LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20947-2016 proposto da:
S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio PERROTTA – CASAGRANDE, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIO ANZISI, LUCIANO BOCCARUSSO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (CF. *****) in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. R.G. 8360/2014 del TRIBUNALE DI NAPOLI, depositato il 15/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
S.M. ricorre per cassazione nei confronti del provvedimento col quale il tribunale di Napoli ha rigettato la sua domanda tesa a ottenere, ai sensi dell’art. 35-ter dell’ord. pen., l’indennizzo per le condizioni di detenzione contrarie all’art. 3 della Cedu subite in distinti periodi, tra il 2007 e il 2014, presso gli istituti penitenziari di Napoli, di Cerignola e di Santa Maria Capua Vetere; l’amministrazione intimata ha replicato con controricorso;
il ricorrente ha depositato una memoria.
CONSIDERATO
che:
in unico contesto il ricorrente deduce la violazione dell’art. 35-ter dell’ord. pen. e dell’art. 1243 cod. civ.;
si duole che il diritto azionato sia stato ritenuto prescritto con riferimento al periodo di detenzione subito presso la Casa circondariale di Napoli sull’errato presupposto di applicabilità del termine prescrizionale quinquennale, anzichè di quello decennale conforme al tipo di responsabilità azionata (da “contatto”);
afferma inoltre che il giudice a quo avrebbe non correttamente interpretato le informazioni pervenute dall’amministrazione della Casa circondariale di Cerignola e di quella di Santa Maria Capua Vetere a proposito dello spazio disponibile delle celle occupate da più detenuti;
la prima censura è nei termini che seguono manifestamente fondata; il tribunale ha attribuito al rimedio di cui all’art. 35-ter ord. pen. il carattere risarcitorio e ne ha escluso la configurazione in termini di responsabilità contrattuale, sicchè ha considerato il diritto soggetto al termine di prescrizione quinquennale con decorrenza unitaria a ritroso dalla data della domanda;
al contrario questa Corte ha chiarito che il diritto alla somma di denaro (otto Euro) per ciascuna giornata di detenzione in condizioni non conformi ai criteri di cui all’art. 3 della Cedu, previsto dall’art. 35-ter, comma 3, ord. pen., si prescrive in dieci anni, i quali decorrono dal compimento di ciascun giorno di detenzione nelle indicate condizioni, essendo il rimedio compensativo di natura indennitaria a dispetto del nomen attribuito dal legislatore;
considerato che si tratta di rimedio nuovo nel senso indicato dalla norma, anche coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva prima dell’entrata in vigore della nuova norma hanno diritto all’indennizzo per i periodi anteriori – salvo che non siano incorsi in decadenza D.L. n. 92 del 2014, ex art. 2-, e il termine di prescrizione decorre, in tal caso, dal 28-6-2014, data di entrata in vigore del D.L. citato (Cass. Sez. U n. 11018-18);
la seconda censura è invece inammissibile;
il tribunale ha dato conto degli accertamenti svolti con riferimento alle condizioni di detenzione subite dal ricorrente presso le carceri di Cerignola e di Santa Maria Capua Vetere, e ha motivatamente escluso che le condizioni suddette fossero in generale, anche a fronte dello spazio a disposizione in celle promiscue, contrarie al rispetto della dignità della persona;
si tratta di un accertamento in fatto, non sindacato sul versante della completezza e congruenza della motivazione, come tale intangibile in questa sede;
il provvedimento del tribunale di Napoli va dunque cassato in relazione al solo primo motivo;
segue il rinvio al medesimo tribunale che, in diversa composizione, uniformandosi ai principi di diritto sopra esposti, rinnoverà l’esame quanto all’afferente periodo di detenzione;
il tribunale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018