Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26780 del 23/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20994 – 2014 R.G. proposto da:

IMMOBILIARE NORD s.r.l. in liquidazione, – p.i.v.a. ***** – in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via dei Banchi Vecchi, n. 58, presso lo studio dell’avvocato Massimo Frattali Clementi che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G., – c.f. ***** – titolare dell'”Azienda Agricola D.G.” (p.i.v.a. *****) – elettivamente domiciliata in Roma, alla via Monte Zebio, n. 9/11, presso lo studio dell’avvocato Giorgio De Arcangelis che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Cristina Vicario la rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della corte d’appello di Trieste n. 656 dei 2/31.7.2013;

udita la relazione nella camera di consiglio del 26 giugno 2018 del consigliere dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO Con atto in data 15.5.2006 D.G., titolare dell’omonima azienda agricola, citava a comparire innanzi al tribunale di Udine la “Immobiliare Nord” s.r.l..

Chiedeva accertarsi e dichiararsi l’intervenuto acquisto da parte sua ed in danno della convenuta, per usucapione, della proprietà esclusiva del terreno in Udine, in catasto terreni al foglio *****, particella n. 903.

Si costituiva la “Immobiliare Nord” s.r.l..

Instava per il rigetto dell’avversa domanda.

Assunta la prova per testimoni, espletata la c.t.u., acquisito il supplemento alla relazione di consulenza, con sentenza n. 1685/2010 l’adito tribunale rigettava la domanda dell’attrice e compensava integralmente le spese di lite.

Proponeva appello D.G..

Resisteva la “Immobiliare Nord” s.r.l.; esperiva appello incidentale.

Con sentenza n. 656 dei 2/31.7.2013 la corte d’appello di Trieste accoglieva il gravame principale e, per l’effetto, dichiarava l’appellante principale proprietaria esclusiva, per intervenuta usucapione, del terreno in Udine, in catasto terreni al foglio *****, particella n. 903, così come individuato nella relazione di c.t.u., autorizzava la trascrizione della sentenza e condannava l’appellata s.r.l. alle spese del doppio grado.

Esplicitava la corte che le dichiarazioni testimoniali inducevano concordemente a ritenere che dal 1980 in poi (ma anche dalla data del 1985/1986 in poi) sino a quella di instaurazione del (…) giudizio dapprima il padre e poi l'(…) appellante (avevano) esercitato diritti dominicali relativi e connessi al terreno di cui è causa e il potere di fatto esercitato non (era) stato scalfito da alcun atto interruttivo” (così sentenza d’appello, pagg. 10 – 11); che tali non erano i contratti di comodato privi di data certa, come tali non opponibili all’appellante.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Immobiliare Nord” s.r.l. in liquidazione; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

D.G. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

La controricorrente ha depositato memoria.

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1158 e 2697 c.c..

Deduce che gli esiti istruttori sono largamente insufficienti ed incerti.

Deduce in particolare che le risultanze probatorie non consentono di retrodatare ai primi anni ottanta il dies a quo del possesso ad usucapionem, non consentono il riscontro della continuità ed esclusività del possesso lungo l’arco temporale di venti anni.

Deduce altresì che la corte di merito ha ritenuto in maniera del tutto incongrua che i testi addotti da essa ricorrente fossero da valutare con maggior rigore in quanto suoi dipendenti.

Deduce inoltre che le fatture ex adverso prodotte “non possono costituire principio di prova” (così ricorso, pag. 10).

Deduce infine che ha errato la corte distrettuale a reputare irrilevante la circostanza per cui essa ricorrente ha concesso porzione del terreno in comodato a terzi.

Il motivo di ricorso è destituito di fondamento.

Si premette che l’esperito mezzo di impugnazione è da qualificare in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Occorre tener conto, da un lato, che con la formulata denuncia la s.r.l. ricorrente censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” cui la corte territoriale ha atteso (“esiste un evidente vizio giuridico nella sentenza della Corte d’Appello di Trieste (…) per mancato decorso del termine ventennale (…), per assenza di elementi probatori che comunque attestassero la esclusività e continuità del possesso”: così ricorso, pag. 8; “che la Corte d’Appello abbia ritenuto oggettivamente provata sia l’esclusività che la continuità per vent’anni del possesso esercitato dalla D., in particolare per tutto il corso degli anni ottanta, riteniamo costituisca una forzatura interpretativa (…)”: così ricorso, pag. 12. Si condivide dunque il rilievo della controricorrente secondo cui “i motivi di gravame (…) si limitano a censure di merito”: così controricorso, pag. 8); dall’altro, che è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).

Su tale scorta si rappresenta che l’asserito, gli asseriti vizi motivazionali rilevano, ratione temporis, nei limiti della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (si ribadisce che la sentenza della corte d’appello di Trieste è stata depositata il 31.7.2013) e nei termini enunciati dalle sezioni unite di questa Corte con la pronuncia n. 8053 del 7.4.2014.

In quest’ottica si osserva quanto segue.

Da un canto, che è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” – tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia a sezioni unite testè menzionata, possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte di Trieste ha ancorato il suo dictum.

In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte triestina ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato – siccome si è debitamente anticipato – il proprio iter argomentativo.

Dall’altro, che la corte giuliana ha sicuramente disaminato il fatto storico dalle parti discusso, a carattere decisivo, connotante la res litigiosa ovvero il possesso ad usucapionem di D.G. e prim’ancora del suo dante causa nonchè il periodo d’inizio del possesso ad usucapionem de quo agitur.

In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte d’appello, risulta ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico – formale (la corte di merito ha evidenziato che “i testi dell’appellante hanno concordemente riferito (…). Le deposizioni dei testi di cui sopra sono perfettamente attendibili (…) trattandosi di soggetti terzi aventi conoscenza diretta dei fatti di causa. Tali deposizioni appaiono inoltre coerenti e non smentite dai testi dell’appellata (…)”: così sentenza d’appello, pag. 7).

D’altronde, la s.r.l. ricorrente censura la pretesa distorta ed erronea valutazione delle risultanze di causa (“nella fattispecie non esistono elementi oggettivi per accordare preferenze ai numerosi testimoni dell’una o dell’altra parte. (…) Ma ciò che realmente sconcerta è un passaggio della sentenza di secondo grado che avrebbe accordato la preferenza dei testi della D. in quanto la non visibilità dell’aratura del terreno sarebbe dipesa (…) dall’alternanza delle coltivazioni”: così ricorso, pag. 6; “per quanto riguarda poi il valore probatorio delle numerose fatture prodotte ex adverso (…) non è mai specificato se siano riferibili esclusivamente al terreno oggetto della domanda di usucapione (…)”: così ricorso, pag. 10; “la circostanza che la Immobiliare Nord avesse concesso in comodato parte del terreno a terzi (…), avrebbe dovuto indurre la Corte di merito a maggiore prudenza”: così ricorso, pagg. 11 – 12).

E tuttavia, da un lato, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

E tuttavia, dall’altro, è inammissibile il motivo di ricorso che sollecita la revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e perciò si risolve in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul “fatto”, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (siccome già si riconosceva nel vigore dell’abrogato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1: cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394; Cass. sez. lav. 7.6.2005, n. 11789).

In dipendenza del rigetto del ricorso la s.r.l. ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

Il ricorso è datato 17.7.2014. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della s.r.l. ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, “Immobiliare Nord” s.r.l. in liquidazione, a rimborsare alla controricorrente, D.G., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della s.r.l. ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 26 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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