Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27324 del 29/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21621/2017 proposto da:

P.R.D., C.A., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ANNA MARIA RUSSOLILLO;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 476/2017 del TRIBUNALE di SANTA CAPUA VETERE, depositata il 06/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

RILEVATO

che:

1. la presente lite trae origine da un sinistro stradale tra P.R.D., C.A. e P.G..

I Sig.ri P. e C. convenivano in giudizio il. P. per ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito del sinistro stradale provocato dallo stesso Sig. P., il quale aveva investito con la sua automobile i due attori mentre procedevano sulla strada con le loro biciclette.

I due ciclisti venivano, così, trasportati presso il pronto soccorso, presso il quale ricevevano le prime cure.

Si costituiva in giudizio la UnipolSai Ass.ni S.p.a., assicurazione del Sig. P., eccependo l’improponibilità e comunque l’infondatezza della domanda.

Il Giudice di Pace accoglieva la domanda proposta dagli attori, condannando la UnipolSai al pagamento di 15.328,88 in favore del C. e di Euro 16.644,70 in favore della P..

2. Avverso tale sentenza proponeva appello la UnipolSai, contestando che il Giudice di prime cure non si fosse espresso circa l’attendibilità del teste chiamato a deporre e che il Giudice non avesse adeguatamente motivato in relazione sia alla concreta dinamica dell’incidente, sia alle osservazioni mosse dal CTU.

Si costituivano in giudizio i Sig.ri P. e C. chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con la sentenza n. 476 del 6 febbraio 2017, in totale riforma della sentenza di prime cure, accoglieva l’appello e rigettava, dunque, la domanda risarcitoria dei Sig.ri P. e C., i quali venivano condannai al pagamento delle spese processuali. Tale Giudice riteneva che la deposizione del teste fosse sostanzialmente generica, in quanto si limitava a riferire una dinamica generica, senza alcuna spiegazione e riferimento alla fattispecie concreta.

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso in Cassazione i Sig.ri P. e C. sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso la UnipolSai Ass.ni S.p.a..

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6.1 Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 163 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, con conseguente nullità della sentenza ed insufficiente o contraddittoria ovvero apparente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere ammissibile il gravame proposto dalla UnipolSai posto che esso invece era carente di specificità ai sensi dell’art. 342 c.p.c. e, conseguentemente aveva errato nel riformare la sentenza di primo grado.

6.2. Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118disp. att. c.p.c. e dell’art. 161 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, con conseguente nullità della sentenza ed insufficiente o contraddittoria ovvero apparente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il primo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in relazione alla omessa riproduzione dell’iter argomentativo del primo giudice, rispetto al quale andava e va evidentemente valutata la specificità dell’appello. Nell’odierno ricorso si fa solo un generico riferimento all’atto di appello o alla dichiarazione del testimone, senza allegare i documenti o senza riportarne il contenuto.

Ed in ogni caso è stata chiarito da questa Corte con la pronuncia delle Sezioni Unite n. 27199/2017 che gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.

Per quanto riguarda invece il secondo motivo il cui nucleo essenziale sembra essere la nullità della sentenza impugnata per mancanza di motivazione è anch’esso infondato.

Infatti la motivazione della sentenza Tribunale, ancorchè succinta, esterna in maniera sufficientemente intellegibile le ragioni della decisione.

Inoltre, il ricorso è inammissibile anche perchè mira ad ottenere una nuova verifica e un nuovo accertamento dei fatti del merito.

7. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in curo 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

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