Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.27381 del 29/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7088/2013 proposto da:

CASA DI CURA PRIVATA POLICLINICO SAN MARCO, S.P.A. C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 24, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CECI, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato FIORAVANTE CARLETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ARTURO PIOVESANA giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 644/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/11/2012 R.G.N. 1005/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO, che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine rigetto del ricorso principale o incidentale;

udito l’Avvocato IMPELLIZZERI ALBERTO per delega verbale CECI PAOLO;

udito l’Avvocato CARLETTI FIORAVANTE.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza del Tribunale di Venezia, ha accolto la domanda proposta da C.G. volta ad ottenere,nei confronti della Casa di Cura Policlinico San Marco, il trattamento previdenziale integrativo, previsto dagli accordi collettivi nazionali, maturato durante il rapporto di collaborazione libero professionale durato dal ***** ed ha condannato la Casa di Cura a pagare Euro 80.155,58, oltre rivalutazione ed interessi legali dalla domanda al saldo. Il ricorrente lamentava che la Casa di Cura aveva omesso di attivare presso la ***** la posizione previdenziale in suo favore e non aveva ottemperato all’obbligo di accantonare presso detta Cassa il contributo del 6% della retribuzione; chiedeva pertanto, che detto importo gli fosse versato direttamente.

Secondo la Corte, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, la stessa Casa di Cura aveva riconosciuto la previdenza integrativa per il periodo *****; quanto al periodo successivo ed all’entrata in vigore dell’accordo collettivo del 1988 la Corte ha rilevato che la condizione prevista dall’art. 21 del nuovo accordo ai fini della sua applicabilità ai rapporti di lavoro, poteva valere solo per gli iscritti in epoca successiva alla sua entrata in vigore, mentre il C. aveva già sottoscritto, all’epoca di stipula del contratto individuale, un identico modulo,come già previsto dall’accordo collettivo del 1984 vigente all’epoca di costituzione del rapporto tra le parti, e, dunque, il nuovo accordo del 1988 si sostituiva automaticamente al precedente accordo del 1984 nel disciplinare il rapporto di collaborazione.

Circa il quantum la Corte territoriale ha rilevato l’assenza di specifiche contestazioni in ordine all’importo complessivo della retribuzione percepita dal C. e alla percentuale di detta somma che la Casa di Cura avrebbe dovuto versare, rigettando ogni ulteriore richiesta di risarcimento del danno.

Avverso la sentenza ricorre la Casa di Cura Policlinico San Marco spa con due motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. Resiste il C. con controricorso e ricorso incidentale, ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 18 e 21 Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione del rapporto di lavoro dei medici delle case di cura private convenzionate del 24/10/1988 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Censura l’affermazione della Corte secondo cui la sottoscrizione del modulo previsto dall’accordo collettivo del 1984 era sufficiente anche ai fini dell’applicabilità del successivo accordo collettivo del 1988,riferendosi l’art. 21 cit. ai nuovi iscritti in epoca successiva all’accordo collettivo o,comunque, a coloro che non avevano sottoscritto il modulo del 1984. Osserva che erroneamente la Corte afferma che il precedente rimando operato dalle parti alla contrattazione collettiva avrebbe realizzato la condizione prevista dall’art. 21 e che il concetto di prima applicazione dovesse essere inteso come primo richiamo in generale all’accordo collettivo.

Osserva, infatti, che l’art. 21 faceva decorrere il termine di 60 giorni per la sottoscrizione dei moduli, necessari per l’applicazione al rapporto dell’accordo collettivo,” dalla data di approvazione del presente accordo nazionale” e non già, come interpretato dalla Corte, dalla data di conclusione dell’accordo individuale con l’aberrante conseguenza che, aderendo alla interpretazione della Corte d’appello, una volta spirato il termine di 60 giorni, in caso di nuovo rapporto, non avrebbe potuto essere applicato il nuovo contratto collettivo.

2. Con il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto oggetto di discussione e cioè la conclusione tra le parti di un nuovo contratto di collaborazione professionale nel 1997. Si duole che la Corte territoriale non abbia esaminato l’affermazione della Casa di cura che in ogni caso la domanda non poteva trovare accoglimento se non entro il 30/9/97, data di stipula di un nuovo contratto in cui non era richiamato il nuovo contratto collettivo.

3. Il ricorso è infondato.

4. La Corte d’appello ha riconosciuto il diritto al trattamento pensionistico integrativo al C. dando rilievo sia alla circostanza che la stessa Casa di Cura gli aveva riconosciuto tale trattamento dalla costituzione del rapporto tra le parti dell'***** e ciò sebbene l’accordo collettivo all’epoca applicabile del 1984 neppure prevedesse il trattamento previdenziale integrativo, costituito successivamente nel dicembre 1987 con la creazione della *****; sia dalla considerazione che l’accordo collettivo del 1988 non prevedesse nulla di nuovo rispetto al precedente accordo. Circa tale ultimo aspetto la Corte territoriale ha, infatti, rilevato che il nuovo accordo collettivo del 1988 prevedeva all’art. 21 la sottoscrizione, ai fini dell’applicabilità della disciplina collettiva, di un modulo del tutto identico a quello già sottoscritto dal C. in occasione della stipula dell’accordo individuale e che, pertanto,il nuovo accordo del 1988 si sostituiva automaticamente al precedente accordo del 1984 nel disciplinare il rapporto avendo già le parti manifestato di voler sottoporre il contratto individuale alle regole degli accordi collettivi. La Corte territoriale ha rilevato, inoltre, che l’art. 21 non si riferiva a coloro, come il C., per il quale l’accordo nazionale era già applicato,ma solo a coloro che avessero sottoscritto il contratto individuale dopo l’accordo collettivo nazionale del 1988.

Secondo la Casa di Cura, invece, la mancata sottoscrizione del modulo di cui all’art. 21 citato determinava la “decadenza” o tacita rinuncia dal beneficio acquisito in precedenza.

5. Le argomentazioni della ricorrente non sono idonee ad invalidare la decisione impugnata.

Secondo quanto riferisce la Casa di cura il ***** era stata istituita la ***** ed era stato previsto l’accantonamento di una somma pari al 6% della retribuzione; l’art. 8 del regolamento attuativo aveva poi previsto che la Cassa sarebbe stata finanziata con la contribuzione prevista di volta in volta dal contratto collettivo; poichè al momento della costituzione della Cassa era in vigore l’accordo collettivo del 1984, il quale non poteva prevedere nulla a riguardo, la ricorrente aveva comunque assunto la decisione, con riferimento all’accordo intercorso con il C. dall’1/3/1988, di avviare l’accantonamento di una quota della retribuzione. Non si vede, pertanto, come la mancata sottoscrizione del modulo di cui all’art. 21, che la ricorrente neppure risulta aver mai giustificato, avrebbe potuto liberare la Casa di Cura dall’impegno che essa stessa assume di aver assunto fin dall’inizio recependo l’accordo istitutivo della Cassa con accantonamento del 6%. La Casa di Cura, inoltre, neppure allega di aver smesso di applicare la disciplina collettiva a seguito della mancata sottoscrizione del modulo di cui all’art. 21. Tali considerazioni valgono anche con riferimento all’accordo individuale sottoscritto tra le parti nel 1997.

Va, altresì, rilevato che stando alle stesse dichiarazioni della Cassa – questa, invero, non ha riportato il contenuto delle norme dell’accordo nè ha provveduto a depositarlo in cassazione in violazione dell’art. 369 c.p.c. – i successivi accordi collettivi avrebbero dovuto stabilire solo l’entità della misura del contributo. Sotto tale ulteriore profilo non risulta giustificata la totale interruzione dell’accantonamento neppure nella misura originaria.

6. Va, altresì, rilevato con riferimento all’interpretazione dell’art. 21 citato, su cui invero la ricorrente fonda essenzialmente le sue argomentazione, che il termine di 60 giorni, fissato dalla norma per la sottoscrizione dei moduli ai fini dell’applicabilità dell’accordo collettivo, in caso di prima applicazione, decorre, secondo la dizione letterale della norma, dall’approvazione dell’accordo nazionale e non già, come inteso dalla Corte territoriale, dalla sottoscrizione del contratto individuale.

Pur con la precisazione di cui sopra, e la conseguente correzione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., della motivazione, va rilevato che, comunque,secondo la Corte la norma avrebbe potuto valere solo per i nuovi iscritti o comunque per coloro che non avevano già posto in essere identica procedura (come il C.) e che la Corte, ai fini dell’accoglimento della domanda, ha dato rilievo all’avvenuto accantonamento fin dall’inizio del rapporto e alla già manifestata volontà delle parti di sottoporre il contratto alla disciplina collettiva. Valutate le complessive argomentazioni della Corte territoriale, la sentenza deve essere, pertanto, confermata non assumendo nella valutazione della Corte territoriale portata decisiva l’interpretazione dell’art. 21 nel senso che la sottoscrizione del modulo dovesse avvenire nel termine di 60 giorni dalla stipula dell’accordo individuale tra le parti.

Ne consegue che, pur con la precisazione di cui sopra, la sentenza deve essere confermata.

7. Con il ricorso incidentale il C. denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando l’errata statuizione circa la decorrenza degli interessi maturati sulla somma capitale dovuta ritenendo che gli interessi dovessero decorrere non già dalla proposizione della domanda, ma dai vari momenti anteriori in cui gli accantonamenti dovevano essere effettuati.

Il motivo risulta inammissibile in quanto il contro ricorrente si duole della decisione assunta dalla Corte territoriale, difforme da quanto da lui richiesto, e non già di un’omissione di pronuncia.

8. Per le considerazioni che precedono il ricorso principale e quello incidentale devono essere rigettati.

La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di causa.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale compensa le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

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