Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26741 del 23/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17246/2017 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE XXI APRILE 11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO NIORRONI, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIA GABRIELLA MORRONE, LUIGI MORRONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3801/4/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di CATANZARO, depositata il 22/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 3801/4/16 depositata in data 22 dicembre 2016 la Commissione tributaria regionale della Calabria respingeva l’appello proposto da L.G. avverso la sentenza n. 3512/3/15 della Commissione tributaria provinciale di Cosenza che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2007. La CTR osservava in particolare che doveva confermarsi il giudizio di infondatezza dell’eccezione di invalidità dell’atto impositivo impugnato per difetto di qualifica dirigenziale del funzionario sottoscrittore ed altresì il giudizio meritale della CTP in ordine all’inadeguatezza delle “schede carburanti” ai fini della contestata deduzione di costi/detrazione IVA oggetto delle pretese fiscali de quibus.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo tre motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., poichè la CTR ha omesso di esaminare i motivi di gravame ulteriori (mancanza di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; violazione di Circolare ministeriale sull’ esonero di redazione delle “schede carburanti” in caso di utilizzo non stradale dei mezzi interessati, violazione dell’art. 109 T.U.I.R., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, violazione dell’art. 53 Cost.) rispetto a quello valutato della completezza delle “schede carburanti”.

La censura è infondata.

Va ribadito che:

– “In considerazione dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d’appello e del principio secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve decidere nel merito, non può essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d’appello” (Sez. 5, Ordinanza n. 1323 del 19/01/2018, Rv. 646894-02);

– “In applicazione dei principi della tassatività delle ipotesi di rimessione di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. e della conversione nei motivi di nullità in motivi di impugnazione (art. 161 c.p.c., comma 1), con la conseguente possibilità per le parti di svolgere ugualmente nel grado superiore le loro difese, il giudice di appello, in caso di prospettata violazione dell’art. 112 c.p.c., nei motivi di gravame, non deve rimettere la causa al giudice di primo grado, nè limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza, ma deve decidere la causa nel merito” (Sez. 2, Sentenza n. 27516 del 30/12/2016, Rv. 642182-01);

– “Non è configurabile il vizio di omessa pronuncia quando una domanda, pur non espressamente esaminata, debba ritenersi – anche con pronuncia implicita – rigettata perchè indissolubilmente avvinta ad altra domanda, che ne costituisce il presupposto e il necessario antecedente logico – giuridico, decisa e rigettata dal giudice” (Sez. L, Sentenza n. 17580 del 04/08/2014, Rv. 631894-01; conforme, Sez. 2, Sentenza n. 1539 del 22/01/2018, Rv. 647081-01).

Dando seguito ai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, va quindi rilevato, per un verso che, esercitando correttamente la propria funzione processuale, la CTR calabrese ha deciso la causa nel merito, non essendo la violazione dell’art. 112 c.p.c., causa di rimessione alla CTP; per altro verso che, decidendo nel merito come detto, evidentemente ha implicitamente rigettato le ulteriori argomentazioni in fatto ed in diritto poste alla base della difesa del contribuente avverso le pretese creditorie erariali.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole della violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, poichè la CTR ha rigettato l’eccezione, reiterata con l’appello, di invalidità dell’avviso di accertamento impugnato per carenza di qualifica del funzionario sottoscrittore.

La censura è infondata.

Nel ricorso si precisa che il relativo motivo di gravame riguardava la persistenza/esistenza della “qualifica dirigenziale” del soggetto emittente l’atto impositivo de quo, a seguito della pronuncia di illegittimità costituzionale della normativa relativa al suo incarico (C. cost. sent. 37/2015).

Su tale specifica eccezione/motivo di impugnazione il giudice tributario di appello si è puntualmente espresso, peraltro attenendosi al principio di diritto che “In tema di accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42,commi 1 e 3, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di arca terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002/2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24, convertito nella L. n. 44 del 2012 (Principio affermato ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3)” (Sez. 5, Sentenza n. 22810 del 09/11/2015, Rv. 637349-01).

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, poichè la Commissione tributaria regionale ha confermato il giudizio di inadeguatezza delle “schede carburanti” redatte dal contribuente al fine della deduzione/detrazione dei correlativi costi ed IVA.

La censura è infondata.

Va ribadito:

– in generale, che “In tema di imposte dirette ed IVA, la possibilità di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per l’acquisto di carburanti destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa, è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, rispettino i requisiti di forma e di contenuto richiesti dalla legge e, quindi, siano redatte in conformità al modello allegato al D.P.R. n. 444 del 1997, compresa l’indicazione chilometrica, necessaria a fini antielusivi, non surrogabile da altri documenti” (Sez. 5, Sentenza n. 24409 del 30/11/2016, Rv. 641735-01);

– più in particolare, che “In tema di IRPEG, rientrano nella nozione di “carburante per autotrazione”, di cui è ammessa la deduzione dei relativi costi, previa istituzione delle apposite “schede” indicate nel D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, art. 1, tutti i combustibili destinati ad alimentare i veicoli per i quali il propulsore imprima al mezzo un movimento autonomo, che cioè prescinda da spinte o sollecitazioni esterne, si tratti di macchine circolanti su strada, ovvero di altri veicoli (come muletti, pale meccaniche, carrelli elevatori e trasportatori) che, seppur adoperati all’interno di un’area di cantiere, siano caratterizzati dalla presenza di un motore in grado di far muovere autonomamente il mezzo. (Principio affermato dalla S.C. che, cassando la decisione impugnata e decidendo nel merito, ha dichiarato indeducibili i costi per gli acquisti di carburante e gasolio per i mezzi di cantiere, in difetto di annotazione di tali spese nelle prescritte “schede carburante” non istituite per essi dal contribuente)” (Sez. 5, Sentenza n. 24930 del 25/11/2011, Rv. 620503-01).

La sentenza impugnata è pienamente conforme ad entrambi tali principi di diritto.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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