LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13551/2017 proposto da:
G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DIEGO GERACI;
– ricorrente –
Contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA già FONDIARIA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUGLIELMO MENGARINI 88, presso lo studio dell’avvocato CARLA SILVESTRI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’, L.C.C., C.C., C.G.M., C.P., C.S., C.A., C.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1859/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 09/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18/07/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
RITENUTO
che, con ricorso affidato a due motivi, G.S. ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Catania, resa pubblica in data 9 dicembre 2016, che ne ha rigettato il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città che, a sua volta, aveva respinto la domanda, avanzata dal G. nei confronti della RAS S.p.A. (poi Fondiaria Ass.ni S.p.A.) quale impresa designata dal F.G.V.S., di risarcimento dei danni asseritamente patiti in conseguenza di sinistro stradale da addebitarsi a responsabilità di veicolo non identificato;
che la Corte territoriale osservava: 1) che dal rapporto dei vigili urbani si evinceva che la condotta di guida del G. era stata “gravemente imprudente”, avendo avuto autonoma ed esclusiva causa della produzione del sinistro; 2) che le dichiarazioni rese dai testi Ch. e L. nell’immediatezza dei fatti escludevano la presenza di un veicolo che, invadendo la corsia di marcia percorsa dal G., lo costringeva a sterzare andando in testacoda e ad invadere la corsia di marcia opposta; 3) che la diversa versione del teste T. non era plausibile ed anche nella sentenza penale che assolveva ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, il G. e lo stesso T., la deposizione di quest’ultimo palesava “plausibili sospetti di falsità”;
che resiste con controricorso la Unipol Sai Assicurazioni S.p.A. (già Fondiaria SAI S.p.A.);
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
CONSIDERATO
che:
a) con i due articolati, ma indistinti, motivi viene denunciata l’erronea interpretazione dell’art. 345 c.p.c. e violazione/falsa applicazione di norme di diritto in ordine all’ammissibilità dei mezzi istruttori, nonchè omesso esame circa “più fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di esame tra le parti”. La Corte territoriale avrebbe errato nel dichiarare inammissibile la produzione documentale e istruttoria di parte appellante (rapporto dei vigili del fuoco e atti del procedimento penale) in quanto essa avrebbe dovuto svolgere preventivamente un giudizio di indispensabilità sull’acquisizione dei documenti, i quali erano decisivi anche al fine di fondare un giudizio di attendibilità del teste T.. Al contempo, il giudice di secondo grado avrebbe omesso l’esame di detta documentazione e, segnatamente, del rapporto dei Vigili del Fuoco, in antitesi rispetto al rapporto dei Vigili Urbani di Catania;
b) i motivi sono inammissibili.
Anche a prescindere dalla esposizione confusa e indistinta delle censure, incoerente rispetto al paradigma di un giudizio a critica vincolata quale è quello di legittimità, il ricorso è confezionato in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che impone, a pena di inammissibilità, non solo di dare contezza del contenuto (trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso) degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso (rapporto dei vigili del fuoco; atti del procedimento penale; atti processuali relativi alle richieste di ammissione probatoria; verbali di assunzione delle prove testimoniali: tanto da renderne pienamente intelligibili i rispettivi contenuti), ma anche l’adempimento dell’obbligo, di c.d. localizzazione processuale (da non confondersi con quello di produzione di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4), della specifica indicazione della fase di giudizio e in quale fascicolo di parte essi si trovino (dal ricorrente non affatto assolto), dovendo risultare quanto meno da un’elencazione contenuta nell’atto e non essendo a tal fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte (tra le tante, Cass. n. 29279/2008, Cass. n. 19048/2016, Cass. n. 23452/2017).
La riscontrata violazione processuale è tanto più significativa nella specie in quanto la Corte territoriale, lungi dal non acquisire ed omettere di esaminare il documento relativo all’intervento dei vigili del fuoco (con conseguente incongruente doglianza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, alla luce di Cass., S.U., n. 8053/2014) e dal rigettare le istanze di acquisizione documentale di parte appellante, trae aliunde il convincimento sull’inattendibilità del teste T. e sulla responsabilità del G.;
che la memoria di parte ricorrente, là dove non inammissibile per essere integrativa e/o emendativa delle originarie ragioni di censura, non fornisce argomenti idonei a scalfire i rilievi che precedono;
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 18 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018