Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27496 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

B.T., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LO FARO ROSA EMANUELA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministero pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

contro

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA DI MILANO;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 3891/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 02/10/2018 dal Presidente Relatore Dott.ssa DI VIRGILIO ROSA MARIA.

La Corte:

RILEVATO

Che:

Con sentenza depositata il 7/9/2017, la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’appello e confermato l’ordinanza del Tribunale di Milano in data 22/12/2015. La Corte del merito, richiamata la situazione di profonda crisi del ***** a seguito del colpo di Stato del 2012 e della contrapposizione tra esercito e gruppi armati, ha rilevato la permanenza di situazione di conflitto nel nord del paese, con grave violazione dei diritti umani, ma ha escluso che il B.T., proveniente da diversa zona, avesse subito atti di persecuzione tali da rappresentare violazione dei diritti umani; ha considerato la vicenda narrata dal T. come contraddittoria e comunque ricollegata a problemi di famiglia (lo zio voleva che sposasse a 16 anni la cugina, al rifiuto, aveva minacciato di ucciderlo, gli anziani della comunità avevano deciso di ucciderlo, rappresentando il rifiuto una vergogna per la collettività) e generica; ha ritenuto che nella zona di provenienza non sussiste situazione di conflitto armato interno, con violenza generalizzata; ha escluso la protezione umanitaria, non ritenendo rischi di apprezzabile entità nel rientro in ***** nè provata alcuna forma di integrazione in Italia.

Ricorre T. con due motivi.

Il Ministero si è limitato alla costituzione, per partecipare alla pubblica udienza.

CONSIDERATO

Che:

Col primo mezzo, il ricorrente denuncia il vizio di omesso esame fatto decisivo, sostenendo la grave situazione di vulnerabilità, al fine del riconoscimento della protezione umanitaria, per essere il ***** uno dei paesi più poveri al mondo, pericoloso e con violazione dei diritti fondamentali; sostiene che il nostro Paese deve garantire al ricorrente giunto in Italia un livello di vita dignitoso, in ossequio agli obblighi costituzionali ed internazionali; deduce che non è stato valutato il proprio inserimento sociale.

Col secondo, denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione di norma, neppure indicata, per non avere tenuto in alcun conto il Tribunale prima e Corte d’appello dopo dell’inesistenza/nullità del decreto emesso dalla Commissione territoriale, che in premessa si riferiva ad altra persona ed altra vicenda per cui detto provvedimento avrebbe dovuto essere eliminato.

Ambedue i motivi sono inammissibili.

Il primo motivo è del tutto generico e non si confronta con la motivazione addotta dalla Corte del merito, che ha specificamente escluso per il T. la sussistenza di rischi apprezzabili, una volta tornato nel *****, ed ha rilevato la totale mancanza di documentazione attestante la situazione della parte in Italia.

Ed infatti, sulla protezione umanitaria, la recente pronuncia 4455/2018 ha affermato che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

A fronte della valutazione del Giudice del merito, che ha tenuto conto di detto bilanciamento, il ricorrente insiste nel ritenere dovuta la tutela umanitaria in considerazione delle condizioni di vita inadeguate nel Paese di origine, sostenendo che il diritto a detta protezione nasce col solo fatto di arrivare in Italia.

Il secondo motivo è inammissibile, per essere stato superato il provvedimento della Commissione territoriale dalla verifica giudiziale sul diritto alle forme di protezione.

Non si dà pronuncia sulle spese, essendosi limitato il Ministero al mero atto di costituzione, senza depositare controricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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