LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12360/2017 proposto da:
P. SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAIZONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LORENZO MASSAGLI;
– ricorrente –
contro
INTESA SAN PAOLO PROVIS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONARDO BOTTAZZI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 364/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 16/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18/07/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
RITENUTO
che, con ricorso affidato ad un unico motivo, la società P. s.n.c. ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, resa pubblica il 16 febbraio 2017, che ne ha rigettato il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città che, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c., ritenuta rituale la notificazione del ricorso e dichiarata la contumacia di essa convenuta P. s.n.c., aveva accolto la domanda di Intesa San Paolo Provis S.p.A. di risoluzione per inadempimento del contratto di leasing stipulato tra le parti;
che la Corte territoriale osservava che: 1) la relata di notifica e il piego da notificare indicavano l’esatto indirizzo della società destinataria; 2) era del tutto irrilevante che l’avviso di ricevimento indicasse come destinatario ” P. di P.M.” e come indirizzo quello della s.n.c. in quanto si trattava di una mera irregolarità inidonea a invalidare il procedimento notificatorio;
che resiste con controricorso Intesa San Paolo Provis S.p.A.;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
CONSIDERATO
che, con un unico mezzo, è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 4 e art. 3, comma 3, nonchè dell’art. 160 c.p.c., per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto la validità della notificazione nonostante la mancata indicazione sull’avviso di ricevimento dell’indirizzo del destinatario e dell’esatta denominazione della società convenuta;
che il motivo è inammissibile, in quanto veicolato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che impone, a pena di inammissibilità, non solo di dare contezza del contenuto (trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso) degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso, ma anche l’adempimento dell’obbligo, di c.d. localizzazione processuale, della specifica indicazione della fase di giudizio e in quale fascicolo di parte essi si trovino (dal ricorrente non affatto assolto), dovendo risultare quanto meno da un’elencazione contenuta nell’atto e non essendo a tal fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte (tra le tante, Cass. n. 29279/2008, Cass. n. 19048/2016, Cass. n. 23452/2017);
che la riscontrata violazione processuale è tanto più significativa nella specie, alla luce del principio di diritto – cui è ispirata la sentenza impugnata in questa sede – per cui, ai fini della validità della notifica ex art. 160 c.p.c., per stabilire se vi sia, o meno, incertezza assoluta sulla persona del destinatario, non è sufficiente limitarsi all’esame della relata, occorrendo, invece, verificare l’intero contesto dell’atto, a partire dalla sua intestazione, in quanto in qualsiasi parte dello stesso può trovarsi l’indicazione idonea a colmare le lacune riscontrate e, in particolare, l’omessa indicazione, nella suddetta relazione, del nominativo e del luogo di effettuata notifica (Cass. n. 1985/2017);
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 18 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018