Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.27440 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

ANTA ONLUS, in persona del suo Presidente e legale rappresentante M.T.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 45, presso lo studio dell’avvocato BORROMEO CARLO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SIREM SRL, in persona del legale rappresentante p.t., Sig.

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. BELLONI 88, presso lo studio dell’avvocato PROSPERETTI GIULIO, rappresentata e difesa dall’avvocato OTTAVIANI NICOLA giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.T.B.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7471/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2018 dal Consigliere Dott. SCARANO LUIGI ALESSANDRO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE TOMMASO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20/1/2015 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dalla A.N.T.A. Onlus in relazione alla pronunzia Trib. Frosinone 6/12/2011, di accoglimento della domanda nei suoi confronti in origine monitoriamente azionata dal sig. M.T.B. e dalla società Sirem s.r.l. di pagamento delle mensilità di novembre e dicembre 2008 per l’affitto dell’azienda di quest’ultima.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito A.N.T.A. Onlus propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso la società Sirem s.r.l..

L’altro intimato non ha svolto attività difensiva.

Con requisitoria scritta del 13/2/2018 il P.G. presso questa Corte ha chiesto emettersi declaratoria di rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo la ricorrente denunzia “nullità della sentenza o del procedimento… per mancanza di una condizione dell’azione”.

Con il 2^ motivo denunzia “violazione o falsa applicazione” degli artt. 1587,2740 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che il requisito – a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – della sommaria esposizione dei fatti di causa non risulta invero soddisfatto allorquando come nella specie vengano nel ricorso pedissequamente riprodotti (in tutto o in parte) atti e documenti del giudizio di merito (nel caso, la sentenza impugnata, l'”atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo”, il “provvedimento del Sostituto Procuratore di Frosinone del 17/8/2008”, il “documento n. 3 depositato da Sirem contestualmente alla memoria integrativa ex art. 426 c.p.c.”, l’atto di appello”), in contrasto con lo scopo della disposizione di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura (v. Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), essendo necessario che vengano riportati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità (cfr. Cass., 8/5/2012, n. 6909), con eliminazione del “troppo e del vano”, non potendo gravarsi questa Corte del compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare (v. Cass., 25/09/2012, n. 16254; Cass., 16/2/2012, n. 2223; Cass., 12/9/2011, n. 18646; Cass., 22/10/2010, n. 21779; Cass., 23/6/2010, n. 15180; Cass., 18/9/2009, n. 20093; Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), sicchè il ricorrente è al riguardo tenuto a rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quali richiede l’intervento di nomofilachia o di critica logica da parte della Corte Suprema (v. Cass., Sez. Un., 11/4/2012, n. 5698), il che distingue il ricorso di legittimità dalle impugnazioni di merito (v. Cass., 23/6/2010, n. 15180).

Va al riguardo ulteriormente sottolineato che la soluzione di fare rinvio per la sommaria esposizione del fatto all’impugnata sentenza non esime in ogni caso il ricorrente dall’osservanza del requisito -richiesto a pena di inammissibilità- ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento de relato ad atti e documenti del giudizio di merito (es., alla “fattura n. 7 del 30/12/08 relativa al pagamento delle mensilità di affitto dell’azienda di proprietà della ricorrente di novembre e dicembre 2008”, al “provvedimento di nomina del custode del canile”, al “provvedimento di sequestro”, alla “chiamata in causa del terzo”, alla sentenza del giudice di prime cure”, alla “documentazione ritualmente offerta dalla attrice opposta sin dalla sua costituzione in giudizio nel primo grado (v. doc. n. 7)”, alla “fattura n. 370/09", all'”ulteriore documentazione prodotta dalla creditrice opposta (doc. n. 4)”) limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Atteso che nell’impugnata sentenza è risultato accertato che “il custode giudiziario, nella qualità di legale rappresentante della A.N.T.A. ONLUS… ha ricevuto le somme dovute dal Comune”, con particolare riferimento al 2 motivo non può sottacersi che non risultano invero sviluppati argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, essendosi la ricorrente limitata a muovere premesse argomentative senza invero articolare e sviluppare i profili di doglianza, sicchè esso si appalesa inidoneo al raggiungimento dello scopo, e – quanto dedotto si risolve nella proposizione in realtà di un “non motivo” (cfr. Cass., 8/7/2014, n. 15475; Cass., 1/10/2012, n. 17318; Cass., 17/1/2012, n. 537).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni della ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici di merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società Sirem s.r.l., seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altro intimato, non avendo il medesimo svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, di cui Euro 5.400,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente società Sirem s.r.l..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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