Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.26810 del 23/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6720/2013 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

*****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, DE ROSE EMANUELE, CARLA DALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

M.I., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SANDRA SAPONARO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A. (già CENTRO RISCOSSIONI TRIBUTI CERIT S.P.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 144/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 03/03/2012, R.G.N. 1544/2010.

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Firenze (sentenza del 3.3.2012) ha accolto l’impugnazione di M.I. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede che gli aveva rigettato l’opposizione a cartella esattoriale notificatagli per il pagamento di contributi e sanzioni pretesi dall’Inps in relazione alla sua mancata iscrizione alla gestione commercianti, quale amministratore di una società in accomandita semplice che gestiva la locazione di un immobile, e di conseguenza ha annullato il ruolo esattoriale opposto;

la Corte territoriale ha spiegato che l’obbligo di iscrizione del M. alla predetta gestione era escluso per il fatto che il medesimo aveva svolto attività di sola gestione del canone d’affitto dell’immobile di cui la società della quale era amministratore disponeva, attività, questa, non riconducibile all’esercizio del commercio;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Inps, anche in rappresentanza della società di cartolarizzazione dei crediti Inps (S.C.C.I.), con un solo motivo, cui ha resistito M.I. con controricorso, illustrato da memoria, mentre è rimasta solo intimata la società Equitalia Centro s.p.a..

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo del ricorso, proposto per violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 202, 203 e 208 (art. 360 c.p.c., n. 3), l’Inps contesta l’esclusione di M.I. dall’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, assumendo che in tal modo la Corte fiorentina non ha tenuto conto della peculiare posizione di quest’ultimo quale socio accomandatario unico illimitatamente responsabile della “Lavagnini 14 di M.J. & C. s.a.s.” e della gestione immobiliare della stessa costituente l’oggetto dell’impresa;

il ricorso è infondato, in quanto la difesa dell’Inps pretende di desumere l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi di regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli”;

quindi il presupposto imprescindibile è che per l’iscrizione alla gestione commercianti vi sia un esercizio commerciale, la gestione dello stesso come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di s.r.l. che abbia come oggetto un esercizio commerciale. (v. in tal senso Cass. sez. 6-Lav., Ordinanza n. 3145 del 2013); il che non ricorre nella specie come descritta in fatto dalla sentenza impugnata, contraddistinta dallo svolgimento della sola attività di gestione del canone d’affitto dell’immobile della società concesso in locazione a terzi;

va, quindi, esclusa la ricorrenza della attività a cui la legge ricollega l’obbligo di iscrizione e il versamento di contribuzione alla gestione commercianti, a prescindere da ogni considerazione sulla attività prevalente;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo;

ricorrono i presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore di M.I. delle spese nella misura di Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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