Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26750 del 23/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19490/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

G.S. e M.S., rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Graziella DI STEFANO ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Marianna Dionigi, n. 57, presso lo studio legale dell’avv. Carlo CARBONE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 728/05/2017 della Commissione tributaria regionale della SICILIA, Sezione staccata di CATANIA, depositata il 01/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. Lucio LUCIOTTI.

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la CTR della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dai contribuenti, residenti in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, avverso il diniego tacito opposto dall’amministrazione finanziaria al rimborso della quota pari al 90 per cento delle imposte IRPEF versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dai predetti contribuenti ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e dal giudice di appello ritenuto ai medesimi spettante sulla scorta dell’interpretazione fornite in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, anche con riferimento ai soggetti che svolgono attività d’impresa.

2. Per la cassazione della sentenza di appello l’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi, il primo dei quali articolato in due diverse censure, cui replicano gli intimati con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale i contro ricorrenti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, nonchè O.P.C.M. 21 dicembre 1990, artt. 1 e 2, sostenendo, con una prima censura, che avevano errato i giudici di appello a ritenere tempestiva l’istanza di rimborso, e, con una seconda censura, che il rimborso non spettava al sostituito ma soltanto al sostituto d’imposta.

2. Le censure sono entrambe infondate. Quanto alla prima, questa Corte già nella citata sentenza n. 18205 del 2016 ha affermato che lo ius superveniens costituito dalla della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, u.p., ha espressamente previsto che “Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248” e cioè dal 1 marzo 2008, cosicchè l’istanza presentata dai contribuenti in data 27/12/2007 è, all’evidenza, tempestiva.

2.1. Va, al riguardo, premesso che nelle more del presente giudizio di legittimità è intervenuta la L. n. 190 del 2014 (c.d. legge di stabilità 2015) che all’art. 1, comma 665, ha espressamente previsto che “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17 e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248” e cioè dal 1 marzo 2008.

2.2. Nel caso di specie è certa la tempestività dell’istanza di rimborso perchè presentata dal ricorrente in data 23 dicembre 2008.

4. E’, invece, fondato il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 e art. 108 TFUE, par. 3, sostenendo che aveva errato la CTR nel ritenere il rimborso spettante anche al contribuente che svolge attività di “impresa” nel senso inteso in ambito unionale, comprendente anche quella libero professionale, nella specie svolta dal G., di professione avvocato.

5. Infatti, si è detto che “In tema di agevolazioni tributarie, il rimborso d’imposta di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1,comma 665, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990, a seguito dell’intervento della Commissione UE con la decisione del 14 agosto 2015, C(2015) 5549, non è applicabile ai soggetti che esplicano attività di “impresa comunitaria”, rispetto alla quale rileva esclusivamente lo svolgimento di attività economica volta a fornire beni o servizi, essendo invece irrilevante l’elemento soggettivo, sia sotto il profilo della qualifica dell’attività (di impresa o professionale, di lavoro autonomo e di esercente attività c.d. protette), sia sotto il profilo della struttura propria del soggetto (persona fisica o ente collettivo, soggetto di diritto privato o pubblico), rilevando esclusivamente lo svolgimento di una attività economica volta a fornire beni o servizi” (Cass. n. 29905 del 2017; conf. Cass. n. 10450 del 2018).

6. Orbene, lo svolgimento di tali attività economiche costituisce, ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, limite all’applicabilità del beneficio in esame. Infatti la Commissione UE, con la decisione del 14/08/2015, C(2015) 5549 final (che il giudice nazionale deve attuare anche mediante disapplicazione di norme contrastanti; conf. Cass., n. 22377/2017 e n. 29905/2017, cit.), ha stabilito all’art. 1 che “Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4,comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni; L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, commi 4-bis e 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni; e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono incompatibili con il mercato interno”.

7. E’ fatta salva l’ipotesi che si tratti di un “aiuto individuale” che “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 dec. cit.), o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’art. 1 regolamento (CE) n. 994/98” (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 – del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontati), “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3 decisione cit.). Secondo la Commissione UE “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)” (par. 134 dec. cit.).

8. Precisato, quindi, che la citata decisione della Commissione UE, impugnata da una società siciliana (T-172/16), è stata confermata dal Tribunale di primo grado UE, con sentenza del 26 gennaio 2018, Centro Clinico e Diagnostico G. B. Mo., deve pervenirsi alla conclusione che, una volta accertato, come nel caso di specie, lo svolgimento da parte del contribuente di un’attività economica (ovvero, di un’attività d’impresa intesa in senso Eurounitaria), l’esclusione dall’agevolazione richiesta è subordinata all’accertamento del giudice di merito dell’applicabilità in concreto del regime c.d. de minimis.

9. Al riguardo va infatti ricordato il principio secondo cui “In tema di aiuto di Stato erogato a un’impresa per calamità naturali, il giudice nazionale è tenuto a verificare se il beneficio individuale sia compatibile con il regolamento “de minimis” applicabile o, in difetto, se ricorrono le condizioni che rendono l’aiuto compatibile con il mercato interno ai sensi dell’art. 107 TFUE, par. 2, lett. b), (e cioè che si tratti di aiuto destinato a compensare i danni causati da calamità naturali). Da ciò deriva che il contribuente che vuole fruire del beneficio deve fornire la prova, per il rispetto del limite del “de minimis”, che l’ammontare totale degli aiuti ottenuti nel periodo di tre anni (decorrente dal momento dell’ottenimento del primo aiuto e comprendente qualsiasi aiuto pubblico, accordato sotto qualsiasi forma) non supera la soglia prevista nel regolamento, ovvero, per l’applicazione dell’ipotesi prevista dall’art. 107 TFUE, par. 2. lett. b), di avere la sede operativa nell’area colpita dalla calamità al momento dell’evento ed anche l’assenza di una sovracompensazione dei danni subiti, scorporando dal pregiudizio accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o derivanti da altre forme di aiuto)” (Cass. n. 10450 del 2018; v. anche Cass. n. 29905/2017, n. 1325/2018 e n. 3070 del 2018).

10. Va peraltro precisato che, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465).

11. Ovviamente l’onere di provare le suddette circostanze incombe al soggetto che invoca il beneficio. Tuttavia, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono l’esibizione, in sede di rinvio, degli ulteriori documenti necessari per l’accertamento di quei fatti che, in precedenza, non erano indispensabili ai fini della decisione, ma che ora costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica dell’UE (Cass. n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.).

12. Si è precisato (Cass. n. 3070 del 2018), che “benchè la Commissione UE abbia espressamente previsto un’eccezione all’obbligo di recupero degli aiuti già erogati, ove sia giustificata dalla scadenza del termine decennale di conservazione dei documenti contabili (par. 150 dec. cit.), tale eccezione va interpretata in maniera restrittiva. Non è, infatti, possibile autorizzare, per analogia, successivamente all’adozione della decisione impugnata, l’erogazione automatica di aiuti dichiarati incompatibili, senza privare di efficacia pratica detta decisione e l’intero sistema di controllo degli aiuti di Stato (Trib. UE, 26/01/2018, Centro Clinico e Diagnostico G.B. Mo., cit., par. 96-97 e par. 98-104). Resta in disparte ogni eventuale futura evoluzione nella disciplina Euro-unitaria, che dovrà essere verificata sempre in sede di giudizio di rinvio (Cass., n. 1325/2018, cit.). Infine, “resta fermo che la riduzione dei tributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali non è applicabile in materia d’IVA, atteso che il riconoscimento del diritto al rimborso proporzionale delle somme già corrisposte, non soddisfacendo il principio di neutralità fiscale e non garantendo la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano, si pone di per se stesso in contrasto col diritto dell’UE, come ha stabilito la Corte di Lussemburgo in causa C-82/14 (Corte giustizia, 15/07/2015, Nuova Invincibile; conf. Cass. sez. trib., 21/04/2017, n. 10084; 16/09/2016, n. 18205; 16/12/2015, n. 25278)”.

13. In estrema sintesi, il ricorso va accolto nei termini sopra enunciati, con cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità ai superiori principi di diritto, osservando la decisione della Commissione UE del 14/08/2015 e le indicazioni della Corte di giustizia del 15/07/2015, tenendo altresì in debita considerazione la posizione della ricorrente M.S., all’epoca dipendete dell’azienda sanitaria provinciale di Ragusa, alla quale invece spetta il rimborso del 90% dell’IRPEF versata in detta qualità, ovviamente con esclusivo riferimento ai tributi alla medesima riferibili.

14. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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