Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26781 del 23/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18282-2014 proposto da:

M.C.S., S.A., M.A.S., elettivamente domiciliati in MILANO, VIALE MONTE NERO, 63, presso lo studio dell’avvocato LUCCIO PUOPOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO MARRADI;

– ricorrenti –

contro

G.L., rappresentata dall’avvocato ENRICO MARCO CASALI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 25/2014 del TRIBUNALE di PAVIA, depositata il 10/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/06/2018 dal Consigliere ANTONIO ORICCHIO.

RILEVATO

che:

è stata impugnata da S.A. ed altri la sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. n. 25/2014 del Tribunale d Pavia con ricorso fondato su tre ordini di motivi e resistito con controricorso delle parti intimate.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’impugnata sentenza, con “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” rigettava l’appello interposto dalle odierne parti ricorrenti confermando la decisione di primo grado del Giudice di Pace di Pavia.

Tanto sulla scorta della affermata rinuncia, da parte degli appellanti- odierni ricorrenti, dell’unico motivo del gravame proposto relativo alle spese di lite.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Parti ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e l'”omessa motivazione”.

Il motivo non è ammissibile.

Tanto poichè lo stesso è assolutamente generico e sfornito finanche della dovuta specifica indicazione delle norme eventualmente violate e svolge, in sostanza, generiche divagazioni sul tema della necessità della motivazione e dell’adempimento del relativo obbligo.

Più in particolare, ancora, il dedotto vizio di carenza motivazionale non si parametra alla nuova norma (applicabile ratione temporis nella fattispecie) di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1485 e 1489 c.c., art. 63 disp. att. c.c. e art. 1135 c.c.).

Viene, in definitiva, posta la questione della responsabilità solidale tra venditore e compratore ex art. 63 disp. att. c.c..

Il motivo è inammissibile in quanto elude e non coglie la differente ratio su cui è fondata la gravata decisione ovvero la (non confutata) ragione della stessa decisione fondata sulla della intervenuta rinuncia all’unico motivo del gravame proposto in appello e relativo alle spese.

3.- Con il terzo motivo si prospetta l’omessa motivazione in relazione all’art. 2697 c.c..

Il motivo, in quanto infondato, non può essere accolto.

La violazione dell’art. 2697 c.c. “si configura solo nella ipotesi in cui il Giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata, secondo le regole dettate da quella norma, non quando – a seguito di una valutazione delle acquisizioni istruttorie – abbia viceversa ritenuto che la parte onerata abbia o meno assolto tale onere. In tale caso (ed, eventualmente, nella fattispecie in esame) vi è soltanto un erroneo apprezzamento dell’esito – della prova sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5" (Cass. 16 maggio 2007, n. 11216).

Pertanto, ” con la proposizione del ricorso per cassazione il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento dei fatti svolto dai giudici di merito, tratto dall’analisi degli elementi disponibili ed in sè coerente, atteso – per di più – che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità” (Cass. civ., Sez. 6 – Quinta, Sent. 7 aprile 2017, n. 9097).

4.- Il ricorso va, quindi e nel suo complesso, rigettato.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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