Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26732 del 23/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19508/2016 proposto da:

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., CF. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIEMONTE n. 39, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE VARI’, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, Via GERMANICO n. 107, presso lo studio dell’avvocato LORENZO BORRE’, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 350/9/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, depositata il 26/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

La CTR del Lazio, con sentenza n. 350/9/2016, depositata il 26 gennaio 2016, non notificata, rigettò l’appello proposto da Equitalia Sud S.p.A. nei confronti del sig. C.G. avverso la sentenza della CTP di Roma, la quale aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso intimazione di pagamento per IRPEF, ILOR ed IVA per l’anno 1997, con il quale egli aveva eccepito la nullità della notifica della prodromica cartella di pagamento.

Avverso la pronuncia della CTR Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., incorporante per fusione Equitalia Sud S.p.A., ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

Il contribuente resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria adesiva alla proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c., conforme a precedente di questa Corte reso inter partes.

1. Con l’unico motivo l’agente della riscossione censura l’impugnata sentenza per “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 60” (recte D.P.R. n. 602 del 1973, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60), “art. 140 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, deducendo l’erroneità in diritto della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la nullità della notifica della cartella di pagamento in ragione del fatto che la notifica della cartella, risalente all’anno 2004, era avvenuta con le modalità previste dalla legge (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26) a quel tempo vigente, senza che potesse trovare quindi applicazione la sentenza della Corte costituzionale 22 novembre 2012, n. 258, che, come è noto, ne dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’originario terzo comma nella parte in cui stabilisce che “la notificazione della cartella di pagamento, nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c., si effettua con le modalità stabilite dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60”, anzichè “nei casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non via sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario”.

1.1. Osserva al riguardo parte ricorrente che, essendo intervenuta la notifica nei termini in cui era disciplinata dalla legge all’epoca vigente, non essendo stata impugnata la cartella nel termine previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, ci si troverebbe di fronte ad un rapporto esaurito, ciò impedendo l’applicabilità nella fattispecie della pronuncia, pur certamente operante con effetto retroattivo, della Corte costituzionale.

1.2. Il motivo è inammissibile, secondo quanto da ultimo chiarito da Cass. sez. unite 21 marzo 2017, n. 7155, ponendosi in contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte che ritiene ammissibile la deduzione della nullità della notifica di un atto alla stregua di intervenuta pronuncia d’illegittimità costituzionale pur in sede d’impugnazione dell’atto successivo (cfr., ad esempio, Cass. sez. 5, 4 dicembre 2013, n. 27154 e Cass. sez 5, 20 maggio 2009, n. 11759, in tema di notifica a contribuente iscritto all’AIRE, avvenuta presso il domicilio fiscale dello stesso, prima della pronuncia della Corte cost. 7 novembre 2007, n. 366; segnatamente, in caso di notifica di cartella di pagamento nei casi di irreperibilità relativa, come quello oggetto del presente giudizio, a seguito della citata Corte cost. n. 258/2012, Cass. sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25079, che chiarisce che è necessario, ai fini del perfezionamento della notifica, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, ivi incluso l’inoltro al destinatario della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendo sufficiente la sola spedizione; si veda anche Cass. sez. unite 18 settembre 2014, n. 19668, in relazione a notifica ex art. 140 c.p.c., eseguita anteriormente alla sentenza della Corte costituzionale 11 gennaio 2010, n. 3, laddove ha ritenuto necessaria la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita a compimento delle formalità previste dalla citata norma).

1.3. Orbene, per quanto qui rileva, la sentenza in questa sede impugnata, confermando la pronuncia di primo grado, ha accertato l’omissione, da parte del messo notificatore, dell’affissione di avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione del destinatario, sicchè la notifica, che avrebbe dovuto seguire, stante l’irreperibilità relativa del destinatario, le modalità di cui all’art. 140 c.p.c., non può dirsi validamente eseguita alla stregua della citata Corte cost. n. 258/2012.

Negli stessi termini questa Corte ha già del resto avuto modo di esprimersi in analoga controversia tra le stesse parti (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 25 agosto 2017, n. 20413).

Il ricorso, basato sull’unico motivo dinanzi esaminato, deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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