Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27318 del 29/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10668-2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA FROLDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO *****;

– intimato –

avverso il decreto n. 2135/2018 del TRIBUNALE di ANCONA, emessa il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. NLASSIMO FALABELLA;

dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

FATTI DI CAUSA

1. – A.F., proveniente dal Ghana, proponeva domanda di protezione internazionale: domanda che veniva respinta dalla competente Commissione territoriale.

Il Tribunale di Ancona, avanti al quale era impugnato il suddetto provvedimento reiettivo, respingeva a propria volta il gravame, osservando come non ricorressero le condizioni per il riconoscimento, al richiedente, dello status di rifugiato e ritenendo, altresì, che non potesse farsi luogo nè alla protezione sussidiaria, nè al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. – Il decreto del Tribunale marchigiano è impugnato per cassazione da A.F.; il ricorso si fonda su di un unico motivo. Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – L’istante lamenta la violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Deduce che il Tribunale avrebbe omesso di “verificare la veridicità del fatti e la corrispondenza tra quanto detto dinanzi alla Commissione territoriale e nel ricorso di primo grado ascoltando il richiedente protezione internazionale nonchè ponendolo nella condizione di fornire in maniera chiara ed esaustiva le proprie argomentazioni, deduzioni e mezzi probatori”. In presenza di lacune nella ricostruzione della vicenda che riguardava esso ricorrente il giudice del merito avrebbe dovuto attivare le autorità competenti per il reperimento di documenti.

2. – Il ricorso è inammissibile.

Il Tribunale ha ritenuto che le dichiarazioni del ricorrente in merito alle motivazioni che lo avrebbero costretto a lasciare il paese di origine fossero inidonee a giustificare il riconoscimento di una misura di protezione, “essendo confinate nei limiti di una vicenda privata per la quale, a parte i limiti di credibilità già evidenziati dalla Commissione, egli non rischia nè la pena di morte, nè un trattamento inumano o degradante”. Ha inoltre sottolineato, sulla base delle informazioni reperite dal sito del Ministero degli affari esteri e da un report del 2016, che il Ghana non evidenziava situazioni di particolare allarme, al di fuori da quella determinata da un aumento della criminalità comune, rilevando, altresì, come lo scontro tribale tra M. e K., di cui aveva fatto menzione il ricorrente, aveva vissuto una fase acuta nel periodo tra il 2007 e il 2011 e che non risultavano notizie circa scontri in atto o imposizioni di coprifuoco. Il giudice del merito ha dunque negato che il ricorrente avesse titolo ad alcuna delle diverse forme di protezione: internazionale, sussidiaria o unanitaria.

Ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, n. 251, art. 3, comma 5, se il richiedente non ha fornito prova di alcuni elementi rilevanti ai fini della decisione, le allegazioni dei fatti non suffragati da prova devono essere ritenuti comunque veritieri in presenza delle condizioni ivi indicate, tra cui è ricompresa la coerenza e plausibilità delle dichiarazioni rese, che devono essere correlate alle informazioni generali e specifiche riguardanti il caso (cfr. Cass. 18 febbraio 2011, n. 4138; cfr. pure Cass. 10 luglio 2014, n. 15782). La valorizzazione, da parte del giudice del merito, della scarsa credibilità della narrazione dell’istante, per come già rilevata dalla Commissione, appare pertanto coerente con la nominata previsione.

D’altro canto, la censura attinente alla mancata spendita dei poteri ufficiosi del giudice investito della domanda di protezione, risulta essere connotata da assoluta genericità e appare, per conseguenza, priva di decisività: non solo il ricorrente manca di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso, ma nemmeno precisa se tali informazioni si riferiscano alla domanda di protezione internazionale, a quella di protezione sussidiaria o a quella finalizzata al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari: se esse concernano, cumulativamente, tutte queste domande, o solo alcune di esse.

3. – declaratoria di inammissibilità del ricorso non fa seguito la pronuncia sulle spese processuali, posto che il Ministero non ha partecipato al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

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