LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7305-2018 proposto da:
S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI VIGNA PIA 60, presso lo studio dell’avvocato IVAN PETITTI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA MAESTRI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (CF *****) in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2375/2017 della CORTE DI APPELLO di Bologna depositata il 12/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
S.N. (alias C.N.), originario del *****, ha proposto ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della corte d’appello di Bologna che ha confermato il rigetto della sua domanda di protezione internazionale e umanitaria;
il Ministero non ha notificato controricorso.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 19 del t.u. immigrazione, dell’art. 10Cost. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 sostenendo che si sarebbe dovuta considerare esistente, nello stato di provenienza, la situazione di violenza generalizzata e diffusa a causa della dittatura del presidente Y.J., con conseguente illegittimità di un eventuale rimpatrio in quel paese;
col secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 contestando quanto sostenuto dalla corte territoriale circa il miglioramento delle condizioni di vita e di sicurezza sociale in ***** dopo le più recenti elezioni;
infine col terzo mezzo egli si duole del contenuto della sentenza, ai sensi dell’art. 132 cod. proc. civ., a proposito della insussistenza di lesione del diritto di difesa conseguente alla mancata traduzione del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale;
i primi due motivi sono inammissibili, poichè implicano un sindacato di fatto;
la corte d’appello ha accertato, specificamente mentovando anche le fonti di conoscenza, che il paese di provenienza del ricorrente, in seguito al turbolento ma definitivo insediamento del nuovo presidente A.B. al posto del dittatore Y.J., aveva progressivamente acquisito una propria stabilità politica e sociale, con conseguente superamento, quindi, della precedente condizione di violenza indiscriminata ancora sostenuta in ricorso; La diversa tesi del ricorrente concretizza dunque un tentativo di revisione del giudizio di merito;
anche il terzo motivo è inammissibile, poichè l’impugnata sentenza ha ben esplicitato le ragioni di irrilevanza della mancata traduzione del provvedimento di diniego in lingua conosciuta dal richiedente;
in particolare, in esatta consonanza con la giurisprudenza di questa Corte (v. di recente Cass. n. 7385-17), ha sottolineato che oggetto del giudizio non era in sè il provvedimento suddetto quanto piuttosto il diritto soggettivo dell’istante alla protezione invocata; e che egli, tramite il difensore, aveva impugnato il provvedimento articolando argomentazioni compiute, peraltro tali da rendere chiaro che nessuna conseguenza la mancata traduzione aveva avuto sul concreto dispiegarsi del diritto di difesa.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018