LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16049/2013 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via Cipro n. 77, presso lo studio dell’avvocato Russillo Gerardo, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Regione Piemonte, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale delle Milizie n. 76, presso lo studio dell’avvocato Acconcia Tommaso, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Scollo Giovanna, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2084/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 24/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/07/2018 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RILEVATO
che:
M.M. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, nei confronti della sentenza della corte d’appello di Torino depositata il 2412-2012, con la quale è stata confermata la decisione del tribunale di rigetto della domanda della predetta M. contro la regione Piemonte, tesa a sentir annullare revocare o comunque disapplicare la Det. n. 202 del 2007, di revoca di un contributo in conto capitale, previamente accordato in base alla L.R. n. 18 del 1999, per la riattivazione di un albergo sito in *****;
la regione ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. – la corte d’appello ha motivato la decisione affermando che il provvedimento amministrativo aveva analiticamente dato conto della ragione della revoca, costituita dall’avere la M. “rendicontato a Finpiemonte s.p.a. la spesa sostenuta per la realizzazione delle opere finanziate dalla regione Piemonte, utilizzando documentazione contabile irregolare e, di conseguenza, percependo indebitamente i contributi assegnati”; il tutto in base alle risultanze di un verbale della guardia di finanza già contestato all’attrice, contenente la compiuta descrizione della tipologia di irregolarità riscontrate nella fatturazione delle opere di ristrutturazione e ampliamento dell’albergo; invero – ha proseguito la corte territoriale – l’opponente non aveva persuasivamente confutato il merito di nessuno dei rilievi posti a fondamento della revoca;
2. – col primo motivo la ricorrente censura la decisione per violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, artt. 2e 21-quinquies e dell’art. 97 Cost., in quanto la motivazione del provvedimento di revoca era generica, essendosi il provvedimento limitato a richiamare per relationem il verbale della guardia di finanza; col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L.R. n. 18 del 1999, in combinazione col programma annuale degli interventi 2001 predisposto dalla giunta regionale del Piemonte, censura la sentenza per non aver considerato gli obiettivi prioritari della citata normativa, ritenendo irrilevante l’effettiva realizzazione delle opere finanziate; col terzo mezzo denunzia l’insufficiente motivazione della sentenza in ordine (1) alle presunte irregolarità, di carattere solo formale e comunque prive di rilevanza causale, (2) alla documentazione contabile prodotta in giudizio a giustificazione delle spese sostenute e (3) all’effettiva realizzazione delle opere finanziate dalla regione; infine col quarto mezzo denunzia l’insufficiente motivazione della sentenza con riferimento alla questione del contenimento della revoca alla sola parte del contributo non regolarmente contabilizzato;
3. – è opportuno premettere alla disamina dei singoli motivi che, secondo una consolidata giurisprudenza in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, appartiene al giudice ordinario la controversia nella quale si chiede il riconoscimento del contributo pubblico, prima concesso e poi revocato dall’amministrazione, qualora, sulla base della legge che disciplina il contributo, l’intervento dell’amministrazione in sede di revoca abbia avuto per oggetto solo la verifica di condizioni predeterminate dalla normativa, senza valutazioni discrezionali in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico, con conseguente posizione di diritto soggettivo in capo al privato (v. per tutte Cass. Sez. U n. 19806-08, Cass. Sez. U n. 16896-06);
4. – ciò stante, il primo motivo è inammissibile, perchè postula un sindacato di fatto in ordine alla valutazione di completezza e congruità della motivazione del provvedimento di revoca;
difatti la corte d’appello, con valutazione a essa istituzionalmente rimessa, ha accertato che la motivazione del provvedimento si era basata sull’avvenuto utilizzo, da parte della sovvenuta, di documentazione contabile irregolare, specificamente riscontrata da un verbale della guardia di finanza già contestato alla destinataria;
è appena il caso di precisare che, in tema di procedimento amministrativo, la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, è rispettato allorchè l’atto indicato in motivazione sia reso disponibile per l’interessato, non avendo tale norma (a differenza di quanto stabilito dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, sullo Statuto dei diritti del contribuente) posto a carico dell’amministrazione anche l’obbligo di allegare al provvedimento l’atto richiamato;
consegue che il provvedimento che revoca un beneficio pubblico, al pari di quello che applica una sanzione amministrativa, ben può essere motivato per relationem, non essendo in tal caso l’amministrazione tenuta ad allegare o comunicare anche l’atto richiamato (v. per le sanzioni amministrative Cass. n. 18469-14, Cass. n. 12320-04);
contrariamente a quanto paventato dalla ricorrente, la motivazione per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla guardia di finanza, non può dirsi illegittima neppure per una presunta mancanza di autonoma valutazione dei fatti da parte dell’ufficio decidente: la modalità del rinvio sta semplicemente a significare che l’ufficio stesso, condividendo le conclusioni del verbale, ha inteso realizzare una economia di scrittura; il che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al destinatario, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (v. in materia fiscale, ove la valutazione è finanche più rigorosa, Cass. n. 21119-11);
5. – anche i restanti motivi sono inammissibili;
risulta dall’impugnata sentenza che il finanziamento in questione, rientrante nel piano regionale di sostegno all’offerta turistica, era stato materialmente erogato subordinatamente alla sottoscrizione da parte della M. di un atto di accettazione di specifiche condizioni, tra le quali l’ottemperanza a tutto quanto stabilito nel programma annuale degli interventi 2001;
la corte d’appello ha sottolineato che nell’ambito delle condizioni legali e regolamentari dell’agevolazione erano comprese anche “la regolare rendicontazione dei costi sostenuti e la prova dell’integrale destinazione delle somme finanziate al pagamento di tali costi”;
le censure prospettate dalla ricorrente nel terzo e nel quarto motivo, con riguardo alla insufficiente motivazione della sentenza, non tengono conto dell’attuale testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, volta che l’impugnata sentenza risulta depositata il 24-12-2012 ed è dunque soggetta al nuovo testo della norma evocata, conseguente al D.L. n. 83 del 2012, conv. con modificazioni in L. n. 134 del 2012; sicchè la riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione postula che non sia più in sè denunziabile in cassazione il vizio di motivazione insufficiente, essendo censurabile invece solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (per tutte Cass. Sez. U n. 8053-14);
per converso è in tal guisa indubbio che rientrava nelle competenze della regione provvedere in coerenza coi risultati degli eseguiti controlli, considerando che, ai sensi dell’art. 9 della citata legge regionale, spetta la regione giustappunto l’attività di controllo, monitoraggio e vigilanza susseguente all’erogazione del contributo;
l’art. 9 stabilisce che “la Regione dispone verifiche, accertamenti e controlli finalizzati alla corretta attuazione del programma annuale degli interventi e, se del caso, adotta provvedimenti fino alla revoca delle agevolazioni concesse”; e che “la Finpiemonte s.p.a. o gli Istituti di credito sono tenuti ad effettuare un monitoraggio trimestrale sullo stato di attuazione del programma annuale degli interventi e alla rendicontazione annuale degli investimenti realizzati e dei risultati conseguiti”;
poichè l’impugnata sentenza ha accertato che la rendicontazione era stata effettuata esibendo documenti contabili irregolari (al punto che la stessa M. era stata condannata in sede penale per il reato previsto dall’art. 316-ter c.p., di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di altri enti pubblici), non possiede alcuna rilevanza discettare – come la ricorrente ha fatto nel secondo motivo – di una presunta effettiva realizzazione delle opere finanziate; è di intuitiva evidenza che il riscontro di documentazione irregolare mina proprio l’affermazione relativa all’effettiva esecuzione delle opere mediante i finanziamenti erogati;
6. – le spese processuali seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018