LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7689/2013 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
*****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, DE ROSE EMANUELE, CARLA DALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
C.M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.
VALLISNERI N. 11, presso lo studio dell’avvocato STEFANO CECERE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GABRIELE RACUGNO, DINO CAGETTI, giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA CENTRO S.P.A. (già EQUITALIA SARDEGNA S.P.A.);
– intimata –
avverso la sentenza n. 345/2012 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 14/09/2012 R.G.N. 418/2010.
RILEVATO
Che:
1. con sentenza in data 14 settembre 2012, la Corte di Appello di Cagliari ha rigettato il gravame svolto dall’INPS avverso la sentenza di prima grado, che aveva rigettato l’opposizione avverso la cartella di pagamento per contributi asserita mente dovuti alla Gestione Commercianti per gli anni 2004,2005, 2006;
2. la Corte territoriale rilevava come l’INPS non avesse dimostrato la sussistenza dei presupposti necessari ai fini della iscrizione di C.M.C. nella Gestione Commercianti, non potendo la stessa desumersi dalla mera qualifica di socio amministratore della Costamarras & C. s.r.l. e per essere mancato, in concreto, qualsivoglia accertamento in ordine all’effettivo svolgimento di attività commerciale all’interno della società, titolare di una quota pro-indiviso per un mezzo di un immobile locato onde provvedere alla graduale estinzione di pendenze residue connesse ad una pregressa attività commerciale, cessata fin dal 2002;
3. propone ricorso l’INPS – in proprio e nella qualità di mandatario della S.C.C.I. s.p.a. – affidato ad un unico motivo cui C.M.C. resiste con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;
4. Equitalia centro s.p.a. è rimasta intimata.
CONSIDERATO
Che:
5. il motivo di ricorso risulta fondato sulla pretesa di desumere l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi di carattere meramente presuntivo che (come osservato già da questa Corte di legittimità in numerosi precedenti; v., da ultimo, Cass. 24 aprile 2018, n. 10088) non rilevano sul piano previdenziale e che non scalfiscono la validità della ratio decidendi della sentenza impugnata, correttamente incentrata sulla rilevata insussistenza dello svolgimento di un’attività commerciale da parte dell’attuale parte intimata, essendo stata ben evidenziata la mancanza di qualsivoglia accertamento dell’essenziale presupposto inerente l’effettivo svolgimento di attività commerciale all’interno della società la cui attività, nell’ultimo decennio, consisteva nel mero godimento di una quota indivisa di un singolo bene immobile;
6. in concreto, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, l’attività, di locazione della porzione di un immobile, non era finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi, nè ad atti di compravendita o di costruzione, per cui la stessa non esorbitava da quella che era la semplice gestione dell’immobile concesso in locazione e, dunque, non risultava, nella specie, il presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti in difetto dello svolgimento, da parte dell’interessato, di attività commerciale;
7. quanto alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario, la disciplina previgente è stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, che così sostituisce la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29,comma 1: “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613 e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita; b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione e tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonchè per i soci di società a responsabilità limitata; c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli”;
8. presupposto imprescindibile è che per l’iscrizione alla gestione commercianti vi sia un esercizio commerciale, la gestione dello stesso come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di s.r.l. che abbia come oggetto un esercizio commerciale e tale presupposto non ricorre nella specie come descritta in fatto dalla sentenza impugnata, contraddistinta dallo svolgimento della sola attività di riscossione dei canoni di un solo immobile concesso in locazione;
9. inoltre, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la qualifica di socio di una società di capitali e di amministratore unico non sono significative dell’esercizio di diretta attività commerciale nell’azienda, rilevando la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e preponderanza rispetto agli altri fattori produttivi, intendendosi per partecipazione al lavoro aziendale lo svolgimento dell’attività operativa in cui si estrinseca l’oggetto dell’impresa (v., da ultimo, Cass. n. 10088 del 2018 cit. e i precedenti ivi richiamati);
10. le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo; nulla spese in favore della parte rimasta intimata;
11. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass., Sez. U., 17 ottobre 2014, n. 22035 e alle numerose successive conformi).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018