Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26752 del 23/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7794/2014 R.G. proposto da:

TECNO.PAL.CON. S.r.l., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Demetrio Cristofori, con domicilio eletto in Sommariva del Bosco (CN), via Piave 28, presso lo studio del difensore;

– ricorrente-

contro

A.D.L. S.r.l., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’avv. Alberto Corti, con domicilio eletto in Como, via Volta 24, presso lo studio del difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 178, depositata il 29 gennaio 2014;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 maggio 2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco.

RILEVATO IN FATTO

In relazione a un contratto di appalto per l’esecuzione di berlinesi (palificazioni) di sostegno provvisorio delle pareti di scavo, intercorso fra la committente A.D.L. S.r.l. e l’appaltatore Tacno.Pal.Con. S.r.l., la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la committente al pagamento della somma di Euro 10.087,20 e ha negato il diritto dell’appaltatore, attuale ricorrente Tacno.Pal.Con. S.r.l., di pretendere corrispettivi maggiori rispetto a quelli riconosciuti dalla committente.

La corte di merito ha riconosciuto che il contratto prevedeva un corrispettivo globale in relazione a una predefinita quantità del calcestruzzo (spritz-beton), costituendo quindi una variante in corso d’opera non autorizzata l’impiego, da parte dell’appaltatore, di una quantità di calcestruzzo maggiore.

Per la cassazione Tec.Pal.Con. S.r.l. ha proposto ricorso affidato a due motivi.

A.d.L. ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di legge (artt. 1362,1363 e 1366 c.c.), vizio di motivazione e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.

L’offerta dalla Tecno.Pal.Con. S.r.l. non prevedeva un corrispettivo fissato a corpo, ma a misura, con indicazione del prezzo unitario per ogni effettivo metro cubo di spritz-beton impiegato e necessario secondo le regole dell’arte, quale risultante a consuntivo dai documenti di trasporto”.

L’indicazione predefinita del quantum proveniva dal direttore dei lavori, nella mail che illustrava l’offerta alla committente e, pertanto, era priva di contenuto contrattuale.

Il motivo è infondato.

Il quantum del corrispettivo globale considerato dalla corte d’appello non è desunto aliunde, ma è presentato quale elaborazione aritmetica dei dati contrattuali: la quantità prevista di metri cubi per uno spessore di dieci centimetri (27,20 metri cubi) moltiplicata per il prezzo unitario a metro cubo (Euro 375,00).

Ciò posto la corte ha riconosciuto che la realizzazione di un maggiore spessore, tale da richiedere l’impiego di una maggiore quantità di calcestruzzo, costituiva variante in corso d’opera non approvata dalla committente.

Il motivo, pertanto, nonostante la pluralità dei riferimenti contenuti nella rubrica, pone esclusivamente una questione interpretativa, e cioè se la indicazione della quantità costituiva un dato solo indicativo presunto (come sostiene la ricorrente) ovvero un dato predefinito da moltiplicare per il prezzo unitario, in guisa da rendere la maggiore quantità una variante che richiedeva l’autorizzazione del committente, come ha ritenuto la corte d’appello.

In questi termini, però, il motivo si esaurisce nel proporre una diversa interpretazione del contratto sulla base degli stessi dati considerati dal giudice di merito: ciò in cassazione non è consentito (Cass. n. 10891/2016; n. 2465/2015).

Si ricorda che in tema di appalto, il regime probatorio delle variazioni dell’opera muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente; nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto ad substantiam, nel secondo, invece, l’art. 1661 c.c. consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente (Cass. n. 19099/2011; n. 1296/1977).

E’ infondato anche il secondo motivo, che denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.

Invero la ricorrente non deduce alcun omesso esame di fatti storici, principali o secondari (infra), ma denuncia che gli elementi istruttori acquisiti alla causa, qualora valutati, avrebbero giustificato una conclusione diversa, avendo inoltre la corte omesso di considerare le puntuali argomentazioni difensive dell’appaltatore, il quale aveva chiaramente illustrato che il corrispettivo era stato commisurato dai contraenti in base alla quantità del calcestruzzo risultante a consuntivo dai documenti di trasporto.

Ma in relazione a tale censura è sufficiente ricordare che, in base al testo attuale dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, “l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass., S.U., n 8053/2014).

Quanto all’omesso esame delle argomentazione difensiva, già nel vigore del testo precedente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, questa Corte aveva chiarito che per “fatto” deve intendersi non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo, non le argomentazioni esposte dal ricorrente nel giudizio di appello (Cass. n. 2805/2011).

In conclusione il ricorso è rigettato, con addebito di spese.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Dichiara ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472