Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.27408 del 29/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23396/2014 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TRITONE, 102, presso lo studio dell’avvocato VITO NANNA, rappresentato e difeso dall’avvocato VITO VOLPE;

– ricorrente –

contro

G.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA 29, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO VASI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI CECCHET;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 739/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 19/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/05/2018 dal Consigliere ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento I motivo di ricorso.

RILEVATO IN FATTO

è stata impugnata da C.M. la sentenza n. 739/2014 della Corte di Appello di Bari con ricorso fondato su due ordini di motivi.

Il ricorso è resistito con controricorso della parte intimata. Il C., quale promittente acquirente, convenne nel 1995 in giudizio innanzi al Tribunale di G.T. chiedendo la pronuncia di trasferimento ex art. 2932 c.c., dell’unità immobiliare di cui in atti previo riconoscimento del diritto di rettifica del prezzo ex art. 1538 c.c., e, quindi, riduzione del prezzo fissato in preliminare iter partes in Lire 140 milioni.

L’adito Tribunale, all’esito del giudizio svoltosi con la costituzione della G., che chiedeva la risoluzione del preliminare per colpa del C., accoglieva la sola domanda attorea, dichiarando il diritto alla rettifica ex art. 1538 c.c., riducendo il prezzo da pagare e determinando il residuo da versare ai sensi dell’art. 2932 c.c..

All’esito dell’interposto gravame della G., resistito dall’appellato, la Corte di Appello di Bari, con la gravata decisione, riformava la sentenza del Tribunale di prima istanza, rigettando le domande del C. (condannato al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio) ed accogliendo quelle proposte dalla G..

La controversia, in sintesi, attiene alla ricorrenza o meno, nell’ipotesi, degli estremi di cui all’art. 1538 c.c..

Il ricorso, già portato all’esame di udienza camerale per la decisione ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., veniva rimesso alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria, la quale rilevava l’interesse nomofilattico della sollevata questione dei limiti applicativi dell’art. 1538 c.c., con riferimento alla volontà espressa dalle parti.

Ha depositato memoria la G..

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 1538 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Viene, in particolare, contestato col motivo che la gravata decisione, nel riformare (peraltro senza alcun altro approfondimento) la sentenza innanzi ad essa appellata, affermava che non era possibile, nella fattispecie, ritenere che le parti contraenti in causa avevano inteso attribuire all’estensione della superficie dell’immobile una rilevanza decisiva (avrebbero, all’inverso, dovuto le parti indicare la superficie sia dell’appartamento che del terrazzo).

1.1. Il motivo è fondato.

La superficie indicata fin dal preliminare dalle parti risultava, pacificamente, in quella – testualmente – in “110 mq + terrazzo”.

L’espressa menzione nel contratto preliminare dell’estensione in mq. 110 (oltre terrazzo) dell’unità immobiliare compravenduta costituiva già in sè un fatto oggettivo non deponente per la ricorrenza ad una deroga rispetto alla norma di cui all’art. 1538 c.c., e, quindi, alla facoltà di rettifica.

Sussiste, pertanto, una errata applicazione della invocata suddetta norma.

Tanto emerge ancor più dall’iter motivo della gravata decisione.

Quest’ultima, dato atto del fatto che in ipotesi si era in presenza di una vendita a corpo e che era rilevante l’indica(11 misura della superficie dell’immobile compravenduto, finiva tuttavia per non ritenere rilevante il presupposto oggettivo dello scarto del 20% della medesima superficie al fine della rettificazione del prezzo prevista dall’art. 1538 c.c..

La decisione della Corte territoriale perveniva a questa errata conclusione valorizzando un non meglio precisato elemento consistente nel fatti che “le circostanze processuali non consentono di ritenere che le parti contraenti, al momento del preliminare, abbiano inteso attribuire all’indicazione dell’estensione dell’immobile rilevanza decisiva ai fini della determinazione del prezzo convenuto”. Senonchè la ratio esposta e su cui si fonda la gravata decisione è errata sia per aver dato – in modo non adeguato – decisiva rilevanza alla volontà delle parti al momento della sottoscrizione dell’atto in relazione alla determinazione del prezzo, sia per altro e decisivo profilo. Con riguardo a tale ultimo va ribadito ed evidenziato che il controllo sulla volontà delle parti andava – viceversa – svolto, all’esito della pacifica risultanza dello scarto del 20%, sulla volontà delle parti di derogare alla norma di cui all’art. 1538 c.c..

In tale contesto non giustificano l’esattezza della decisione gravata la stessa risultante documentazione versata in atti, dalla quale risulta la necessità di procedere il 20.11.1995 alla misurazione effettiva dell’appartamento, e l’irrilevante circostanza (erratamente valorizzata dall’impugnata sentenza) dell’omessa contestuale indicazione della superficie del solo terrazzo.

La stessa giurisprudenza (Cass. n.ri 7594/1991, 7238/1995 e 11793/2006) pur correttamente citata nell’impugnata sentenza, è stata tuttavia male applicata.

Giova, al riguardo e per chiarezza, ribadire che – anche ai sensi delle più recenti pronunce date in tema da questa Corte sulla scia ed in linea della predetta cennata giurisprudenza, confermano quanto prima detto.

In particolare va ribadito (specie con riferimento all’invocato rimedio riequilibrativo ex art. 1538 c.c.) che “l’art. 1538 c.c., si applica non solo alla vendita, ma anche al preliminare di vendita a corpo di un terreno, sicchè, ove la misura reale del bene risulti superiore di oltre un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto, il promissario acquirente ha la facoltà di recedere da esso, in alternativa all’obbligo di corrispondere un supplemento di prezzo rispetto a quello pattuito, mentre, nell’ipotesi in cui la superficie del bene si riveli inferiore di oltre un ventesimo rispetto a quella concordata, trovano applicazione i generali strumenti di tutela e, tra essi, la risoluzione del contratto per inadempimento” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 17 novembre 2016, n. 23404).

Va quindi affermato il principio che tra i detti strumenti di tutela del promittente acquirente rientra appieno il citato rimedio riequilibrativo di cui all’art. 1538 c.c., sempre applicabile fatta salva la comprovata ricorrenza di una volontà derogatoria delle parti rispetto al detto rimedio e non alla rilevanza o meno data alla indicazione della misura del compendio immobiliare pur compravenduto a corpo.

Il motivo in esame deve quindi essere accolto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, delle norme di cui all’art. 1453 c.c. e ss..

Viene, nella sostanza, dedotto che la Corte territoriale avrebbe deciso prescindendo del tutto dall’analisi del comportamento delle parti, così ascrivendo la risoluzione del contratto al C..

2.1- L’accoglimento del primo motivo del ricorso comporta l’assorbimento del secondo.

3.- L’impugnata sentenza, per effetto dell’anzidetto accoglimento del motivo accolto ed in relazione allo stesso, va cassata con rimessione al Giudice del rinvio indicato in dispositivo, che provvederà a riesaminare la controversia uniformandosi al principio innanzi affermato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018

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