LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3924-2017 proposto da:
O.I. elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA UFFICIO TERROTORIALE DEL GOVERNO di BRESCIA, in persona del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. R.G. 6810/2016 del GIUDICE DI PACE di BRESCIA, depositata il 21/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con ordinanza del 14/11/2016 il Giudice di pace di Brescia ha respinto il ricorso proposto da O.I., cittadino *****, avverso l’espulsione emessa nei suoi confronti dal Prefetto della medesima città il 22/09/2016 per mancanza del permesso di soggiorno.
A sostegno della decisione e stato affermato:
quanto alla dedotta sussistenza di motivi di carattere umanitario ostativi all’allontanamento dal territorio nazionale, lo straniero aveva già presentato domanda di protezione internazionale alla Commissione territoriale di Milano, che l’aveva respinta con provvedimento del 05/11/2009;
in sede di opposizione al decreto di espulsione non venivano allegate specifiche ragioni ostative al provvedimento adottato con riferimento alla sua condizione personale.
Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero sulla base di due motivi, cui ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.
Con il primo motivo viene denunciata la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 19, art. 11, comma 1, lett. c-ter e dell’art. 19 della Carta dei diritti dell’U.E.. Il ricorrente deduce di essere stato costretto a tornare in balia perchè spinto dalla grave situazione politica e sociale presente nel suo Paese d’origine, caratterizzato da un conflitto armato interno dovuto alla presenza terroristica del gruppo *****. Il Giudice di pace, omettendo la valutazione dei motivi di pericolo prospettati in caso di rientro nel Paese d’origine, ha trascurato la denunciata violazione del principio di non refoulement e ha violato la normativa disciplinante la protezione umanitaria.
Con il secondo motivo viene denunciato l’omesso esame circa un fatto decisivo. 11 giudice di pace ha rigettato il ricorso senza effettuare alcun accertamento della reale sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, omettendo di considerare le reali ragioni che hanno spinto il richiedente a fare nuovamente ingresso in Italia.
I motivi, che possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono manifestamente infondati.
Come chiarito da questa Corte, l’istituto del divieto di espulsione o di respingimento previsto dalla richiamata disposizione costituisce una misura di protezione umanitaria a carattere negativo, che conferisce, al beneficiario il diritto di non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale, spettando al giudice di valutare in concreto la sussistenza delle allegate condizioni ostative all’espulsione o al respingimento (Cass. 3898/2011, par. 5.1). E’ stato altresì chiarito che ove tali condizioni ostative siano state precedentemente dedotte nella domanda di riconoscimento del diritto alla protezione internazionale o umanitaria, e siffatta domanda sia stata rigettata, in sede di opposizione all’espulsione possono essere fatti valere soltanto fatti nuovi e diversi, che siano specificamente allegati come sopravvenute ragioni di divieto di espulsione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 (Cass. n. 15296/2012, (ass. n. 18539/2016).
Nella specie il Giudice di pace ha rilevato che l’opponente ha proposto in precedenza una domanda di protezione internazionale, respinta dalla competente Commissione territoriale. In questa sede non viene dedotto nè quali siano stati i fatti allegati in quel giudizio, nè se i ratti allegati nell’opposizione all’espulsione siano sopravvenuti rispetto ad esso. Inoltre, il ricorrente si limita a richiamare astrattamente il quadro normativo di riferimento deducendo in maniera generica che la situazione oggettiva della Nigeria costituisce motivo ostativo al provvedimento espulsivo, senza alcun riferimento alla propria condizione personale.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese processuali seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 2.100 per compensi, in Euro 100,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018