnazione non è dato comprendere la dinamica del sinistro, il ruolo dei diversi protagonisti, in particolare, il rapporto che lega B. ai P. (si parla, a pag. 2 genericamente di congiunto), tra quali veicoli si è verificato il sinistro, chi erano i proprietari, quali erano le compagnie di assicurazione dei rispettivi veicoli; il ricorrente accenna soltanto alla condotta di singoli protagonisti, ma non alla dinamica complessiva. Così, nel riportare le conclusioni degli attori, P.P. e P.M. (pag. 2), non vi è alcun riferimento alle condotte di giuda, alle ragioni della pretesa, allo specifico rapporto con il soggetto deceduto, non si comprende chi sono gli eredi di Po.Fe., se questi era uno dei soggetti coinvolti nel sinistro, uno dei responsabili e che ruolo ricopriva la società F.lli B., chi è assicurato con Unipol ecc.. C’è un rinvio, assolutamente privo di autosufficienza, alla comparsa di costituzione e alle conclusioni di C., senza trascrizione delle parti rilevanti;

anche per le doglianze relative alla sentenza del Tribunale di Grosseto, relative all’errata qualificazione della pretesa di C. come domanda riconvenzionale e non come eccezione riconvenzionale, vi è violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè non viene trascritto, allegato o comunque localizzato l’atto relativo alla dedotta domanda;

in ogni caso dal contenuto della sentenza di primo grado si evince che l’odierno ricorrente aveva proposto due domande: la prima tesa ad ottenere la condanna dei ricorrenti, di UGF Ass.ni, di Milano Ass.ni, di Po.Ga. e PO.MI. e CA.IV., oltre che della Provincia di Grosseto al risarcimento del danno iure proprio sofferto seguito del sinistro e, una seconda, finalizzata, in caso di accoglimento delle domande di parte ricorrente ( P.), ad ottenere la condanna anche dei terzi chiamati al risarcimento dei danni liquidati dal giudice. Appare pertanto evidente che non ricorre l’ipotesi di eccezione riconvenzionale, che sussiste quando il convenuto opponga al diritto fatto valere dall’attore un proprio diritto, al fine di paralizzarlo. In sostanza, la deduzione è finalizzata alla reiezione della domanda attorea, attraverso l’opposizione di un altro diritto idoneo a paralizzarla. E’ evidente che tale ipotesi è estranea alla fattispecie in oggetto;

è, altresì, inammissibile per violazione l’art. 366 c.p.c., n. 6, la censura contenuta nella seconda parte del primo motivo, relativa alla decisione del Tribunale di Grosseto che avrebbe escluso la corresponsabilità dei chiamati per non avere esaminato le argomentazioni oggetto dei motivi di appello. Appare evidente l’inadeguatezza di tale riferimento ai fini dell’autosufficienza poichè si censura in maniera inammissibile l’ordinanza della Corte d’Appello di Firenze, mentre l’unico profilo rilevante è il ricorso avverso la sentenza del Tribunale, che certamente non può essere censurata per non aver preso in esame le argomentazioni oggetto dei motivi di appello, cioè di un’attività difensiva successiva al deposito della sentenza impugnata;

neppure è fondata la deduzione della ricorrente secondo cui la sentenza del Tribunale di Grosseto avrebbe respinto la pretesa del C., fatta valere in via riconvenzionale, soltanto nei confronti dei ricorrenti. Al contrario, il Tribunale ha dichiarato improcedibile la domanda riconvenzionale, nonchè la domanda proposta dallo stesso C. nei confronti degli eredi di Po.Fe. e della compagnia UGF Ass.ni, con ciò esaminando entrambe le pretese azionate. Tale decisione non è stata impugnata;

quanto al secondo motivo le doglianze sono inammissibili per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non avendo il ricorrente trascritto i passaggi essenziali della consulenza, non essendosi confrontato con la decisione di primo grado e deducendo genericamente la mancata valutazione degli elementi desumibili dalla consulenza di ufficio. In ogni caso, l’elemento non esaminato deve essere decisivo e tale profilo non è neppure dedotto dal ricorrente, anche perchè, ove esaminabile, il profilo evidenziato riguarda l’esistenza di un eventuale concorso di responsabilità del conducente V., ma non è dedotto alcun elemento riguardo alla responsabilità della Provincia di Grosseto in ordine all’adeguatezza o meno della segnaletica stradale;

il motivo è, altresì, inammissibile poichè l’ipotesi prevista all’art. 360 c.p.c., n. 5, non può riferirsi ad un elemento istruttorio (cioè il contenuto della presunta seconda consulenza di ufficio). In ogni caso, si tratta di una mera integrazione della ctu e non di una seconda consulenza, che conferma le conclusioni già rassegnate, evidenziando che il mancato rispetto della distanza di sicurezza da parte del conducente dell’autocarro Ford, C., costituiva la condotta rilevante ai fini della determinazione del sinistro, eventualmente in aggiunta all’inosservanza dell’art. 154 CdS da parte di V.. Rispetto a tale posizione, le deduzioni del ricorrente non si confrontano con la circostanza, evidenziata dalla Corte territoriale, secondo cui la posizione di tale ultimo soggetto è estranea al giudizio e, pertanto, la deduzione relativa alla condotta di guida di costui è irrilevante;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore di ciascuno dei due controricorrenti ( Ca.Iv. ed altri e la Provincia di Grosseto). Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore di ciascuno dei controricorrenti, liquidandole in Euro 4,200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 17 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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