LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15626-2017 proposto da:
S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MASSA SAN GIULIANO, 292, presso lo studio dell’avvocato ANGELO DI LORENZO, rappresentato difeso dagli avvocati DOMENICO PIZZILLO, BIANCAMARIA LEONE;
– ricorrente e c/ricorrente al ricorso incidentale –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– c/ricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 20/12/2016, R.G.n. 53034/2015, Cron. n. 8921/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2018 dal Consigliere LORENZO ORILIA.
RITENUTO IN FATTO
1 La Corte d’appello di Roma, con decreto 20.12.2016 ha accolto l’opposizione del Ministero della Giustizia e ha revocato il decreto del consigliere delegato con cui era stata accolta la domanda di equa riparazione proposta da S.M. in relazione alla irragionevole durata di un procedimento penale.
La decisione della Corte di merito si è basata sul rilievo della mancata proposizione di tempestiva istanza di accelerazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2 quinquies.
2 Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il S. ha proposto ricorso; il Ministero della giustizia resiste con controricorso contenente ricorso incidentale contrastato a sua volta da controricorso.
Il ministero ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 Evidenti ragioni di priorità logica rendono opportuno partire dall’esame del ricorso incidentale con cui il Ministero della Giustizia, denunziando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 ripropone la questione della inapplicabilità al termine decadenziale per la proposizione del ricorso della sospensione dei termini durante il periodo feriale.
Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c. avendo il provvedimento impugnato deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa (v. sulla formula di decisione Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5001 del 02/03/2018 Rv. 648213; Sez. U -, Sentenza n. 7155 del 21/03/2017).
Come, infatti, ripetutamente affermato da questa Corte, poichè fra i termini per i quali la L. n. 742 del 1969, art. 1prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo (tra le varie, v. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 5423 del 18/03/2016 Rv. 639423; Sez. 6 – 2, Sentenza n. 26967 del 2016; Sez. 1, Sentenza n. 5895 del 11/03/2009 Rv. 607200 e, più di recente, Sez. 2 -, Ordinanza n. 14493 del 06/06/2018).
Con tale principio ormai consolidato, il ricorso incidentale non si confronta, risolvendosi in una mera riproposizione della tesi della natura sostanziale del termine.
2 Appare invece fondato il ricorso principale con cui il S. denunzia la falsa interpretazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, lett. e) per avere la Corte d’Appello dichiarato inammissibile la domanda di equa riparazione per omessa presentazione della prescritta istanza di accelerazione.
In tema di equa riparazione per la irragionevole durata di un procedimento penale, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, lett. e), (introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, e successivamente abrogato dalla L. n. 208 del 2015, a partire dal 1 gennaio 2016), secondo cui non è riconosciuto alcun indennizzo quando l’imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini cui all’art. 2 bis, non è applicabile in relazione alle domande di equa riparazione relative a procedimenti penali che, alla data di entrata in vigore della legge stessa, abbiano già superato la durata ragionevole di cui all’art. 2 bis della medesima legge, mancando una norma transitoria che lo preveda espressamente (Sez. 6 – 2, Sentenza n. 26627 del 21/12/2016 Rv. 641921).
Nel caso che ci occupa, dal decreto impugnato si evince che il procedimento penale presupposto era iniziato il 16.9.2008, per cui al momento di entrata in vigore della L. n. 89 del 2001, art. 2 quinquies aveva già superato la durata ragionevole (fissata, come è noto in tre anni): la revoca del decreto monitorio non trova pertanto giustificazione.
Solo per completezza, va osservato che non interferisce col presente ricorso la questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, lett. e), come introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 1, lett. a), n. 2, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, per contrasto con l’art. 117 Cost., comma 1, in relazione agli artt. 6, 13 e 46, della CEDU, sollevata da questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 2438 del 31/01/2018 Rv. 647155: infatti il caso che ha reso necessario la rimessione al giudice delle leggi è quello del giudizio penale nel quale il termine di durata ragionevole L. n. 89 del 2001, ex art. 2-bis sia superato in epoca successiva alla sua entrata in vigore, ipotesi qui non ricorrente perchè, come si è detto, oggi si discute proprio dell’ipotesi inversa (procedimento penale che, alla data di entrata in vigore della legge stessa, abbia già superato la durata ragionevole di cui all’art. 2 bis della medesima legge).
Il provvedimento opposto va dunque cassato e, non rendendosi necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte decide nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 respingendo l’opposizione e confermando il decreto il 2126.10.2015 del consigliere designato della Corte d’Appello di Roma.
Le spese del giudizio di opposizione e del presente giudizio di legittimità vanno regolate secondo il principio della soccombenza e liquidate come da dispositivo.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso incidentale; accoglie il ricorso principale, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione del Ministero della Giustizia e conferma il decreto monitorio; condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 1.200,00 e delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 900 per compensi, oltre accessori di legge e (Ndr: testo originale non comprensibile).
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018