LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 137, presso lo studio dell’avvocato SOLDINI PATRIZIA, rappresentato e difeso dall’avvocato BATTAGLIA ANTONIO giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
ALER PROVINCIA ***** in persona del Presidente ed Amministratore Unico S.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso lo studio dell’avvocato COCCIA MASSIMO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANCRISTOFARO ANDREA giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3666/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/07/2018 dal Consigliere Dott. POSITANO GABRIELE.
RILEVATO
che:
con ricorso del 9 aprile 2013, P.D. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Varese, l’Azienda Lombarda per l’edilizia residenziale della provincia di ***** esponendo che quale agente della Guardia di Finanza, era stato assegnatario in locazione di un alloggio a far tempo dal 24 luglio 1990 sulla base della normativa relativa all’edilizia residenziale pubblica, in quanto vincitore del bando di concorso per gli appartenenti alle forze dell’ordine, lamentando che, nella determinazione del canone, non si era fatto riferimento alla L. 6 marzo 1976, n. 52. Pertanto, richiedeva la condanna dell’azienda alla restituzione delle maggiori somme corrisposte a titolo di canoni, pari ad Euro 53.398, oltre interessi e rivalutazione. Chiedeva, altresì la nullità del contratto del 24 luglio 1990 poichè l’autorimessa avrebbe dovuto essere considerata connessa all’abitazione, con vincolo pertinenziale necessario, ai sensi della L. n. 765 del 1967, art. 18, oltre che per abuso di posizione dominante da parte dell’azienda ai sensi dell’art. 1419 c.c. con condanna di quest’ultima alla restituzione degli importi versati a titolo di canoni di locazione e accessori, pari ad Euro 26.116. Chiedeva, altresì, il risarcimento dei danni a causa del dispiegamento di tali rapporti contrattuali secondo le modalità descritte;
nella contumacia dell’Azienda (ALER) il Tribunale di Varese, con sentenza del 18 febbraio 2016, condannava la convenuta al pagamento della somma di Euro 42.772, oltre interessi, spese e competenze del consulente;
avverso tale decisione proponeva appello con ricorso del 30 marzo 2016 ALER, negando la fondatezza delle tesi sostenute da P.. Quest’ultimo, costituitosi, chiedeva il rigetto dell’appello principale e spiegava appello incidentale con riferimento alla domanda di restituzione degli importi pagati a titolo di canone e accessori per la locazione dell’autorimessa e aggiungendo la domanda di accertamento dell’entità percentuale delle somme incidenti sul canone dell’alloggio, previa verifica dell’inesistenza di spazi destinati a parcheggio a servizio dell’alloggio assegnato, nonostante la necessità di adeguata custodia del veicolo esposto a pericolo di danneggiamento;
la Corte d’Appello di Milano con sentenza del 14 ottobre 2016, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava le domande proposte da P.D., condannandolo al pagamento delle spese del grado;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione P.D. affidandosi a due motivi. Resiste in giudizio con controricorso l’Azienda Lombarda per l’edilizia residenziale della provincia di *****.
CONSIDERATO
Che:
con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 93 nella parte in cui la sentenza impugnata non ravvisava il difetto di competenza della Regione Lombardia nel determinare o modificare il canone dell’alloggio per Edilizia Residenziale Pubblica per errore nella qualificazione giuridica del rapporto contrattuale intercorrente tra P.D. e ALER. Infatti, sebbene l’art. 93, al comma 3 abbia trasferito alle Regioni le funzioni relative agli interventi di edilizia residenziale pubblica, nonchè le funzioni statali relative agli IACP (che nel caso di specie aveva realizzato l’immobile in oggetto) da tale trasferimento restano esclusi gli alloggi da destinare ai dipendenti militari dello Stato, per esigenze di servizio, nonchè le funzioni degli organi sia centrali che periferici previsti dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865 e L. 27 maggio 1975, n. 166. Pertanto i militari della Guardia di Finanza, quali assegnatari di alloggio di servizio, beneficiano del diritto di permanere nell’alloggio anche dopo il collocamento a riposo. In secondo luogo, la Corte di legittimità ha ravvisato la natura di canone concessorio nell’emolumento che grava sul militare assegnatario e ciò sulla base della L. n. 52 del 1976 che distingue l’ipotesi in esame, dai rapporti locativi di edilizia residenziale pubblica, riguardanti i comuni assegnatari non militari. Il ricorrente è assegnatario dell’alloggio con provvedimento del Commissario di Governo, per cui IACP si è solo limitata a prendere atto di ciò e non avrebbe potuto modificare il canone sulla base del reddito del militare;
con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. 6 marzo 1976, n. 52, art. 1, lett. a) e del D.M. 19 gennaio 1998, n. 63, art. 2, comma 2. La Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare che non era contestata l’appartenenza dell’immobile edificato da IACP allo Stato, con conseguente obbligo di riserva di una percentuale di unità abitative da destinare agli alloggi di servizio dei militari. Conseguentemente, il canone avrebbe dovuto essere determinato con riferimento al citato decreto ministeriale;
il primo motivo è inammissibile perchè non si confronta con la motivazione della Corte d’Appello secondo cui:
– l’alloggio di servizio costituisce unità abitativa funzionale al servizio del pubblico funzionario, generalmente posta all’interno di edifici collocati in immediata contiguità con i luoghi di svolgimento dell’attività di servizio, in cui ricorre il carattere pubblicistico del rapporto di godimento, fondato su un atto concessorio e non un contratto di locazione;
– costituiscono, invece, immobili assegnati in concessione con esigenze di servizio in favore di alcune categorie di pubblici dipendenti, tra i quali gli appartenenti alle forze dell’ordine, quelli che soddisfano uno stato di bisogno assimilabile a quello riconosciuto a coloro che accedono all’edilizia residenziale pubblica;
la Corte territoriale sulla base di una valutazione fondata sul contenuto del contratto ha evidenziato che P. ha presentato una domanda di assegnazione di locazione semplice di un alloggio di edilizia residenziale pubblica riservata alle forze dell’ordine e non una domanda di assegnazione di un alloggio di servizio;
ha aggiunto che il negozio giuridico di locazione non fa menzione, nè della L. n. 52 del 1976, nè della natura di “alloggio di servizio” dell’immobile. Vi è solo una postilla finale in cui si stabilisce che tale assegnazione veniva equiparata alla concessione di un alloggio di servizio, ma ciò relativamente al divieto di risoluzione anticipata della locazione, in caso di cessazione del rapporto di dipendenza del conduttore con la Guardia di Finanza;
quanto alla disciplina, il rapporto con IACP, oggi ALER, è stato instaurato ai sensi della disciplina dell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (L.R. 5 dicembre 1983, n. 91, come modificata);
rispetto a tale articolata motivazione il ricorrente si è limitato a riproporre la tesi prospettata davanti al giudice di prime cure, senza alcuna valutazione critica della differente ricostruzione giuridica e logica oggetto della decisione impugnata;
sotto altro profilo, non ha individuato sulla base di quali elementi l’immobile in oggetto dovrebbe rientrare nella categoria dell’alloggio di servizio e in cosa consisterebbe la violazione di legge per la quale, sulla base del contenuto del contratto di locazione (peraltro non trascritto o allegato) e i documenti propedeutici (la richiesta presentata dal ricorrente ed espressamente presa in esame dalla Corte territoriale) la ricostruzione giuridica della Corte di Appello sarebbe errata;
il secondo motivo è inammissibile perchè assolutamente generico ed assertivo. Infine, non è configurabile un principio di non contestazione riguardo alla natura giuridica statale, regionale o privata di un immobile;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 6.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta della Corte Suprema di Cassazione, il 17 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018