Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26792 del 23/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9147/2017 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio dell’avvocato PAOLO IORIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANFRANCO TANDURA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresentata e difende ope legis;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/05/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

RITENUTO IN FATTO

1 La Corte d’appello di Venezia, con Decreto 6 ottobre 2016. ha respinto l’opposizione al contro il decreto con cui era stata respinta la domanda di equa riparazione proposta da G.F. in relazione alla irragionevole durata di un procedimento penale.

Secondo la Corte d’Appello – per quanto interessa – non era stata superata la presunzione di assenza di pregiudizio operante per l’imputato in caso di estinzione del reato per prescrizione, mentre era da considerarsi nuova l’altra questione sollevata col primo motivo di opposizione (applicabilità della presunzione al solo imputato e non anche al responsabile civile, ruolo che pure aveva rivestito nel processo presupposto).

2 Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il G. ha proposto ricorso illustrato da memoria; il Ministero della giustizia resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denunzia la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, rimproverando alla Corte territoriale l’erronea applicazione della presunzione di assenza di pregiudizio, posto che egli, nel processo presupposto, rivestiva anche la posizione di responsabile civile, oltre che di imputato. Osserva che tale questione era stata tempestivamente posta nel ricorso introduttivo e ritiene in ogni caso che per il principio devolutivo operante nel procedimento di opposizione non operavano preclusioni. Rileva in ogni caso di aver dimostrato l’esistenza di un paterna d’animo sia per essere rimasto esposto per tutta la durata del processo alla domanda risarcitoria sia per avere nominato un difensore di fiducia, segno di legittimo interesse a difendersi nel processo.

Il motivo è infondato sotto tutti i profili in cui si articola, anche se si rende necessario correggere la motivazione del provvedimento ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..

Infatti, in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l’opposizione al collegio della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, non è un mezzo d’impugnazione sulla legittimità del decreto monocratico, limitato dai motivi di censura, bensì è lo strumento processuale che attua il contraddittorio sulla fondatezza della domanda indennitaria, senza limitazione di temi (Sez. 6-2, Sentenza n. 20463 del 12/10/2015 Rv. 636596).

Va quindi corretta la motivazione del decreto laddove ha ritenuto la novità nel giudizio di opposizione della prospettazione della doppia veste (di imputato e responsabile civile) ai fini della inapplicabilità della presunzione di assenza di pregiudizio da irragionevole durata di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies.

Tuttavia la censura appare comunque infondata perchè l’assunzione del ruolo di responsabile civile non fa venir meno la qualità di imputato e, conseguentemente, l’operatività della disposizione in esame, come ben osservato dall’Avvocatura Generale nel suo controricorso. Del resto, se il legislatore avesse inteso escludere la presunzione in caso di imputato che sia anche responsabile civile (ipotesi per la verità tutt’altro che infrequente) lo avrebbe previsto all’art. 2, comma 2 sexies, lett. a), mediante la semplice aggiunta salvo che non via stata costituzione di parte civile”.

Quanto alle critiche alle argomentazioni spese dalla Corte d’Appello sul mancato superamento della presunzione di insussistenza del pregiudizio in caso di prescrizione del reato, si tratta di censure che attaccano il percorso argomentativo e quindi vanno dichiarate inammissibili in questa sede, perchè l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella versione applicabile catione tempotis) non prevede più, tra i motivi di ricorso, quelli attinenti alla motivazione.

2 Resta così logicamente superato anche l’esame della questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, nella parte in cui pone un limite alla misura dell’indennizzo, questione che il ricorrente aveva prospettato solo subordinatamente all’accoglimento del motivo.

Il rigetto del ricorso comporta addebito di spese alla parte soccombente.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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