Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27339 del 29/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10662/2018 proposto da:

J.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA FROLDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 6872/2017 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.

FATTI DI CAUSA

1. – J.J., proveniente dal *****, proponeva domanda di protezione internazionale: domanda che veniva respinta dalla competente Commissione territoriale.

Il Tribunale di Ancona, avanti al quale era impugnato il suddetto provvedimento reiettivo, respingeva a propria volta il gravame, osservando come non ricorressero le condizioni per il riconoscimento, al richiedente, dello status di rifugiato e ritenendo, altresì, che non potesse farsi luogo nè alla protezione sussidiaria, nè al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. – Il decreto del Tribunale marchigiano è impugnato per cassazione da J.J.; il ricorso si fonda su di un unico motivo. Resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – L’istante lamenta la violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Deduce che il Tribunale avrebbe omesso di “verificare la veridicità del fatti e la corrispondenza tra quanto detto dinanzi alla Commissione territoriale e nel ricorso di primo grado ascoltando il richiedente protezione internazionale nonchè ponendolo nella condizione di fornire in maniera chiara ed esaustiva le proprie argomentazioni, deduzioni e mezzi probatori”. In presenza di lacune nella ricostruzione della vicenda che riguardava esso ricorrente il giudice del merito avrebbe dovuto attivare le autorità competenti per il reperimento di documenti.

2. – Il ricorso è inammissibile.

Il Tribunale ha ritenuto che le dichiarazioni del ricorrente in merito alle motivazioni che lo avrebbero costretto a lasciare il paese di origine fossero inidonee a giustificare il riconoscimento di una misura di protezione, in quanto, venendo in questione “vicende di vita privata e familiare per le quali avrebbe dovuto richiedere la protezione del suo Stato”. Ha inoltre sottolineato, sulla base dei resoconti ufficiali acquisti, che la situazione politica del ***** fosse avviata alla normalità e che nel paese i rapporti tra le diverse religioni fossero amichevoli, comunque non improntati all’intolleranza. Il giudice del merito ha dunque negato che il ricorrente avesse titolo ad alcuna delle diverse forme di protezione: internazionale, sussidiaria o unanitaria.

Non risulta nemmeno censurata l’affermazione, contenuta nel decreto impugnato, secondo cui per i fatti narrati nel corso del procedimento – i cui contorni, peraltro, non sono stati esaurientemente precisati nel corpo del ricorso per cassazione – l’istante avrebbe dovuto richiedere tutela presso le autorità del suo paese di origine.

Per il resto, è senz’altro vero che nella materia che qui interessa il giudice abbia il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti (Cass. 13 dicembre 2016, n. 25534); ma non sembra revocabile in dubbio che il Tribunale abbia operato indagini nel senso indicato.

Peraltro, la censura attinente alla mancata spendita dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta essere connotata da assoluta genericità e appare, per conseguenza, priva di decisività: non solo il ricorrente manca di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso, ma nemmeno precisa se tali informazioni si riferiscano alla domanda di protezione internazionale, a quella di protezione sussidiaria o a quella finalizzata al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari: se esse concernano, cumulativamente, tutte queste domande, o solo alcune di esse.

3. – Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.050,00 ed agli accessori di legge, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6^ Sezione Civile, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

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