LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6186-2017 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI MIGLIACCIO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO, in persona dei legali rappresentanti elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1582/2016 della CORTE DI APPELLO di TORINO, depositata il 09/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 1582/2016 la Corte d’Appello di Torino ha rigettato l’impugnazione proposta da M.M., cittadino *****, avverso l’ordinanza del Tribunale della medesima città che aveva respinto la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.
Il richiedente aveva dedotto di essere fuggito dal ***** a causa degli atti di persecuzione c delle minacce ricevute da parte di una famiglia che voleva costringerlo a testimoniare dinanzi all’autorità giudiziaria in relazione a un omicidio, commesso da taluni poliziotti, cui egli stesso aveva assistito.
A sostegno della decisione la Corte territoriale ha affermato che la vicenda narrata dal richiedente è inficiata da inverosimiglianze che privano il racconto di attendibilità; che il racconto, a prescindere dalla sua attendibilità, non può comunque essere ricondotto ad alcuno dei motivi tipizzati dalla legge per la concessione dello status di rifugiato, trattandosi di una vicenda a carattere personale; non risulta altresì alcun rischio di danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e h); che la zona di provenienza del richiedente, la regione del *****, non risulta caratterizzata da una situazione di violenza indiscriminata art. 14 cit., ex lett. c) come risulta da notizie di pubblico dominio; che non può essere concessa nemmeno la protezione umanitaria per l’intrinseca assenza di credibilità del racconto e per la mancanza di idonee ragioni giustificatrici al di fuori di quelle poste a fondamento della protezione internazionale; che il rischio derivante da eventi naturali (inondazioni, carestie), inoltre, e stato dedotto in maniera del tutto generica senza alcun riferimento alle condizioni personali di vita del richiedente.
Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione M.M. sulla base di tre motivi accompagnati da memoria ex art. 378 c.p.c.. Resiste con controricorso il ministero dell’interno.
Con il primo motivo viene censurato l’omesso esame circa un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa i profili di rischio di danno grave rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, perchè la Corte d’Appello e venuta meno al dovere di cooperazione istruttoria sia in relazione alla vicenda personale del richiedente, sia in relazione alla situazione oggettiva della regione del *****.
Con il secondo motivo viene censurata la violazione di legge, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, relativamente al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria per il rischio di danno grave derivante dell’art. 14 cit., lett. a), b), c).
Con il terzo motivo viene censurata la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perchè la Corte d’Appello non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria, pur potendo tale misura essere concessa a fronte di situazioni tipiche dello status di protezione internazionale.
I primi due motivi, che possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili, in citiamo censurano nel merito l’accertamento di fatto della Corte territoriale fondato su un complessivo ed articolato giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente, svolto conformemente ai criteri sanciti dal D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 3, comma 5, relativamente al rischio di danno grave derivante dal D.Lgs. n. 251 cit., art. 14, lett. a) e b).
Quanto al citato art. 14, lett. c) la Corte territoriale ha escluso che le criticità, pur registrate in *****, abbiano assunto un livello tale da configurare una situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno e internazionale”, ritenendo l’area in questione soltanto esposta al rischio di isolati attacchi terroristici, sulla base di un accertamento diretto ed officioso di fonti informative (pag. 9 provvedimento impugnato). Non può pertanto sostenersi, come ritenuto nella memoria depositata che l’onere di cooperazione istruttoria non sia stato assolto.
Il terzo motivo e manifestamente infondato. Nella specie la Corte d’Appello ha rilevato che non fossero state dedotte ragioni realmente diverse da quelle, già allegate a sostegno della domanda di protezione internazionale, ovvero la situazione di violenza generalizzata del ***** e il pericolo derivante da catastrofi naturali, e che le allegazioni relative alla protezione umanitaria fossero del tutto generiche. Risultano, in conclusione, rispettati i parametri invocati in memoria.
Il ricorso deve essere respinto) con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali dedotte in giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in Euro 2100 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono le condizioni per l’applicazione al ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2018