Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27338 del 29/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosamaria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8348/2018 proposto da:

I.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA NUNZIO CLEMENTI N. 51, presso lo studio dell’avvocato VALERIO SANTAGATA rappresentato e difeso dall’avvocato URBINATI PAOLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’avvocatura generale dello stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2715/2017 della corte d’appello di BOLOGNA, emessa il 31/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dr. TERRUSI FRANCESCO.

RILEVATO

che:

I.R., nigeriano dell'*****, ha presentato domanda di protezione internazionale e umanitaria sulla base di un racconto incentrato sull’avvenuta uccisione del padre durante alcuni scontri politici tra opposta fazioni per la campagna elettorale del 2013, e del concreto timore di restare a sua volta ucciso nei disordini;

la domanda è stata respinta dalla commissione territoriale e il ricorso contro la decisione è stato rigettato dal tribunale di Bologna;

la corte d’appello ha confermato il provvedimento, osservando che: (a) in base alle sue stesse affermazioni, il ricorrente era da considerare estraneo alle motivazione e alle vicende di carattere politico che avevano determinato l’uccisione del padre, donde – in modo dirimente rispetto alla questione della credibilità del racconto (dal tribunale messa in dubbio) – non poteva dirsi provato il paventato fondamento del timore per la propria incolumità personale in caso di rientro nel paese di origine; invero dalla documentazione allegata dal ricorrente era emerso che già prima delle elezioni la situazione, in *****, era tornata alla normalità a seguito di invio di un distaccamento di polizia e dell’arresto del neoeletto presidente dell'***** dell'*****; (b) l’esistenza del requisito di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), a proposito della protezione sussidiaria, dovevasi escludere, poichè il richiedente non aveva provato l’asserito collegamento personale con fatti di violenza indiscriminata, e poichè anzi da indagini eseguite sulla violenza in ***** era emerso che l'***** era l’ottavo degli stati del delta del *****; sicchè numerose altre aree della regione erano infine in condizioni peggiori rispetto a tale stato; (c) che neppure poteva considerarsi soddisfatto il requisito per fruire della protezione umanitaria, non essendo emersi seri motivi per ritenere che il richiedente fosse persona vulnerabile alla stregua di obblighi costituzionali o internazionali;

avverso la sentenza della corte d’appello, I.R., ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi;

l’avvocatura dello Stato, in rappresentanza del Ministero dell’Interno, ha replicato con controricorso.

CONSIDERATO

che:

col primo mezzo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto la corte d’appello avrebbe richiesto la prova del collegamento tra la propria vicenda personale e la violenza indiscriminata in *****, mentre la situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato può giustificare la domanda anche in mancanza di un coinvolgimento individuale nella situazione di pericolo;

col secondo mezzo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 e art. 14, lett. c), in quanto la corte territoriale non avrebbe svolto una corretta a approfondita indagine sulla situazione del paese di origine, non avendo verificato la effettiva situazione dell'***** e la capacità di controllo delle autorità statali;

infine col terzo mezzo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32, in relazione all’art. 5 del medesimo D.Lgs., per non avere la sentenza considerato la situazione del paese di origine anche ai fini della protezione umanitaria;

il ricorso è manifestamente fondato in relazione ai primi due motivi, connessi ed esaminabili unitariamente poichè riferiti alla domanda di protezione sussidiaria; tanto assorbe il terzo motivo, che attiene al subordinato profilo concernente il permesso per motivi umanitari; l’impugnata sentenza ha negato la protezione sussidiaria dicendo che il richiedente non aveva provato “l’asserito suo collegamento personale con i fatti di violenza indiscriminata che permeano il territorio nigeriano”; ai medesimi fini ha poi osservato che “per di più, da una indagine sulla violenza in *****, lo stato di provenienza (*****), sulla base di quanto documenti da fonti ufficiali (*****), è risultato l’ottavo degli stati del delta del *****”: il che significa – ha aggiunto – “che numerose altre aree di questa regione si trovano in una situazione peggiore rispetto all'*****”;

nessuna delle sopradette argomentazioni coglie il profilo che rileva;

la prima contrasta con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di protezione sussidiaria dello straniero prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’ipotesi della minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale non è subordinata alla condizione che lo straniero fornisca la prova di essere interessato in modo specifico a motivo di elementi che riguardino la sua persona, ma sussiste anche qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorità nazionali competenti, raggiunga un livello così elevato da far ritenere presumibile che il rientro dello straniero lo sottoponga, per la sola presenza sul territorio, al rischio di subire concretamente gli effetti della minaccia (Cass. n. 18130-17, Cass. n. 25083-17);

la seconda è assolutamente inconsistente a scopo motivazionale, poichè equivale a omettere l’accertamento che il caso richiedeva in base alla deduzione di parte: l’essere l'***** all’ottavo posto tra gli stati del delta del *****, secondo la classifica afferente la locale situazione di violenza indiscriminata, non giustifica l’inferenza – ben vero neppure compiutamente esplicitata in sentenza – che in quello stato non sussista una altrettanto rilevante condizione di violenza generalizzata alla quale associare un rischio indiscriminato di subire gravi danni alla vita o alla persona;

è risolutivo osservare che in proposito è mancato qualsivoglia accertamento;

ne consegue che l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello, per nuovo esame;

la corte d’appello, in diversa composizione, si uniformerà ai principi di diritto esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Bologna.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

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