LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6662/2013 proposto da:
L.A. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO NUNZI, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI CALIULO, unitamente agli avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 134/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 19/03/2012, RILEVATO CHE la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 134/2012, in riforma di pronuncia del Tribunale di Grosseto che aveva accolto la domanda di L.A. di riconoscimento dei benefici contributivi di cui L. 257 del 1992, art. 13, per esposizione ultradecennale ad amianto, ha dichiarato improponibile la domanda giudiziale, per non essere stato, il ricorso giudiziale, preceduto dalla debita domanda in via amministrativa;
il L. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, resistiti da controricorso dell’I.N.P.S.;
CONSIDERATO CHE con i due motivi di ricorso, rubricati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, si sostiene (primo motivo) che la proposizione della domanda amministrativa allorquando il processo di primo grado era in stato di cancellazione dal ruolo, seguita da riassunzione, avrebbe comportato l’assolvimento degli oneri procedimentali necessari, pur aggiungendosi (secondo motivo) che per il riconoscimento dei benefici amianto di cui la L. 257 del 1992, art. 13, non vi era neppure necessità di domanda amministrativa;
il secondo motivo è logicamente preliminare, ma esso risulta infondato, in quanto dal combinato disposto dell’art. 443 c.p.c., e L. 533 del 1973, art. 7, si evince che quella della previa presentazione di domanda amministrativa è, secondo un orientamento del tutto consolidato (Cass. 30 gennaio 2014, n. 2063; Cass. 27 dicembre 2010, n. 26146; Cass. 24 giugno 2004, n. 11756; Cass. 12 marzo 2004, n. 5149; Cass. 28 novembre 2003, n. 18265), regola generale del contenzioso previdenziale, finalizzata ad assecondare l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie” – Cass. Sez. U., 5 agosto 1994, n. 7269 – che impone alla parte privata di compulsare ante causam l’ente erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo necessario che lasci all’amministrazione uno spatium deliberandi di 120 giorni;
di conseguenza si è ritenuto, e va qui confermato, che “la domanda amministrativa di prestazione previdenziale all’ente erogatore L. n. 533 del 1973, ex art. 7, è condizione di ammissibilità della domanda giudiziaria, diversamente dal ricorso introduttivo del procedimento contenzioso amministrativo ex art. 443 c.p.c., avendo disposto il legislatore che il privato non affermi un diritto davanti all’autorità giudiziaria prima che esso sia sorto, ossia prima del perfezionamento della relativa fattispecie a formazione progressiva, nella quale la presentazione della domanda segna la nascita dell’obbligo dell’ente previdenziale e, in quanto tale, non può essere assimilata ad una condizione dell’azione, rilevante anche se sopravvenuta nel corso del giudizio” (Cass. 15 gennaio 2007, n. 732; per principi analoghi, v. anche Cass. 9 agosto 2017, n. 19767; Cass. 3 marzo 2017, n. 5453);
d’altra parte costituisce principio parimenti consolidato e quindi condiviso quello per cui anche “la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto deve essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione previdenziale, da individuarsi nell’I.N.P.S.” (Cass. 21 luglio 2014, n. 16592; in senso analogo, Cass. 4 giugno 2015, n. 11574);
pertanto la proposizione della domanda amministrativa, necessaria anche per il riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva che è oggetto di questa causa, soltanto dopo che il processo di primo grado era comunque iniziato, non vale ad evitare l’inammissibilità della domanda giudiziale;
il ricorso va quindi rigettato;
l’esito alterno delle fasi di merito individua un giusto motivo, secondo la formulazione dell’art. 92 c.p.c., applicabile ratione temporis, per disporre la compensazione integrale delle spese anche del giudizio di legittimità;
PQM
La Corte rigetta il ricorso, con compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018