Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27404 del 29/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14517/2014 proposto da:

L.L., *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO ORESTANO 21, presso lo studio dell’avvocato FABIO PONTESILLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SILVIA PAJANI;

– ricorrente –

e contro

I.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 948/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 26/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

FATTI DI CAUSA

1. L.L. citava davanti al Tribunale di Udine il proprio coniuge separato, I.V., al fine di vedere accolte le seguenti conclusioni: trasferire in capo all’attore con sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., una quota della proprietà indivisa di alcuni terreni e immobili siti nel Comune di Tavagnacco per la metà del loro valore; ordinare al conservatore dei registri immobiliari di procedere alla relativa trascrizione della sentenza con allegato certificato di destinazione urbanistica. In via subordinata, L. chiedeva di condannare la convenuta I.V. a trasferire una quota della proprietà indivisa degli immobili sopra citati, per la metà del loro valore.

2. Con sentenza n. 600 del 2011 il Tribunale di Udine rigettava la domanda. L. proponeva appello.

3. La Corte d’Appello rigettava tutti i motivi di appello, salvo quello relativo al regolamento delle spese.

I giudici del gravame, per quanto ancora rileva, ritenevano il primo motivo di appello infondato, perchè la domanda proposta in via subordinata di trasferimento di una quota della proprietà indivisa degli immobili era preclusa dal giudicato formatosi con la sentenza n. 54 del 2007 del Tribunale di Udine con la quale era stata rigettata la domanda di accertamento e successivo trasferimento di metà della quota indivisa dei medesimi beni immobili.

Anche il motivo di appello relativo al rigetto della domanda di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., era infondato in quanto la pur sintetica motivazione della sentenza di primo grado era pienamente condivisibile. In particolare, la scrittura privata del novembre del 1998 non conteneva un obbligo di trasferimento della metà della quota indivisa dei beni immobili da parte della I.V. al coniuge separato appellante, ma solo un obbligo reciproco di non alienazione dei suddetti beni se non di comune accordo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato art. 360 c.p.c., n. 3 e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in ordine al giudicato.

Secondo il ricorrente non vi era alcuna sentenza passata in giudicato che rendesse preclusa la domanda di trasferimento di una quota dei beni, in quanto la precedente domanda che aveva dato luogo alla sentenza n. 54 del 2007 aveva ad oggetto la simulazione del contratto di acquisto di un terreno agricolo comperato da I.V. sul quale era stato successivamente realizzato, mediante ristrutturazione di un deposito per attrezzi, un fabbricato rurale ad uso abitativo.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e artt. 1362 e 1367 c.c.; art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di fatti decisivi prospettato dal ricorrente con riguardo all’interpretazione della scrittura privata dell’ 11 novembre 1998.

La Corte d’Appello di Trieste avrebbe erroneamente interpretato la scrittura privata del 1998, limitandosi a ripetere l’assunto del Tribunale di Udine e non facendo applicazione dei criteri di ermeneutica contrattuale previsti dagli artt. 1362 c.c. e ss.

Secondo il ricorrente, l’impugnata sentenza, limitandosi a negare l’impegno della convenuta a trasferire al L. la proprietà degli immobili non ha fornito alcuna interpretazione della dichiarazione negoziale anche in relazione al fatto che il denaro per l’acquisto degli immobili proveniva dal solo attore senza alcun contributo della I..

3. Il ricorso è inammissibile.

Il ricorso non è corredato dalla prova del perfezionamento della notifica, in quanto risulta allegata soltanto la prova della spedizione di plico raccomandato con A.R., e non risulta depositato in atti alcun avviso di ricevimento.

Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte “In tema di ricorso per cassazione, la prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo, ai fini della sua ammissibilità, deve essere data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, la cui assenza non può essere superata con la rinnovazione, atteso che, pur non traducendosi in un caso d’inesistenza, non determina neppure la mera nullità, ma solo con la costituzione della controparte, che dimostra l’avvenuto completamento del procedimento, ovvero con la richiesta di rimessione in termini della parte stessa in funzione del deposito dell’avviso che affermi non aver ricevuto, che presuppone, però, la prova della tempestiva richiesta all’amministrazione postale, a norma della L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1, di un duplicato dell’avviso stesso ovvero dell’impossibilità, nonostante la normale diligenza, di tale attività” (ex plurimis Sez. 5, n. 26108 del 2015; Sezioni Unite: n. 627 del 2008).

4. Il ricorso, dunque, deve essere dichiarato inammissibile, e non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, non essendosi costituita la parte indicata come destinataria della richiesta di notifica del ricorso per cassazione.

5. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla sulle spese;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione civile, il 19 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

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