LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24292-2016 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
E.G.;
– intimato –
avverso l’ordinanza R.G. 266/2015 del TRIBUNALE DI LECCE, depositata il 16/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI FRANCESCO.
RILEVATO
che:
il Ministero della Giustizia ricorre per cassazione nei confronti del provvedimento col quale il tribunale di Lecce ha liquidato in favore di E.G. la somma di Euro 3.344,00 a titolo di risarcimento per le condizioni di detenzione subite in distinti periodi, tra il 2009 e il 2011, presso l’istituto penitenziario di Taranto, in violazione dell’art. 35-ter dell’ord. pen.;
l’intimato non ha svolto difese;
con l’unico motivo di ricorso il ministero denunzia la violazione degli artt. 1218,2946 e 2947 cod. civ., nonchè dell’art. 35-ter succitato; sostiene che il tribunale avrebbe erroneamente rigettato l’eccezione di prescrizione del credito vantato, ritenendo applicabile alla fattispecie il termine decennale in ragione del tipo di responsabilità (da “contatto”), anzichè il termine quinquennale.
CONSIDERATO
che:
il ricorso è manifestamente infondato, dovendosi soltanto correggere la motivazione del provvedimento gravato;
il tribunale, per quanto qui rileva, ha ritenuto che il rimedio in questione sia di carattere risarcitorio da contatto sociale, con conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione con decorrenza unitaria a ritroso dalla data della domanda;
la motivazione del decreto del tribunale va corretta ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.;
come questa Corte ha di recente chiarito, il diritto alla somma di denaro (otto Euro) per ciascuna giornata di detenzione in condizioni non conformi ai criteri di cui all’art. 3 della Cedu, previsto dall’art. 35-ter, comma 3, ord. pen., si prescrive in effetti in dieci anni, i quali però decorrono dal compimento di ciascun giorno di detenzione nelle indicate condizioni;
il rimedio compensativo di cui si tratta ha natura indennitaria, a dispetto del nomen attribuito dal legislatore, che parla di risarcimento, ed è nuovo nel senso indicato dalla norma;
consegue che coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva prima dell’entrata in vigore della nuova norma hanno anch’essi diritto all’indennizzo per i periodi anteriori – salvo che non siano incorsi in decadenza D.L. n. 92 del 2014, ex art. 2 (cosa non eccepita nel caso di specie) – ma il termine di prescrizione decorre, in tal caso, dal 28-6-2014, data di entrata in vigore del D.L. citato (Cass. Sez. U n. 11018-18);
il ricorso va dunque rigettato;
non rileva il disposto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, in quanto l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non può trovare applicazione nei confronti delle amministrazioni dello Stato – che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (v. per tutte Cass. n. 1778-16).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018